A distanza di ottocento anni questo santo ancora ci interpella con la stessa forza di quando, di fronte al vescovo Guido di Assisi, abbandona i vestiti ed il denaro a suo padre per proclamare: “D’ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro che sei nei cieli!”. Egli coraggiosamente con fede si affidava tutto alla Provvidenza divina.
A una settimana di distanza dall’apertura dell’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI per ricordare i 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, vorrei quindi soffermarmi sull’importanza della fede nella vita del Poverello di Assisi e su quanto essa chiede alla nostra via personale e sociale.
Per Francesco la fede non è stata una categoria astratta, non fu mai una cosa tra le altre tante cose, non rimase solo sentimento interiore, non si limitò ad essere qualcosa di individuale: essa fu una dimensione determinante nella sua esistenza, fu una decisione che coinvolse pensiero, affetti, volontà, azione.
Certo è difficile per noi credenti del terzo millennio guardare alla fede in questo modo, perché da una parte tendiamo ad una fede intimista, quasi fosse cosa solo del sentimento o del pensiero, e dall’altra siamo portati a considerare la fede come serie di azioni da fare o da evitare verso Dio e verso il prossimo, con una sua riduzione ad etica di vita.
Per Francesco la fede è abbandono fiducioso a Dio Padre, compiuto liberamente ed in piena coscienza, con la conseguenza di testimoniare la bellezza del Vangelo di Gesù e con l’impegno di trasformare la società in convivenza pacifica e giusta.
Quante conseguenze ebbe questa fede di Francesco nella sua vita ed in quella dei suoi moltissimi seguaci e quale influsso ebbe la sua persona di credente lungo i secoli ed in tutto il mondo! Il suo esempio avrebbe suscitato una schiera innumerevole di discepoli santi, il suo fascino promuoverà numerose opere d’arte, il suo insegnamento darà origine ad una enorme quantità di opere sociali, il suo stile di vita detterà leggi di pace e sarà richiamo di rispetto per la natura creata.
Certo è difficile per noi credenti del terzo millennio guardare alla fede in questo modo, perché da una parte tendiamo ad una fede intimista, quasi fosse cosa solo del sentimento o del pensiero, e dall’altra siamo portati a considerare la fede come serie di azioni da fare o da evitare verso Dio e verso il prossimo, con una sua riduzione ad etica di vita.
Per Francesco la fede è abbandono fiducioso a Dio Padre, compiuto liberamente ed in piena coscienza, con la conseguenza di testimoniare la bellezza del Vangelo di Gesù e con l’impegno di trasformare la società in convivenza pacifica e giusta.
Quante conseguenze ebbe questa fede di Francesco nella sua vita ed in quella dei suoi moltissimi seguaci e quale influsso ebbe la sua persona di credente lungo i secoli ed in tutto il mondo! Il suo esempio avrebbe suscitato una schiera innumerevole di discepoli santi, il suo fascino promuoverà numerose opere d’arte, il suo insegnamento darà origine ad una enorme quantità di opere sociali, il suo stile di vita detterà leggi di pace e sarà richiamo di rispetto per la natura creata.
E’ possibile allora raccogliere qualche insegnamento dalla fede di Francesco per la nostra vita personale e per i bisogni sociali del nostro tempo?
Oggi è normale lamentarsi e fare gli indignati per le troppe situazioni di degrado morale e politico. Ne abbiamo un qualche dovere come cittadini. Di fronte al brutto spettacolo occorre vincere l’antica tentazione di andare avanti nella irenica e comoda speranza che tutto passi e che la gente dimentichi. Ma sarebbe errato anche limitarsi alla denuncia, perché atteggiamento limitativo e privo di impegno. Del declino siamo un poco tutti complici, anche se con diversi gradi di responsabilità o di irresponsabilità.
Per essere realisti e costruttivi è necessario pensare alle cause della decadenza, tra le quali un posto primario va assegnato alla mancanza di onestà ed alla perdita di serietà. E’ necessario riprendere il determinante impegno di educare e di educarci ad essere persone serie, cioè competenti e coerenti, non superficiali e dedite al proprio dovere. La vita di tutti domanda di fare bene le cose che si devono compiere: nei campi o in mare come in fabbrica, nello sport come nella scuola, nella amministrazione come nella politica, nel sindacato come nella cultura. Ed occorre ancora che chi ha qualche responsabilità sia attento ai bisogni veri della gente e abbia sempre presente il bene comune.
La migliore e diffusa mentalità del nostro popolo rimane sconcertata di fronte alla sfacciata carenza di etica nella vita personale e sociale emersa in questi ultimi tempi. Qualcuno ha notato anche una mancanza di estetica, cioè di buon gusto, in tanti comportamenti, derivante da un vuoto antropologico. Questo degrado umano è conseguenza della mancanza di rispetto della persona, come assoluto in quanto immagine di Dio, esso esprime un preoccupante vuoto di dignità, ed ha portato in alcuni casi a smarrire perfino il senso del disonore e peggio ancora a non avere più quello del ridicolo.San Francesco umile, semplice, povero, amava la giustizia e la pace, perchè la fede in Cristo lo impegnava a vivere questi valori innanzitutto per un senso di dignità personale. I nostri avi quanto erano ricchi di questi ideali umani e cristiani! Ora stiamo diventando più poveri, se non di cose, spesso di valori. “I valori del passato – hanno scritto i vescovi in un recente documento – non si possono semplicemente ereditare, ma vanno fatti nostri e rinnovati” (Educare alla vita buona del Vangelo, p. 47).
Occorre educare. Ma la nostra società è ancora educante?
In mezzo a noi ci sono ancora fortunatamente tante famiglie impegnate ad educare, nonostante l’affanno di molte per i gravi problemi affettivi, economici ed occupazionali. Il nostro popolo non è solo quello che spesso viene descritto nei media, perchè c’è ancora una larghissima Italia nascosta, che resiste e che lotta, come quella delle migliaia di persone che ho visto a Lourdes durante il pellegrinaggio della scorsa settimana. Là vedevo tanta gente sofferente, ma ricca di speranza; là c’erano persone con problemi, ma piene di dignità; là tutti volevano guardare al futuro con viva e fattiva attesa. Chi dava loro questa forza?
Mi direte: la speranza. Certo, la speranza. E chi non l’ha o non l’ha più? Ecco la fede, la fede che fa da supporto alla speranza, la fede semplice, la fede del popolo umile e laborioso, la fede dell’Italia di San Francesco, che invita a guardare avanti non in maniera passiva o solo denunciataria, ma con l’assunzione delle proprie responsabilità. Ciascuno faccia la sua parte e la faccia bene: lo studente, lo sportivo, l’insegnante, l’amministratore, il politico, il pescatore, il muratore, la donna di casa, la persona anziana.
Carissimi,
la fede di Francesco, nostro Patrono, ci sia di esempio e di aiuto. Invochiamo il Santo di Assisi con implorante preghiera per la nostra Italia e per ciascuno di noi. Amen.
Oggi è normale lamentarsi e fare gli indignati per le troppe situazioni di degrado morale e politico. Ne abbiamo un qualche dovere come cittadini. Di fronte al brutto spettacolo occorre vincere l’antica tentazione di andare avanti nella irenica e comoda speranza che tutto passi e che la gente dimentichi. Ma sarebbe errato anche limitarsi alla denuncia, perché atteggiamento limitativo e privo di impegno. Del declino siamo un poco tutti complici, anche se con diversi gradi di responsabilità o di irresponsabilità.
Per essere realisti e costruttivi è necessario pensare alle cause della decadenza, tra le quali un posto primario va assegnato alla mancanza di onestà ed alla perdita di serietà. E’ necessario riprendere il determinante impegno di educare e di educarci ad essere persone serie, cioè competenti e coerenti, non superficiali e dedite al proprio dovere. La vita di tutti domanda di fare bene le cose che si devono compiere: nei campi o in mare come in fabbrica, nello sport come nella scuola, nella amministrazione come nella politica, nel sindacato come nella cultura. Ed occorre ancora che chi ha qualche responsabilità sia attento ai bisogni veri della gente e abbia sempre presente il bene comune.
La migliore e diffusa mentalità del nostro popolo rimane sconcertata di fronte alla sfacciata carenza di etica nella vita personale e sociale emersa in questi ultimi tempi. Qualcuno ha notato anche una mancanza di estetica, cioè di buon gusto, in tanti comportamenti, derivante da un vuoto antropologico. Questo degrado umano è conseguenza della mancanza di rispetto della persona, come assoluto in quanto immagine di Dio, esso esprime un preoccupante vuoto di dignità, ed ha portato in alcuni casi a smarrire perfino il senso del disonore e peggio ancora a non avere più quello del ridicolo.San Francesco umile, semplice, povero, amava la giustizia e la pace, perchè la fede in Cristo lo impegnava a vivere questi valori innanzitutto per un senso di dignità personale. I nostri avi quanto erano ricchi di questi ideali umani e cristiani! Ora stiamo diventando più poveri, se non di cose, spesso di valori. “I valori del passato – hanno scritto i vescovi in un recente documento – non si possono semplicemente ereditare, ma vanno fatti nostri e rinnovati” (Educare alla vita buona del Vangelo, p. 47).
Occorre educare. Ma la nostra società è ancora educante?
In mezzo a noi ci sono ancora fortunatamente tante famiglie impegnate ad educare, nonostante l’affanno di molte per i gravi problemi affettivi, economici ed occupazionali. Il nostro popolo non è solo quello che spesso viene descritto nei media, perchè c’è ancora una larghissima Italia nascosta, che resiste e che lotta, come quella delle migliaia di persone che ho visto a Lourdes durante il pellegrinaggio della scorsa settimana. Là vedevo tanta gente sofferente, ma ricca di speranza; là c’erano persone con problemi, ma piene di dignità; là tutti volevano guardare al futuro con viva e fattiva attesa. Chi dava loro questa forza?
Mi direte: la speranza. Certo, la speranza. E chi non l’ha o non l’ha più? Ecco la fede, la fede che fa da supporto alla speranza, la fede semplice, la fede del popolo umile e laborioso, la fede dell’Italia di San Francesco, che invita a guardare avanti non in maniera passiva o solo denunciataria, ma con l’assunzione delle proprie responsabilità. Ciascuno faccia la sua parte e la faccia bene: lo studente, lo sportivo, l’insegnante, l’amministratore, il politico, il pescatore, il muratore, la donna di casa, la persona anziana.
Carissimi,
la fede di Francesco, nostro Patrono, ci sia di esempio e di aiuto. Invochiamo il Santo di Assisi con implorante preghiera per la nostra Italia e per ciascuno di noi. Amen.