Calore e cuore. La cerimonia di congedo è stata l’occasione per il Papa di rivolgere i suoi ringraziamenti. Innanzitutto al presidente della Repubblica, Michel Suleiman, “per aver favorito”, insieme con il Governo, “l’organizzazione dei diversi eventi” che hanno segnato la presenza del Pontefice, “assecondata in modo rimarchevole dall’efficienza dei vari servizi della Repubblica e del settore privato”. Ringraziamenti anche al patriarca Bechara Boutros Rai e a tutti i patriarchi presenti, come pure ai vescovi orientali e latini, ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai fedeli che sono andati a ricevere il Santo Padre: “Avete ricevuto Pietro con la cordialità che caratterizza le vostre Chiese e la vostra cultura”, ha dichiarato Benedetto XVI, i cui ringraziamenti sono andati in particolare “all’intero popolo libanese che forma un ricco e bel mosaico e che ha saputo manifestare al Successore di Pietro il proprio entusiasmo, con l’apporto multiforme e specifico di ogni comunità”. Il Papa ha ringraziato, inoltre, “cordialmente le venerabili Chiese sorelle e le comunità protestanti” e, particolarmente, “i rappresentanti delle comunità musulmane”. “Durante tutto il mio soggiorno ho potuto costatare quanto la vostra presenza ha contribuito alla riuscita del mio viaggio – ha sostenuto -. Il mondo arabo e tutto il mondo ha visto, in questi tempi agitati, dei cristiani e dei musulmani riuniti per celebrare la pace”. Facendo riferimento all’attenzione e rispetto con cui tradizionalmente in Medio Oriente si riceve l’ospite di passaggio il Pontefice ha notato “un complemento” in più: “Lo si può paragonare ad una di quelle famose spezie orientali che arricchisce il sapore delle vivande: il vostro calore e il vostro cuore, che mi hanno dato il desiderio di ritornare. Ve ne ringrazio in modo particolare. Dio vi benedica per questo!”.
Spazio di pace e armonia. “Durante il mio troppo breve soggiorno, motivato principalmente dalla firma e dalla consegna dell’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, ho potuto incontrare le diverse componenti della vostra società – ha ricordato il Santo Padre -. Vi sono stati momenti più ufficiali, altri più intimi, momenti di alta intensità religiosa e di fervida preghiera e altri ancora, segnati dall’entusiasmo della gioventù. Rendo grazie a Dio per queste occasioni che ha permesso, per gli incontri qualificati che ho potuto avere, e per la preghiera fatta da tutti e per tutti in Libano e in Medio Oriente, qualunque sia l’origine o la confessione religiosa di ciascuno”. Benedetto XVI ha poi rammentato la costruzione del Tempio da parte di Salomone e il legno proveniente dai cedri del Libano “Legname di cedro arredavano l’interno del Tempio e recavano ghirlande di fiori scolpiti”. Dunque, “il Libano era presente nel santuario di Dio”. Di qui l’auspicio: “Possano il Libano di oggi, i suoi abitanti, continuare ad essere presenti nel santuario di Dio! Possa il Libano continuare ad essere uno spazio in cui gli uomini e le donne vivano in armonia e in pace gli uni con gli altri per offrire al mondo non solo la testimonianza dell’esistenza di Dio, primo tema del Sinodo trascorso, ma ugualmente quella della comunione tra gli uomini, secondo tema dello stesso Sinodo, qualunque sia la loro sensibilità politica, comunitaria e religiosa!”.
Fiori graditi a Dio. “Prego Dio per il Libano – ha continuato il Papa -, affinché viva in pace e resista con coraggio a tutto ciò che potrebbe distruggerla o minacciarla. Auguro al Libano di continuare a permettere la pluralità delle tradizioni religiose e a non ascoltare la voce di coloro che vogliono impedirla. Auguro al Libano di rafforzare la comunione fra tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro comunità e la loro religione, rifiutando in modo risoluto tutto ciò che potrebbe condurre alla disunione, e scegliendo con determinazione la fraternità. Questi sono fiori graditi a Dio, virtù che sono possibili e che converrebbe consolidare radicandole maggiormente”. Per il Pontefice, “la Vergine Maria, venerata con devozione e tenerezza dai fedeli delle confessioni religiose presenti qui, è un modello sicuro per proseguire con speranza sulla via di una fraternità vissuta ed autentica”. Il Libano “l’ha ben compreso proclamando, qualche tempo fa, il 25 marzo come giorno festivo, permettendo così a tutti i suoi abitanti di poter vivere maggiormente la loro unità nella serenità. Che la Vergine Maria, i cui antichi santuari sono così numerosi nel vostro Paese, continui ad accompagnarvi e ad ispirarvi!”. “Dio – ha concluso il Santo Padre – benedica il Libano e tutti i libanesi. Non cessi di attirarli a sé per donare loro la vita eterna! Li colmi della sua gioia, della sua pace e della sua luce! Dio benedica tutto il Medio Oriente! Su ciascuno e ciascuna di voi invoco di tutto cuore l’abbondanza delle Benedizioni divine. Dio vi benedica tutti!”.
La scelta di servire
L’omelia alla messa e la consegna dell’esortazione apostolica a Beirut
“Porsi alla sequela di Gesù significa prendere la propria croce per accompagnarlo nel suo cammino, un cammino scomodo che non è quello del potere o della gloria terrena, ma quello che conduce necessariamente a rinunciare a se stessi, a perdere la propria vita per Cristo e il Vangelo, al fine di salvarla”. Lo ha detto, stamattina, Benedetto XVI nell’omelia della santa messa al Beirut City Center Waterfront, durante la quale è stata consegnata l’Esortazione apostolica post-sinodale per il Medio Oriente. Alla celebrazione hanno partecipato almeno 350.000 persone.
La vocazione di servire. “Decidere di accompagnare Gesù Cristo che si è fatto il Servo di tutti – ha chiarito il Papa – esige un’intimità sempre più grande con Lui, ponendosi all’ascolto attento della sua Parola per attingervi l’ispirazione del nostro agire”. Nel promulgare l’Anno della fede, che comincerà l’11 ottobre prossimo, “ho voluto che ogni fedele possa impegnarsi in maniera rinnovata su questa via della conversione del cuore”. La via sulla quale Gesù ci vuole condurre è “una via di speranza per tutti”. Ma la sequela di Gesù, “per essere autentica”, esige degli “atti concreti”. È “un’esigenza imperativa per la Chiesa quella di servire, e per i cristiani di essere veri servitori ad immagine di Gesù. Il servizio è un elemento costitutivo dell’identità dei discepoli di Cristo. La vocazione della Chiesa e del cristiano è di servire, come il Signore stesso ha fatto, gratuitamente e per tutti, senza distinzione”. Così, “servire la giustizia e la pace, in un mondo dove la violenza non cessa di estendere il suo corteo di morte e di distruzione, è un’urgenza al fine di impegnarsi per una società fraterna, per costruire la comunione!”. Di qui la preghiera al Signore “di dare a questa regione del Medio Oriente dei servitori della pace e della riconciliazione, perché tutti possano vivere pacificamente e con dignità. È una testimonianza essenziale che i cristiani debbono dare qui, in collaborazione con tutte le persone di buona volontà. Vi chiamo tutti ad operare per la pace. Ciascuno al proprio livello e là dove si trova”. Il Pontefice ha anche invitato tutti i battezzati a “un impegno effettivo accanto ai più poveri, agli emarginati, a quanti soffrono, affinché sia preservata l’inalienabile dignità di ogni persona”.
Comunione fraterna. “Con la consegna di questo documento, iniziano il suo studio e la sua appropriazione da parte di tutti i protagonisti della Chiesa, pastori, persone consacrate e laici, affinché ciascuno trovi una gioia nuova nel portare avanti la propria missione, essendo incoraggiato e fortificato per attuare il messaggio di comunione e di testimonianza declinato secondo i diversi aspetti umani, dottrinali, ecclesiologici, spirituali e pastorali di questa Esortazione”, ha affermato il Santo Padre alla consegna di “Ecclesia in Medio Oriente”, nella fase conclusiva della messa. “Cara Chiesa in Medio Oriente – ha auspicato Benedetto XVI -, attingi alla linfa originale della Salvezza che si è realizzata su questa Terra unica e amata tra tutte! Avanza sulle orme dei tuoi padri nella fede”. “La comunione fraterna – ha continuato – sia un sostegno nella vita quotidiana e il segno della fraternità universale che Gesù, primogenito di una moltitudine, è venuto ad instaurare! Così, in questa regione che ne ha visto gli atti e raccolto le parole, il Vangelo continui a risuonare come 2000 anni fa e sia vissuto oggi e sempre!”.
Il dono della pace. A “Maria, la Madre di Dio, Nostra Signora del Libano, intorno alla quale si riuniscono cristiani e musulmani”, ha dichiarato il Papa all’Angelus, “domandiamo di intercedere presso il suo Figlio divino per voi e, in modo particolare, per gli abitanti della Siria e dei Paesi vicini implorando il dono della pace”. “Voi – ha osservato – conoscete bene la tragedia dei conflitti e della violenza che genera tante sofferenze. Purtroppo, il fragore delle armi continua a farsi sentire, come pure il grido delle vedove e degli orfani! La violenza e l’odio invadono le strade, e le donne e i bambini ne sono le prime vittime”. Di fronte a “tanti orrori” e “tanti morti”, il Pontefice ha fatto “appello alla comunità internazionale” e “ai Paesi arabi affinché, come fratelli, propongano soluzioni praticabili che rispettino la dignità di ogni persona umana, i suoi diritti e la sua religione!”. “Chi vuole costruire la pace – ha sottolineato il Santo Padre – deve smettere di vedere nell’altro un male da eliminare. Non è facile vedere nell’altro una persona da rispettare e da amare, eppure bisogna farlo, se si desidera costruire la pace, se si vuole la fraternità”. Di qui l’auspicio: “Possa Dio concedere al vostro Paese, alla Siria e al Medio Oriente il dono della pace dei cuori, il silenzio delle armi e la cessazione di ogni violenza! Possano gli uomini comprendere che sono tutti fratelli! Maria, che è nostra Madre, comprende la nostra preoccupazione e le nostre necessità”. “Con i patriarchi e i vescovi presenti – ha concluso -, pongo il Medio Oriente sotto la sua materna protezione. Che possiamo, con l’aiuto di Dio, convertirci per lavorare con ardore alla costruzione della pace necessaria ad una vita armoniosa tra fratelli, qualunque sia l’origine e la convinzione religiosa”.