DIOCESI – All’inizio di quest’anno catechistico, giunti al momento di presentare il tema dell’iniziativa annuale di Azione Cattolica ai nostri ragazzi, io (chi vi scrive l’articolo) e Alberto ci ritroviamo in oratorio per discuterne un po’. Di che si tratta in fondo? Cosa c’entra il teatro, l’ambientazione proposta per quest’anno, con la vita dei ragazzi? La guida d’arco ACR scrive: “si tratta di un’ambientazione che non vuole sottolineare tanto le luci della ribalta, quanto invece la possibilità dei ragazzi di mettersi in prima persona alla prova nel donarsi agli altri attraverso le loro qualità e l’impegno non solitario, ma condiviso“. La cosa ci piace. Una compagnia teatrale lavora così, insieme, per un obiettivo comune che è lo spettacolo, ma fermamente ancorata nella concretezza del presente, nel riconoscere le capacità e i limiti di ognuno, nell’organizzazione, nelle prove.
Lo spettacolo è qualcosa che si costruisce, per cui si lavora duramente e in questo processo è fondamentale la presenza di una guida, di qualcuno che possa aiutare ciascuno a migliorarsi. Senza il regista che osserva e corregge, che conosce il mezzo e le tecniche, gli sforzi non sarebbero ripagati allo stesso modo. E quindi chi è il regista? Il regista è l’educatore, che conosce l’opera e gli attori e si prende cura di essa e di loro. Bene, ci diciamo, quest’anno a noi educatori spetta un ruolo estremamente importante. Il cammino di quest’anno fornisce spunti di riflessione molto forti per l’educatore, che deve confrontarsi con la grande responsabilità che comporta lo stare con i ragazzi e che deve rispondere con la sua vita alla loro domanda di vita, cioé “ti prendi cura di me?”
Ma quale opera? Siamo sicuri che i ragazzi vorranno saperlo. Quindi quest’anno si fa teatro invece che catechismo? Non proprio ragazzi, risponderemo noi, l’opera che siamo chiamati a mettere in scena, l’opera a cui donare tutti noi stessi con entusiasmo, dedizione, serietà e gioia è la nostra vita. È il grande copione dell’Amore, che prende forme nuove ogni giorno, come una rappresentazione teatrale, che è diversa ogni volta che va in scena senza mai ripetersi esattamente allo stesso modo, ma che tuttavia segue sempre lo stesso filo, quello scritto dall’Autore.
E chi è questo autore? Chi la scrive la nostra vita? Quando si mette in scena uno spettacolo il nome dell’autore lo sanno tutti, è scritto chiaramente sopra il copione. Forse pochi lo conoscono personalmente, magari il regista, ma neanche questo è scontato. Eppure l’autore si impara a conoscerlo recitando il suo testo. Dalle sue parole, dalla sua Parola, impariamo a capire pian piano cosa vuole dirci, chi è, cosa ci è chiesto di fare per realizzare al meglio la storia che lui ha preparato. Una storia che non ci costringe a un ruolo, ma ci rende protagonisti, così come ogni membro della compagnia messo davanti al personaggio che dovrà recitare ha la grandissima libertà e responsabilità di dargli vita in armonia con la propria personalità e le proprie attitudini.
Il nostro desiderio è quello di conoscere l’Autore della vita, di creare un rapporto vero con il Signore e questo è bene espresso dallo slogan “In cerca d’autore” che accompagnerà quest’anno. Certo che questo Autore è un autore un po’ particolare, mi fa infine notare Alberto: non solo ha creato lo spettacolo, ma anche gli attori. Li sceglie e li chiama a prendere un ruolo che è scritto su misura per loro, nella conoscenza più totale di loro. Lo spettacolo è su misura per gli attori e vice versa. Riusciremo a comunicare ai ragazzi quanto profondamente legati siano la nostra vita e il copione d’Amore che Dio scrive per noi? Di certo non possiamo farlo soltanto a parole, ma possiamo testimoniarlo vivendo insieme a loro e affrontando con loro la sfida che questo spettacolo rappresenta.