VATICANO – “Stare nella piazza e non solo in chiesa rappresenta la volontà di aprirsi ancora di più al mondo per trovare persone alle quali proporre, senza paura, il Vangelo di Cristo. Tanta gente si allontana da Dio e dalla Chiesa. Spetta a noi, quindi, trovare nuovi modi, nuovi linguaggi per favorire l’incontro con Gesù”. Non ha dubbi mons. José Octavio Ruiz Arenas, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione: i cristiani di questi decenni non possono pensare di restare chiusi nelle loro chiese dove troverebbero sostegno e sicurezza ma devono spalancare le porte e non avere timore di testimoniare il Vangelo. Concetti ribaditi, oggi in Campidoglio, nel corso della presentazione di “Dieci Piazze per Dieci Comandamenti”, iniziativa del Rinnovamento nello Spirito Santo (Rns), che si aprirà a Roma sabato 8 settembre (ore 20.30 in piazza del Popolo), e patrocinata dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. L’iniziativa “Dieci Piazze per Dieci Comandamenti” si svolgerà tra il 2012 e il 2013 e proseguirà, dopo Roma, in altre dieci città italiane: Napoli, Verona, Torino, Palermo, Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano e Bologna. Essa rappresenta, pertanto, un’introduzione significativa all’Anno della fede e al Sinodo dei vescovi dedicato proprio alla nuova evangelizzazione e alla trasmissione della fede. Su questi temi Daniele Rocchi, per il Sir, ha rivolto alcune domande a mons. Arenas.
Può questa iniziativa rappresentare una forma di nuova evangelizzazione?
“In un mondo secolarizzato che si allontana sempre più da Dio, un evento come questo può aiutare a proporre l’amore di Dio come base fondante dei nostri rapporti personali e con la società. Non vuole essere una provocazione ma una proposta di apertura a Dio e di rinnovamento della nostra fede. Con Dio potremo trascorrere i nostri giorni con allegria ed entusiasmo”.
In che modo i cristiani possono diventare nuovi evangelizzatori?
“Innanzitutto annunciando la Parola di Dio. Non si può essere cristiani senza ascoltare, assumere ed annunciare il Vangelo nella nostra vita. Ma tutto questo va fatto con gioia cercando la relazione con gli altri. La mia fede deve essere la testimonianza di come Dio mi spinge verso i fratelli, per aiutarli e perché possano vivere con la dignità dei figli di Dio. Da qui deriva l’impegno sociale di ogni cristiano, frutto della testimonianza della carità, del servizio, dell’amore disinteressato”.
Siamo alla vigilia del Sinodo per la nuova evangelizzazione e dell’Anno della fede…
“L’Anno della fede non vuole essere un tempo per fare celebrazioni che pure ci saranno. Questo Anno sarà essenziale per approfondire la nostra fede e per prendere l’impegno di trasmetterla. La fede è una risposta alla vocazione che Dio ci ha donato, è un dono da chiedere permanentemente, da far crescere e donarla al prossimo. La nuova evangelizzazione è al centro dell’agenda pastorale di tutta la Chiesa e già il Beato papa Giovanni Paolo II ne aveva invocato la necessità e l’urgenza. Necessità poiché viviamo in un mondo in cui molte nazioni cristiane stanno abbandonando la fede, allontanando Dio dal cuore degli uomini. Urgenza perché spetta a coloro, che credono, ricordare e testimoniare a tutti che Dio è presente cercando nuove espressioni, nuovi linguaggi e soprattutto un nuovo stile di vita più aderente al Vangelo”.
Qual è il legame con il 50° anniversario della apertura del Concilio Vaticano II?
“La nuova evangelizzazione intende far riscoprire il senso profondo del Concilio. Sappiamo che al suo interno, nei suoi testi e insegnamenti, possiamo ritrovare i pilastri su cui poggiare la nostra realtà pastorale. Il Concilio, non dimentichiamolo, ci ha parlato di Dio, della Chiesa, dell’uomo, del mondo, per questo motivo va studiato, approfondito. Ci sono tante cose nuove da scoprire e la nuova evangelizzazione trova riscontro nel Concilio. Ma oltre al Concilio, vorrei sottolineare, va riscoperto anche il Catechismo della Chiesa cattolica dove troviamo i fondamenti della nostra fede”.
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