Così l’Emilia ha accolto martedì 26 giugno Benedetto XVI, nella sua visita apostolica annunciata appena una settimana fa ma presente nelle intenzioni del Papa già dai primi momenti dopo il 20 maggio, “segno della solidarietà di tutta la Chiesa”, come ha detto all’Angelus di domenica scorsa.
“Rovereto… ricomincia da qui”, recitava uno striscione scritto a mano, con pennarello nero, dai ragazzi della parrocchia di don Ivan Martini, appeso a lato del palco sul quale si è seduto Benedetto XVI. Il Papa è entrato nella zona rossa e si è raccolto in preghiera davanti alla chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, nella quale è morto il sacerdote e sulla cui facciata oggi campeggiava la sua immagine; poi l’incontro con la popolazione – oltre 2 mila persone – e le autorità, al termine del quale ha ricevuto in dono, tra l’altro, dall’Agesci il fazzoletto scout di don Ivan e dall’Azione cattolica carpigiana una t-shirt con un cuore e un sismografo, fatta per raccogliere fondi dopo il terremoto.
“Il cuore del Papa è vicino al vostro”. È l’amore di Dio “solido come una roccia” la “ferma speranza” sulla quale “si può ricostruire”. Ne è convinto Benedetto XVI, che ha salutato vescovi e sacerdoti, “rappresentanti delle diverse realtà religiose e sociali”, forze dell’ordine e “soprattutto – ha rimarcato a braccio – i volontari” per la loro “testimonianza concreta di solidarietà e di unità”. “Vorrei che tutti, in ogni paese, sentiste come il cuore del Papa è vicino al vostro cuore per consolarvi, ma soprattutto per incoraggiarvi e sostenervi”, ha detto ai presenti, e più in generale rivolto a tutte le popolazioni colpite, che vanno al di là dei confini regionali, coinvolgendo la bassa mantovana e l’alto polesine. Nel discorso, intervallato dagli applausi della folla, un ricordo lo ha dedicato a don Ivan Martini, “rendendo omaggio alla sua memoria”, rivolgendo poi un saluto ai sacerdoti e ai confratelli: “State dimostrando, come già è avvenuto in altre ore difficili della storia di queste terre, il vostro amore generoso per il popolo di Dio”.
Fedeli alla vostra vocazione. “Sulle macerie del dopoguerra – non solo materiali – l’Italia è stata ricostruita certamente grazie anche ad aiuti ricevuti, ma soprattutto grazie alla fede di tanta gente – ha evidenziato il Pontefice –, animata da spirito di vera solidarietà, dalla volontà di dare un futuro alle famiglie, un futuro di libertà e di pace”. “Voi – ha aggiunto – siete gente che tutti gli italiani stimano per la vostra umanità e socievolezza, per la laboriosità unita alla giovialità. Tutto ciò è ora messo a dura prova da questa situazione, ma essa non deve e non può intaccare quello che voi siete come popolo, la vostra storia e la vostra cultura. Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione, respingendo le tentazioni che purtroppo sono connesse a questi momenti di debolezza e di bisogno”.
Non siete soli. “Non siete e non sarete soli”, ha quindi affermato Benedetto XVI evidenziando la “vicinanza, solidarietà, affetto” della gente espressa “attraverso tanti segni e aiuti concreti”. “La mia presenza in mezzo a voi vuole essere uno di questi segni di amore e di speranza”, ha aggiunto esprimendo “profonda commozione davanti a tante ferite”, assieme al riconoscimento di “tante mani che le vogliono curare insieme a voi”, “che la vita ricomincia, vuole ricominciare con forza e coraggio”. Infine, dal Pontefice “un forte appello alle istituzioni” e “a ogni cittadino a essere, pur nelle difficoltà del momento, come il buon samaritano del Vangelo che non passa indifferente davanti a chi è nel bisogno, ma, con amore, si china, soccorre, rimane accanto, facendosi carico fino in fondo delle necessità dell’altro”. “La Chiesa – ha concluso – vi è vicina e vi sarà vicina con la sua preghiera e con l’aiuto concreto delle sue organizzazioni, in particolare della Caritas, che s’impegnerà anche nella ricostruzione del tessuto comunitario delle parrocchie”.
Ritrovata l’unità più vera. “Pur così duramente flagellato, questo popolo sta trovando l’unità più vera e profonda”, ha riconosciuto l’arcivescovo di Bologna, card. Carlo Caffarra, portando il saluto dei vescovi emiliano romagnoli al Papa e parlando di “immane tragedia” perché “questo popolo ha perduto ciò che aveva di più caro: le sue case, le sue chiese, i suoi municipi, i luoghi del lavoro”. “Queste persone sono state colpite mentre svolgevano il loro lavoro, con i gesti quotidiani che rendono un consorzio umano, un paese, qualcosa di più: una comunità”, ha evidenziato il presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, precisando che questa terra è “colpita ma non piegata”. Una comunità “che pure tra tante difficoltà e disagi vuole essere solidale, al lavoro. Che non cede alla disperazione e allo sconforto”, “guarda avanti e vuole costruire qualcosa per domani” con “qualità, umanità, passione”.