In vista dei 500 anni della cosiddetta riforma protestante (31 ottobre 1517 – 31 ottobre 2017), La Civiltà Cattolica ha dedicato diversi articoli alla figura di Martin Lutero. Nell’ultimo numero uscito sabato 14 gennaio, un articolo a firma di padre Jean-Blaise Fellay offre un interessante confronto fra Lutero e l’artista Raffaello.
L’iniziatore della riforma e il talento di Urbino nascono nello stesso anno: il 1483. Il primo con i suoi scritti teologici darà vita ad una nuova sensibilità religiosa, l’altro, attraverso la sua produzione artistica, sarà una delle massime espressioni dell’umanesimo cristiano e della teologia cattolica che poi sarà esposta, alcuni decenni dopo la sua morte, nel Concilio di Trento.
Scrive padre Jean-Blaise Fellay: “La storia della Chiesa ha a lungo presentato il concilio di Trento (1545-63) come una Controriforma, ossia come una risposta cattolica alla teologia protestante. Tuttavia nel 1510-11, quando Raffaello e Lutero si trovano entrambi a Roma, gli assi portanti della Riforma tridentina si rivelano negli appartamenti di Giulio II (in particolare nella Stanza della Segnatura, ndr), mentre Martin Lutero non ha ancora fatto nessuna delle grandi scoperte intellettuali e spirituali che costituiranno le basi del suo pensiero. Queste ultime si manifestano, nel 1515, nelle lezioni sulla Lettera ai Romani e nella «esperienza della torre»; diventano pubbliche con la proclamazione delle Tesi del 1517; assumono un’espressione chiara a partire dai grandi testi del 1520; e trovano la loro formulazione classica nei 4 grandi «solo»: la sola Fede, la sola Scrittura, la sola Grazia, il solo Cristo”.
Questi 4 grandi “solo” indicano in Lutero un ristringimento di prospettive rispetto a quella che era stata l’elaborazione della teologia cattolica nel medioevo e che aveva determinato l’umanesimo cristiano. Per gli umanisti cristiani, ciò che era vero, bello e buono costituisce una strada verso Dio.
Scrive ancora padre Jean-Blaise Fellay: “Ora, se si entra nella Stanza della Segnatura tenendo presente questi princìpi, risulta chiaro che occorre rovesciare i termini della questione: è la teologia luterana che costituisce una «Controriforma» della teologia romana del tempo. Più precisamente, il fondamentalismo agostiniano di Lutero si oppone drammaticamente all’umanesimo cristiano che si era andato sviluppando fra il XIII e il XV secolo, particolarmente in Italia. Gli affreschi di Raffaello in Vaticano lo dimostrano in maniera sorprendente”.
La teologia romana del tempo, resa in immagini nella Stanza della Segnatura, è così brillantemente descritta da Antonio Paolucci, ex direttore dei Musei Vaticani: “L’uomo si sforza di comprendere razionalmente le ragioni delle cose, poiché è suo dovere farlo (Scuola di Atene). Esercitando il libero arbitrio, egli accetta la Rivelazione che apre la via alla Salvezza (Disputa del Sacramento). Tuttavia, la sua esistenza su questa terra non sarebbe completa e nemmeno possibile, se egli non avesse la consolazione della Bellezza e la certezza della Legge”.
Si capisce dunque come i 4 grandi “solo” di Lutero siano una parzializzazione, se non una vera e propria amputazione della teologia cattolica che daranno il via alla confessione protestante che si staccherà da quella cattolica, ponendo fine all’unità religiosa del medioevo.
L’articolo di padre Jean-Blaise Fellay brilla per onestà intelletuale e obiettività storica. È sempre molto complesso occuparsi di questi temi, perché si intrecciano il piano storico, quello teologico e quello pastorale. Mettere in evidenza quelle che sono state le divergenze nel passato (piano storico e teologico) non deve inficiare il dialogo fra cattolici e protestanti di oggi (piano pastorale). In questa ardua impresa, a nostro avviso,è ottimamente riuscito l’articolista.
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