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Questione IMU, Quale cultura politica?

Di Francesco Bonini

VATICANO – La Chiesa pagherà l’Imu. La non-notizia è (finalmente) pacifica. In realtà tutto il vasto mondo riconducibile alla Chiesa ha sempre pagato quel che doveva. Ormai siamo in vista dell’emanazione delle norme che dovrebbero definitivamente regolare le questioni ancora aperte, che non riguardano ovviamente solo la Chiesa e il vasto e multiforme mondo cattolico, ma tutto il mondo del sociale. E questo con particolare riferimento a una procedura d’infrazione che i radicali italiani a suo tempo intentarono contro l’Italia di fronte alla Corte comunitaria. Quel che ancora non è chiaro, ai fini della definizione normativa della questione, è l’esito dei rilievi al testo predisposto dal governo da parte di una delle sezioni del Consiglio di Stato, a proposito della definizione di “attività economica”.
Immediata è stata la grave preoccupazione di tutto il mondo del non-profit, di fronte a una possibile interpretazione estrema (cioè integralmente liberista), del concetto di “attività economica”, che prescinda appunto dalla distinzione tra “profit” e “non-profit”. Confidiamo che la ragionevolezza prevalga, ovvero la buona amministrazione e, nello stesso tempo, il rispetto della soggettività della società.
In attesa degli ultimi sviluppi, tuttavia, è necessaria una riflessione di fondo, a proposito degli indirizzi culturali delle politiche pubbliche. Senza equilibrio e capacità di disegno politico, infatti, il rischio che si profila, non solo in questo specifico settore, è di quello che centocinquant’anni fa un fine analista, Stefano Jacini, aveva definito il “connubio mostruoso”. Quando si prendono dei modelli, infatti, il rischio è quello di combinare non gli elementi più virtuosi, ma quelli peggiori dell’uno e dell’altro. All’indomani dell’Unità d’Italia, Jacini parlava dei modelli francese e inglese. Oggi si può parlare di quello continentale e anglosassone. In ogni caso tra liberismo e statalismo si potrebbe disegnare un nuovo, moderno, vizioso “connubio mostruoso”, che è esattamente l’opposto del ruolo prezioso che l’Europa può giocare a partire dal vincente profilo dell’“economia sociale di mercato”.
Dalla crisi si esce solo ritrovando e rilanciando il nostro capitale sociale, nella dimensione nazionale come in quella europea, che necessariamente sempre più virtuosamente devono essere connesse. Partendo e sempre arrivando alle persone concrete, quelle stesse che su un sempre più forte non-profit devono continuare a poter contare senza esitazione. In questo senso, come ha ribadito il cardinal Bagnasco alla Camera, rievocando la toccante visita di papa Giovanni Paolo II dieci anni fa, la Chiesa e i cattolici continueranno a fare la loro parte di servizio e di testimonianza.

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