ITALIA – Salvo Intravaia, giornalista di “La Repubblica” in un suo articolo del 16 gennaio 2010 intitolato “Aumenti ai prof di religione. È la sorpresa di Tremonti” sosteneva che gli insegnanti di religione avrebbero avuto da lì a qualche mese un congruo aumento in busta paga al contrario degli altri docenti che, invece, sarebbero rimasti a bocca asciutta.
Recentemente, anche il noto costituzionalista Michele Ainis, in un suo articolo del 18 ottobre 2012 intitolato “Non solo casti contro la casta” apparso sul settimanale “L’Espresso“, ha annoverato, fra gli altri, anche gli insegnanti di religione nella categoria dei privilegiati proprio per i loro stipendi più pesanti rispetto a quelli dei loro colleghi.
Se chi legge l’articolo è un insegnante di Religione Cattolica, come il sottoscritto, avrà avuto senza dubbio il (dis)piacere di sentirsi rimproverare da qualche collega questa ingiustificata disparità. Confesso che l’ultima volta mi è capitato proprio questa mattina!ù
Siamo finalmente in grado di smentire, documenti alla mano, i presunti vantaggi economici di cui godrebbero gli insegnanti di religione cattolica. Per ovvie ragioni di privacy abbiamo cancellato i nominativi e ogni dato sensibile degli insegnanti che ci hanno fornito tutta la documentazione.
Tanto per iniziare, nel maggio 2010, i docenti di religione cattolica non hanno affatto visto 220 euro in più come affermato dal giornalista de “La Repubblica”, come si può ben vedere confrontando il cedolino di maggio con quello di aprile. L’insegnante che ci ha fornito i cedolini ha guadagnato nel mese di aprile 1251,91 euro mentre nel mese di maggio ha guadagnato 1219,09 euro. Se a questa cifra si aggiungono i 44,70 euro sottratti dal Ministero per la malattia del docente (codice 800/103) si arriva a 1263,79 cioè a poco più di 11 euro rispetto al precedente stipendio. Questa differenza è dovuta alla normale fluttuazione degli stipendi e non a un aumento. Dove sono dunque i 220 euro favoleggiati da “La Repubblica”?
Abbiamo poi preso in considerazione due cedolini: il primo cedolino, relativo alla mensilità di marzo 2012, è quello di un insegnante di religione cattolica (codice identificativo: KR05) della regione Lazio, mentre l’altro è quello di un docente di posto comune (codice identificativo: KA05) della regione Sardegna.
Se si osserva l’importo netto percepito dall’insegnante di religione si vedrà che ha guadagnato 1243,73 mentre il suo collega ha guadagnato 1258,63. Come si può notare, non ci sono sostanziali differenze, anzi, nel mese di marzo (la situazione potrebbe variare in altri mesi) l’insegnante di posto comune ha percepito una manciata di euro in più rispetto a quello di Religione Cattolica! Anche qui, dei famigerati privilegi descritti da Intravaia neppure l’ombra!
Ma la storia dell’aumento è, nell’ordine di tempo, solo l’ultima delle imprecisioni che circolano sugli insegnanti di Religione Cattolica e sui loro salari. Quale docente di religione non si è mai sentito porre da qualche collega nei corridoi la fatidica e ricorrente domanda: “Ma tu sei pagato dal Vaticano, vero?”. Domanda che può anche essere stata similmente posta in questi termini: “Ti paga la curia, giusto?”.
Probabilmente, per ognuno di noi, questa è stata l’ennesima occasione per spiegare al collega di turno che l’insegnante di Religione Cattolica è, come tutti gli altri docenti, un dipendente del Ministero Istruzione Università Ricerca e, in quanto tale, percepisce proprio da questo ente il suo salario in modo analogo a quanto avviene per i suoi colleghi.
Ma la posizione giuridico-economica degli insegnanti di Religione Cattolica non è sconosiuta solo a parecchi docenti. Addirittura anche l’insigne vaticanista Marco Politi in un suo articolo intitolato “La Bibbia sui banchi di scuola” apparso su “La Repubblica” del 9 maggio 2007 ha scritto che i docenti di religione sono pagati col fondo dell’otto per mille!
L’insegnante di Religione Cattolica non gode sostanzialmente di nessun vantaggio economico rispetto ai suoi colleghi, anzi, se la si vuole dire tutta, per la sua figura professionale non è previsto neppure il diritto alla mensa scolastica. L’articolo 11 del Contatto Collettivo Nazionale del Lavoro infatti garantisce il diritto alla mensa per quei docenti che in orario di servizio accompagnano gli alunni in refettorio, ma non per gli insegnanti di Religione Cattolica che devono svolgere interamente il loro servizio (22 ore per gli insegnanti di scuola primaria, 18 ore per quelli della secondaria) in attività didattiche.
Senza cadere nel vittimismo e non volendo dare adito a “teorie del complotto” ci chiediamo come mai noti giornalisti e uomini di cultura contribuiscano a diffondere notizie erronee che finiscono per intralciare l’operato degli insegnanti di religione
Si possono avere idee divergenti sull’insegnamento della religione cattolica, tuttavia chi è ostile ad essa dovrebbe condurre la sua battaglia su dati veritieri. Ci auguriamo quindi che le sterili polemiche ideologiche attorno a questa materia cessino in futuro e che si possa tornare a parlare solo dei contenuti culturali e formativi che questa materia vuole offrire agli alunni che di essa si avvalgono.