Il desiderio di Dio. “Il desiderio di Dio, la ricerca di Dio è profondamente scritta in ogni anima umana e non può scomparire. Certamente, per un certo tempo, si può dimenticare Dio, accantonarlo, occuparsi di altre cose, ma Dio non scompare mai”. Con queste parole, nell’intervista, il Papa motiva la sua “speranza” per il continente europeo. In altre parole, “è semplicemente vero quanto dice sant’Agostino, che noi uomini siamo inquieti finché non abbiamo trovato Dio. Questa inquietudine anche oggi esiste. È la speranza che l’uomo sempre di nuovo, anche oggi, si ponga in cammino verso questo Dio”. “Le ideologie – spiega infatti il Santo Padre – sembrano forti, irresistibili, ma dopo un certo periodo si consumano”, perché “sono particelle di verità”. Il Vangelo, invece, “è vero, e perciò non si consuma mai”: “In tutti i periodi della storia – assicura il Papa – appaiono sue nuove dimensioni, appare tutta la sua novità, nel rispondere alle esigenze del cuore e della ragione umana che può camminare in questa verità e trovarvisi. E perciò, proprio per questo motivo, sono convinto che ci sia anche una nuova primavera del cristianesimo”.
L’inquietudine dei giovani. C’è, poi, l'”inquietudine” dei giovani, che “hanno visto tante cose – le offerte delle ideologie e del consumismo -, ma colgono il vuoto in tutto questo, la sua insufficienza. L’uomo è creato per l’infinito. Tutto il finito è troppo poco”. Proprio nelle nuove generazioni, è dunque la tesi del Papa, “questa inquietudine si risveglia di nuovo ed essi si mettono in cammino, e così ci sono nuove scoperte della bellezza del cristianesimo; un cristianesimo non a prezzo moderato, non ridotto, ma nella sua radicalità e profondità”. “Mi sembra che l’antropologia come tale – aggiunge il Papa – ci indichi che ci saranno sempre nuovi risvegli del cristianesimo e i fatti lo confermano con una parola: fondamento profondo. È il cristianesimo. È vero, e la verità ha sempre un futuro”.
Così non si può vivere. L’Europa, conclude Benedetto XVI, “ha anche oggi nel mondo un grande peso sia economico, sia culturale e intellettuale”, che comporta una “grande responsabilità”. Ma è questa la “grande questione”: “L’Europa deve trovare ancora la sua piena identità per poter parlare e agire secondo la sua responsabilità”. Secondo il Papa, “il problema oggi non sono più le differenze nazionali. Si tratta di diversità che non sono più divisioni, grazie a Dio. Le nazioni rimangono, e nella loro diversità culturale, umana, temperamentale, sono una ricchezza che si completa e dà nascita ad una grande sinfonia di culture. Sono fondamentalmente una cultura comune”. Il problema dell’Europa di trovare la sua identità, a parere di Benedetto XVI, consiste invece “nel fatto che in Europa oggi abbiamo due anime: un’anima è una ragione astratta, anti-storica, che intende dominare tutto perché si sente sopra tutte le culture. Una ragione finalmente arrivata a se stessa che intende emanciparsi da tutte le tradizioni e i valori culturali in favore di un’astratta razionalità. La prima sentenza di Strasburgo sul Crocifisso era un esempio di questa ragione astratta che vuole emanciparsi da tutte le tradizioni, dalla storia stessa”. “Ma così non si può vivere”, obietta il Papa, tanto più che anche la “ragione pura” è “condizionata da una determinata situazione storica, e solo in questo senso può esistere”. L’altra anima dell’Europa è quella che, per il Santo Padre, “possiamo chiamare cristiana”, e che “si apre a tutto quello che è ragionevole, che ha essa stessa creato l’audacia della ragione e la libertà di una ragione critica, ma rimane ancorata alle radici che hanno dato origine a questa Europa, che l’hanno costruita nei grandi valori, nelle grandi intuizioni, nella visione della fede cristiana”.
Un nuovo umanesimo. “Soprattutto nel dialogo ecumenico tra Chiesa cattolica, ortodossa, protestante – è l’opinione di Benedetto XVI sul futuro dell’Europa – quest’anima deve trovare una comune espressione e deve poi incontrarsi con questa ragione astratta, cioè accettare e conservare la libertà critica della ragione rispetto a tutto quello che può fare e ha fatto, ma praticarla, concretizzarla nel fondamento, nella coesione con i grandi valori che ci ha dato il cristianesimo”. “Solo in questa sintesi – assicura il Pontefice – l’Europa può avere il suo peso nel dialogo interculturale dell’umanità di oggi e di domani, perché una ragione che si è emancipata da tutte le culture non può entrare in un dialogo interculturale”. “Solo una ragione che ha un’identità storica e morale – conclude il Papa – può anche parlare con gli altri, cercare una interculturalità nella quale tutti possono entrare e trovare una unità fondamentale dei valori che possono aprire le strade al futuro, a un nuovo umanesimo, che deve essere il nostro scopo. E per noi questo umanesimo cresce proprio dalla grande idea dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio”.