di Francesco Bonini tratto dal Sir

MILANO – Semplicemente è il momento di “rendere giustizia alla famiglia”. Si può forse riassumere così l’impegno che emerge dall’incontro mondiale di Milano.
Parlando alle autorità politiche e amministrative e, poi, nel dialogo con il popolo delle famiglie, il Papa offre un quadro sistematico, che parte e arriva alla persona concreta, alle situazioni di ogni giorno.
Lo Stato, spiega Benedetto XVI, è a servizio e a tutela della persona e del suo ben essere, che ha appunto al centro la famiglia, quella giusta, quella “normale”, che pure fa fatica, tanta fatica a essere riconosciuta e supportata. Eppure uno dei risultati dell’incontro mondiale di Milano è proprio la scoperta che, mentre si fa un gran parlare, nel sistema della comunicazione, di famiglie al plurale, si rischia di perdere il grande bene che per la società è la famiglia fondata sul matrimonio e aperta alla vita.
Di cui si sono toccate con mano l’importanza e la vitalità. Insomma, a forza di lavorare sulle eccezioni si rischia di smarrire la regola, con costi potenzialmente sempre più elevati.
Il discorso del Papa, tuttavia, è tutto in positivo. La rivendicazione per la famiglia è all’interno di un sistema di buon governo che non ha nessun carattere confessionale.
La prima qualità di chi governa è la giustizia, virtù pubblica per eccellenza, perché riguarda il bene della comunità intera. Eppure essa non basta. Serve l’amore per la libertà, che per Ambrogio, che era stato governatore e poi vescovo – dunque se ne intendeva – è l’elemento discriminante tra i governanti buoni e quelli cattivi. C’è qui la radice, ribadisce il Papa, della laicità dello Stato, che significa appunto “assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti”. E, allora, proprio “in questo esistere dello Stato per i cittadini, appare preziosa una costruttiva collaborazione con la Chiesa”, nella distinzione e nella collaborazione.
Una Chiesa – come quella lombarda – che “con le sue istituzioni e le sue opere si è posta al servizio del popolo” e deve continuare a farlo, “non tanto per supplenza, ma piuttosto come gratuita sovrabbondanza della carità di Cristo”.
Ma questo circuito virtuoso, che appunto ha al suo centro, come protagonisti, i cittadini attivi e le famiglie e le comunità locali, è delicato, va difeso e promosso.
Accanto ai fondamenti, allora, serve una politica realistica, per cui, ha ripetuto nel dialogo con il popolo delle famiglie a Bresso, “dovrebbe crescere il senso di responsabilità dei partiti, che non devono promettere cose che non possono realizzare”. Serve il realismo e serve la stoffa personale, per cui i politici “devono saper farsi amare”.
Come? “Non cerchino solo voti per sè e siano responsabili per il bene di tutti”. Promuovere la famiglia significa fare stare meglio tutti. Così come esigere politici e amministratori adeguati, ovunque.

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