di Antonio Rubino
ITALIA – Quattromilacinquecento ragazzi tra i 13 e 19 anni e 705 docenti intervistati, 97 scuole pugliesi coinvolte: sono alcuni dei numeri della ricerca presentata il 7 novembre all’Università di Bari nel corso della giornata di studio “L’educazione sessuale in Puglia: la ricerca E.r.o.s. (educazione ricerca orizzonti sessualità)”. L’indagine, condotta nel corso dello scorso anno, è stata promossa dalla sezione appulo-lucana della “Bottega dell’Orefice”, associazione aderente al Forum delle associazioni familiari di Puglia, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale e l’Università di Bari e con il patrocinio della Conferenza episcopale pugliese e del Forum regionale delle associazioni familiari. Tra i dati più significativi: l’interesse dei ragazzi ai corsi, la scarsa propensione dei figli a rivolgersi ai genitori, la ridotta presenza nei corsi di educazione sessuale di competenti figure educative.
“La ricerca ha fornito input interessanti”, ha spiegato Angela Mongelli, docente di sociologia della formazione all’Università di Bari. Innanzitutto, “i ragazzi desiderano ricevere un’offerta formativa in questo ambito e, dove questa è presente, ne fruiscono, poiché non ritengono le lezioni di affettività e sessualità una scusa per evitare il dovere scolastico”. I ragazzi, quindi, “prendono le distanze dallo stereotipo che li vuole superficiali” e questo “ci dà speranza”. Essi, inoltre, “si rapportano ai corsi giudicandoli utili, perfino indispensabili, e non ritengono che siano imbarazzanti”. Le fonti d’informazione sulla sessualità sono “innanzitutto gli amici, nell’81,7% dei casi, e più cresce l’età dell’intervistato, più gli amici sono fonte di esperienza”; poi internet (49,8%), tv (44,2%), giornali e riviste (33,6%). “I giovani non sono propensi ad avere i genitori come interfaccia, gradiscono di più gli insegnanti”, ha detto Mongelli. I mass media, ha aggiunto, possono offrire potenziali pericoli “se il ragazzo non ha competenze adeguate” e comunque “occorre ricostruire la presenza della famiglia in questo ambito”. Le lezioni frontali (65,9%), l’utilizzo di audiovisivi (37,7%) e le conferenze (36,1%) sono, nell’ordine, gli strumenti di cui si servono le scuole per i corsi. “Però – ha proseguito Mongelli – si sta facendo strada l’idea che è meglio educare che informare”, tanto che stanno avanzando altri strumenti come i gruppi di studio e la pedagogia interattiva. La provincia con l’offerta di corsi più elevata è quella di Bari, ultima la provincia di Foggia. “Una disponibilità inedita delle scuole ad affrontare questa questione” è stata riscontrata, alla luce della ricerca, dal presidente della Conferenza episcopale pugliese, l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, che ha portato il suo saluto ai partecipanti. Secondo mons. Cacucci, occorre offrire un’educazione alla sessualità e all’affettività oltre che una corretta informazione.
Più educatori. “Scuola, università e associazioni, a cominciare da quelle familiari, devono avviare un confronto sui contenuti e sulle modalità più adeguate per fare educazione sessuale nelle scuole”, ha commentato Lodovica Carli, presidente regionale del Forum delle associazioni familiari. L’idea della ricerca nasce da diversi stimoli, tra cui “l’esigenza di dare un contributo al compito educativo di coloro che si occupano di educazione affettivo-sessuale”, ha detto al Sir Michela Di Gennaro, presidente della sezione appulo-lucana della “Bottega dell’Orefice” e della Federazione Consultori Cfc Puglia onlus. Inoltre i soci della Bottega, ha aggiunto, sono “insegnanti di regolazione naturale della fertilità” e questa “passa solo se c’è un’educazione sessuale adeguata già dall’epoca adolescenziale”. “L’esperienza – ha osservato Di Gennaro – ci ha messo di fronte un mondo adolescenziale e giovanile che da un lato fa scelte di vita libere e dall’altro si sente solo”. A fronte di ciò si registra l’assenza di “figure adulte significative”. “Dai nostri vent’anni di esperienza – ha proseguito – abbiamo riscontrato la scarsa richiesta di formazione degli adulti”, mentre dai ragazzi “veniva fuori un bisogno formativo non soddisfatto a sufficienza”, perciò “ci siamo fermati per riflettere”. Tra i dati più significativi della ricerca, “la carenza di offerta formativa nelle scuole” e un’informazione che “tratta le malattie sessualmente trasmesse e la gravidanza senza soffermarsi su un aspetto fondamentale: l’educazione all’affettività e alla sessualità” Altro punto carente: “Una grande presenza di esperti specialistici e una scarsa presenza di figure educative e pedagogisti con adeguata competenza umanistica”.