ITALIA – I giovani italiani non hanno più fiducia nella politica e a farne le spese sono soprattutto i partiti. Sfiduciato anche il Governo. Solo un intervistato su dieci dà un voto positivo a Camera e Senato. Più consensi trovano Quirinale e Unione europea, anche se le percentuali restano basse. È una solenne bocciatura quella che i giovani italiani rifilano alla politica e alle sue istituzioni. È quanto emerge dalla ricerca “Rapporto Giovani” promossa dall’Istituto Toniolo (www.rapportogiovani.it) e diffusa oggi, curata da un gruppo di docenti dell’Università Cattolica e realizzata da Ipsos con il sostegno della Fondazione Cariplo.

I dati del Rapporto. Il 94% degli intervistati (un campione di 7.500 giovani di età compresa tra 18 e 29 anni) respinge senza appello i partiti, dando un giudizio fortemente negativo. Molti i motivi di una disaffezione sempre più marcata: l’incapacità di gestire la crisi che ha minato la credibilità del sistema-Paese e ha portato al governo dei tecnici, ma pesano anche gli scandali legati ai comportamenti privati, l’eccesso di privilegi stridente con la necessità di austerity imposta dalla recessione, oltre che i continui episodi di abuso dei finanziamenti pubblici. Sfiducia anche per Camera e Senato che racimolano poco più del 10% di voti positivi. A pesare in questo caso sono i vincoli anagrafici di accesso, pari a 25 anni alla Camera e 40 al Senato, che fanno del Parlamento italiano uno dei meno aperti alla presenza delle nuove generazioni in Europa. A influire anche il fatto di essere considerato un Parlamento di “nominati”, ovvero eletti con liste bloccate senza la possibilità di indicare le preferenze. Il Governo Monti invece incassa il giudizio negativo dell’83% degli intervistati. Tra le cause, alcune uscite sono apparse poco in sintonia con la sensibilità delle nuove generazioni e la realtà che vivono quotidianamente. Gli interventi concreti a favore non sono, invece, sembrati incisivi come nelle attese. Più fiducia, ma siamo sempre su valori negativi, dei giovani nelle Regioni, 24% di favorevoli, e nei Comuni, 29% di voti positivi. Da notare che la percentuale di voti positivi per il Comune presenta una forte connotazione territoriale, passando dal 21% del Sud al 40% del Nord-Est. I consensi salgono nei confronti della Presidenza della Repubblica (35% di consensi) e dell’Unione europea (41%), quest’ultima, la meno bocciata, rimane un punto di riferimento ideale per molti giovani oltre che una via di fuga, soprattutto verso quei Paesi che offrono maggiori spazi e opportunità per le nuove generazioni. La ricerca, infine, evidenzia come la sfiducia verso la politica è maggiore tra le categorie che meno trovano spazio e opportunità, che quindi risultano più critiche rispetto a chi ha guidato sinora il Paese. Ad esempio la fiducia è più bassa per le donne (verso i partiti, ma anche verso il Governo nazionale, Regione e Comune) e tra i Neet (ovvero tra i giovani che non studiano e non hanno un lavoro). Tra questi ultimi la percentuale di chi dà un voto positivo ai partiti scende al 5% e al Governo sotto il 15%. Il Rapporto, inoltre, mette in evidenzia come sia molto forte il legame con il titolo di studio: chi ha istruzione più elevata tende a rendere meno generalizzato lo scadimento della fiducia e a discernere maggiormente valore e credibilità delle diverse istituzioni e di chi le rappresenta. Tra chi è laureato la fiducia nella Presidenza della Repubblica arriva a toccare valori sufficienti in quasi la metà dei casi (48%), lo stesso per l’Unione europea (47%).

Rabbia ma non rassegnazione. Secondo Alessandro Rosina, uno dei docenti dell’Università Cattolica, che hanno elaborato i dati dell’indagine, dai risultati del Rapporto “traspare più la rabbia che la rassegnazione dei giovani, disposti sempre a mettersi in gioco e a farsi coinvolgere nella costruzione di un Paese più rispondente alle loro aspettative. La bocciatura dei partiti e della politica italiana era nell’aria. È un po’ di tempo che si parla di casta, di partiti lontani dai problemi e più interessati a difendere potere e privilegi. A questo si aggiunga la loro incapacità di creare crescita e benessere e di fronteggiare la crisi al punto che si è dovuto ricorrere ad un governo tecnico”. Tutte queste difficoltà ricadono pesantemente sui giovani che dunque “sono penalizzati nella costruzione del loro progetto di vita e nella loro valorizzazione lavorativa. Per non parlare dell’esclusione dalla classe dirigente del Paese che blocca il ricambio generazionale. I giovani hanno voluto calcare la mano con voti scolastici bassissimi assegnati alla politica per lanciare un chiaro segnale di cambiamento. Vogliono essere inclusi in un processo di crescita del Paese. Sanno di avere capacità e voglia di fare, non sono per nulla rassegnati”. Dal Rapporto emergono “germogli d’impegno futuro ma anche il rischio che, davanti al perdurare di questa situazione, possano nascere conflitti sociali e generazionali. Occorre – e questo spetta alla politica – trovare percorsi virtuosi d’inclusione e di partecipazione attiva. Le possibilità ci sono tutte a patto che le Istituzioni e la politica sappiano ritrovare al loro interno i motivi di un vero impegno e servizio del bene comune. Una politica che pensi in modo lungimirante a un futuro migliore”.


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