Di Nicolas Abbrescia
CUPRA MARITTIMA – Il ischio idrogeologico è una delle tante manne di madre natura che il territorio italiano deve e dovrà affrontare, ma si sa, contro la forza della natura non ci si può fare niente; solo le nobili armi della prevenzione e del buon senso possono evitare il peggio. A soli 2 anni dalla disastrosa alluvione dei primi di marzo del 2011, una nuova “bomba d’acqua” ha sconvolto il territorio Piceno. Non una, ma diverse: alle ore 15 di lunedì 3 settembre, nel tardo pomeriggio di mercoledì 5 e, ciliegina sulla torta, alle ore 7 di giovedì 6.
Nell’opinione dello scrivente, oltre a San Benedetto del Tronto, la zona più colpita è stata quella di Cupra Marittima, non solo con l’esondazione del torrente Sant’Egidio di lunedì, ma con una serie di smottamenti e piene che hanno creato problemi e reso impraticabile la ormai decennale pista ciclabile, che la collega a mezzogiorno con la vicina Grottammare.
Come tutti gli amanti del footing, il pomeriggio di giovedì 6 settembre, ho voluto fare un sopralluogo nelle zone sinistrate dalla perturbazione.
Un antipasto di quanto accaduto lo si è visto dapprima in territorio grottammarese; già si può notare il grande pericolo che è stato rappresentato dall’improvviso ingrossamento dei fossi, che sembrano apparentemente innocui, ma basta una “bomba d’acqua” per farli ingrossare, con una potenza tale da creare danni a cose e, in alcuni casi, a persone.
Ecco l’Acquarossa, il confine naturale tra Grottammare e Cupra. Se un tempo il fosso era rosso per il sangue delle bestie macellate, oggi prevale il marrone della terra e il grigio della ghiaia, capace di trasformare e rendere impraticabile la pista ciclabile. Onde evitare avventure improvvisate, fino a quando il problema non sarà risolto dalle autorità competenti, le biciclette provenienti da Grottammare e San Benedetto del Tronto, saranno temporaneamente costrette a fare dietro front.
Proseguendo su questa passeggiata tra le più belle e poetiche dell’intero Adriatico, particolarmente affascinante nel mese di settembre, si scorge un Adriatico tinto di marrone, contornato da rami e detriti vari, uno scenario simile a quello del marzo 2011. Alcune centinaia di metri e si intravede il fosso Sant’Andrea. La situazione è simile all’Acquarossa.
Ma la situazione più critica è nei pressi dello Chalet Gabry. Lungo il rettifilo di 400 metri, lì dove la pista ciclabile coincide con i fossi sottostanti alla rupe di sua maestà, il castello di S.Andrea, lo spettacolo è da “no comment”. Il bianco del cemento è diventato marrone fango, per via dello straripamento di un fossetto apparentemente innocuo a settentrione, coperto dalla stradina e dalla pista sovrastanti (invero, accanto alla stradina vi è uno spazio di pochi centimetri dove passa il corso d’acqua, nda.).
La spiaggia a settentrione del Gabry è stata invasa da fango e da detriti in un raggio di decine e decine di metri, così come la SS16 Adriatica, soprattutto nell’area che un tempo era di competenza della Polizia di Stato per il peso degli automezzi, attualmente adibita a parcheggio.
Nella negatività di una tempesta vi è da segnalare un particolare. A meridione dello chalet Gabry, lo smottamento del terreno ha portato alla luce un vecchio segnale, ricoperto dalla terra in epoca antecedente, con su scritto “DM VII”, che quasi sicuramente sta ad indicare “Demanio Marittimo”.
Il cammino si è concluso con la visione del torrente S.Egidio, 50 ore dopo l’esondazione. Molte cose sono state sistemate, ma non tutte. Si nota ancora che in mezzo all’acqua vi è un cassonetto dei rifiuti portato in mare dalla forza del torrente.
Questa è la situazione a Cupra Marittima, martoriata da quest’ondata di maltempo. Con i cambiamenti climatici correnti bisognerà fare attenzione ai sottopassi ferroviari e autostradali e, per quanto riguarda il nostro territorio, a questi fossi, che in tali situazioni possono diventare molto pericolosi. Soprattutto non bisogna invadere il letto di questi corsi d’acqua con opere antropiche.
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