Corso di formazione al processo migratorio. Trenta giovani provenienti da tutt’Italia si sono formati “con competenze adeguate per un’efficace gestione delle problematiche attinenti il fenomeno migratorio – spiega Valerio Landri, direttore della Caritas diocesana di Agrigento – in una dimensione eticamente orientata, peculiarità della mission di Caritas, e con particolare riguardo alla protezione dei migranti e di specifici target (donne vittime di tratta, minori stranieri non accompagnati, rifugiati politici, richiedenti asilo, ecc)”.
Risposte alle domande sulla migrazione. La summer school è stata fortemente voluta dall’arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, e dal direttore di Caritas italiana, don Francesco Soddu. “Migramed – prosegue Landri – nasce come risposta alla crescente domanda di analisi e di alta formazione generata dai fenomeni migratori e dai processi a questi correlati, che richiedono uno sforzo di comprensione globale e un metodo d’indagine interdisciplinare. Per fare ciò è stata prevista nel percorso formativo, oltre ai laboratori e alle lezioni con docenti di livello nazionale su tematiche quali la mobilità umana, lo sfruttamento e il traffico di esseri umani, richiedenti asilo e rifugiati, orientamento legale e della salute, anche una study visit alle strutture d’accoglienza della Caritas diocesana di Trapani”. Secondo Landri “si deve guardare all’immigrazione come a un fenomeno sociale totale, che trasforma sia le società di partenza sia quelle di arrivo, collegando a ciò tutta la complessità dei fenomeni normativi, psicologici, sanitari e d’intervento legati a questo fenomeno”.
Le storie dei partecipanti. I partecipanti a Migramed avevano alle spalle molta esperienza nell’accoglienza dei migranti. E si è rimasti davvero colpiti nei racconti di chi, ad esempio, gli sbarchi di Lampedusa li ha vissuti a Genova. Nel capoluogo ligure, racconta Laura Maria Ghersi, volontaria in uno Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), “sono arrivati i tunisini dei primi sbarchi e sono rimasti fin quando lo Stato non ha preso una decisione: erano persone ferite e abbastanza provate, da parte nostra si percepiva un senso d’impotenza nel non riuscire a fare di più di quanto nelle nostre possibilità”. Nelle giornate di Migramed è stato dedicato ampio spazio anche alle tematiche dello sfruttamento e del traffico di esseri umani; anche qui i racconti di chi giornalmente si trova a contatto con giovani donne che vivono sulla loro pelle queste situazioni fanno riflettere su quanto terribile possa essere l’esistenza di molte immigrate. “Le nigeriane – dice la volontaria – vivono una condizione di sfruttamento davvero inumana, gli sfruttatori tengono legate le vite di queste giovani donne con i rituali voodoo, così anche quando vengono da noi aiutate a uscire fuori dalla prostituzione queste donne, nella maggior parte dei casi, ritornano sulla strada credendo che le loro famiglie in Nigeria siano in pericolo proprio a causa di questi riti”. Ma la situazione non cambia con le europee: “La vicinanza territoriale –spiega ancora la volontaria – fa sì che, comunque, resti sempre un collegamento e quindi è davvero difficile riuscire a fare in modo che queste ragazze riescano a uscire fuori dalle situazioni di sfruttamento in cui vivono e questo lo constatiamo molto con le ragazze di origine albanese”.