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LEGGE 194

ITALIA – È certo che le Ivg (interruzioni volontarie di gravidanza, ndr) registrate sono molto diminuite a partire dal 1983. Il calo è meno sicuro, invece, se il termine di confronto iniziale è posto prima dell’entrata in vigore della legge 194”. Lo si legge nel VII Rapporto al Parlamento sull’attuazione della legge 194, presentato in conferenza stampa alla Camera, a Roma, dal Movimento per la vita. Il Rapporto vuole integrare la fotografia fatta dal ministero della Salute sulla legge 194 nella relazione dell’8 ottobre, ne evidenzia le manchevolezze e propone alcuni correttivi per le relazioni sull’applicazione della legge 194 che saranno presentate in futuro.Dati a confronto.“Il ministro, senza citare alcuna fonte – si legge nel Rapporto -, suppone che la clandestinità, prima della legge 194, fosse misurabile in una cifra tra 220 e 500mila l’anno”, ma per il Mpv, che si rifà a uno studio di Bernardo Colombo, ordinario di statistica all’università di Padova “l’abortività volontaria nel 1976 poteva collocarsi tra 100 e 200mila unità l’anno, ma era più ragionevole immaginare una cifra inferiore a 100mila piuttosto che una cifra troppo vicina a 200mila”. Inoltre bisogna considerare che negli anni ’80 non c’era la pillola del giorno dopo (se ne vendono circa 380mila confezioni all’anno, procurando la morte di 70mila concepiti secondo l’Associazione dei ginecologi e ostetrici cattolici); è diminuito il numero delle donne feconde in Italia, è aumentato il numero degli aborti spontanei (che spesso nascondono aborti clandestini).Azione educativa. Partendo dalla relazione del ministero e dal suo riferimento al documento del Centro nazionale di bioetica sull’“aiuto alle donne in gravidanza e depressione post-partum”, il Rapporto prosegue evidenziando che “una crescente azione educativa, informativa e culturale, particolarmente centrata sul valore del figlio, può realizzare una efficace prevenzione dell’aborto e quindi ridurre la espansione”. In questo senso, il documento del Mpv ricorda che “esiste una azione educativa diffusa e forte dovuta al volontariato organizzato in Centri e movimenti per la vita e prima ancora all’incessante magistero e all’azione pastorale della Chiesa sul tema della vita umana che, alla lunga, non può non aver prodotto un effetto benefico”. Perciò, se diminuzione complessiva degli aborti vi è stata, nonostante i dubbi che restano, “essa non è stata causata dalla legge, quanto, piuttosto, dall’azione assistenziale, educativa e culturale al servizio della vita e della maternità svolta in vario modo nella società civile”.

Alcuni suggerimenti. Il Rapporto propone, poi, alcuni suggerimenti per la prossima relazione ministeriale. Innanzitutto, “se l’obiettivo principale dei consultori è quello di evitare l’Ivg applicando pienamente l’art. 2 della legge 194, sarebbe assai importante documentare i casi in cui l’intervento consultoriale ha mutato in scelta di accoglienza della vita una manifestata intenzione di aborto”. Sarebbe auspicabile, poi, “riportare nella relazione ministeriale anche le notizie ricavabili dall’attività del volontariato pro-life”. Ad esempio, nel 2010 sono nati anche per l’aiuto del volontariato dei Centri di aiuto alla vita 10.070 bambini e nel 2011 10.078. A proposito di adozione come alternativa all’aborto, per il Mpv la relazione ministeriale dovrebbe fornire dati sul numero dei neonati partoriti in anonimato.

Due riforme. Non solo: il Movimento per la vita approfitta della relazione ministeriale per riproporre, ancora una volta, due riforme legislative. “Una proposta legislativa sull’aborto per suscitare impegno deve contemporaneamente essere d’alto profilo ed avere una qualche possibilità di essere accolta – chiarisce il Rapporto -. Nella situazione culturale e politica attuale sembra opportuno concentrare lo sforzo su due proposte: la modifica dell’art.1 del c.c. per riconoscere la capacità giuridica ad ogni essere umano fin dal concepimento e la riforma dei consultori familiari in rapporto all’interruzione volontaria della gravidanza”. La prima non tocca la legge 194, ma è diretta ad incidere fortemente sulla sua applicazione; la seconda riguarda la legge 405/75, istitutiva dei consultori familiari, ma esige una significativa revisione anche degli artt. 4, 5, 8 della legge 194. Per quanto riguarda la prima riforma, sottolinea il Movimento per la vita, “senza il riconoscimento della piena umanità dei concepiti è debole la controspinta rispetto all’aborto e le stesse misure di sostegno economico e sociale a favore della maternità sono poco sospinte”. Perciò il Rapporto riporta le parole del card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei: “Ogni valore, necessario per il bene della persona e della società – come il lavoro, la casa, la salute, l’inclusione sociale, la sicurezza, le diverse provvidenze, la pace, l’ambiente – germoglia e prende linfa dai valori non negoziabili, il primo dei quali è la vita”. La seconda riforma per un verso dovrebbe definire la funzione consultoriale “come esclusivamente diretta a proteggere la vita e la maternità” e quindi non comprendere il potere di autorizzare l’aborto e, per altro verso, dovrebbe rendere “obbligatorio il ‘passaggio’ attraverso il consultorio della donna che è orientata ad abortire”.