Di Nicola Rosetti
VATICANO – Dopo esserci occupati di ecumenismo e dialogo interreligioso, oggi ci interessiamo della libertà religiosa. Questo tema è trattato nella dichiarazione conciliare “humanae dignitatis” e possiamo affermare che nel panorama del magistero della Chiesa costituisce una novità. È infatti la prima volta che un documento ecclesiale si pronuncia in modo positivo nei confronti della libertà religiosa. L’avversione che la Chiesa ha mostrato nei due secoli precedenti nei confronti della libertà religiosa si comprende bene se si conosce il contesto storico. Il diritto alla libertà religiosa nasce in Francia nell’agosto del 1789, in pieno clima rivoluzionario. Coloro che a parole proclamano la libertà religiosa sono i primi a violarla nei fatti: impongono al clero cattolico un giuramento di fedeltà allo stato (costituzione civile del clero), violano la proprietà privata della chiesa e si lanciano in efferate persecuzioni nei confronti di preti e religiosi. Come poteva il Pontefice Pio VI approvare in una simile situazione la libertà religiosa? Alla luce dei gravi fatti che si erano verificati in Francia, il Papa con il breve “Quod aliquantum” del 10 marzo 1791 condannò il principio della libertà religiosa e così fece il successivo magistero pontificio.
Le mutate condizioni culturali e sociali portarono invece il Concilio Vaticano II a esprimersi in un modo più positivo. La “humanae dignitatis”, non potendo fondarsi sul recente magistero in materia di libertà religiosa perché, come abbiamo detto, condizionato dalle avverse circostanze storiche, interroga la Rivelazione divina e trova in essa la giustificazione a tale dottrina: l’uomo ha diritto alla libertà religiosa poiché Dio lo ha creato libero e capace di cercare il bene senza costrizione. La dichiarazione conciliare afferma che ogni uomo è tenuto a cercare, trovare, abbracciare la verità e a conformarsi ad essa, tuttavia ciò si deve svolgere in un clima di libertà psicologica e senza coercizione esterna in forza della dignità della persona umana e non del suo soggettivo desiderio. Essendo l’esperienza religiosa una realtà che dall’intimo della coscienza si manifesta poi anche esteriormente, coinvolgendo in modo integrale tutto l’uomo, essa merita rispetto sia nella sua forma privata che in quella pubblica.
Ci possiamo ora domandare quanto oggi il principio della libertà sia rispettato nel mondo e in particolare nel nostro contesto occidentale. Sicuramente, nei paesi che non sono abbracciati dalla civiltà occidentale, i credenti non vivono sempre situazioni piacevoli: notizie delle continue persecuzioni religiose che avvengono in Cina ed in India riempiono purtroppo i nostri giornali, diversa è invece la situazione in Europa. Non si hanno fenomeni di persecuzione religiosa, tuttavia la libertà religiosa è spesso l’espressione di una sostanziale indifferenza nei confronti del fenomeno religioso piuttosto che una reale e positiva sensibilità verso le sue pur varie espressioni.