EUROPA – “Ci si aspettava qualcosa di diverso”. Luca Jahier, consigliere del Comitato economico e sociale europeo (Cese), così commenta da Bruxelles l’esito dell'”Eurostrike”, la mobilitazione indetta mercoledì 14 novembre dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces). Per il lavoro e la solidarietà e contro l’austerità che ha acuito la crisi e alimentato la recessione, la Ces chiedeva d’intraprendere un cammino comune verso un patto sociale per l’Europa. Sir Europa ha posto alcune domande a Jahier.
Cosa non ha funzionato nelle proteste?
“Venivano chiesti provvedimenti seri e determinanti per invertire la rotta con investimenti che puntano alla crescita sostenibile e alla buona occupazione nel breve e lungo periodo. E invece c’è stata troppa violenza”.
Ad animare le mobilitazioni sono stati soprattutto i giovani.
“Le ragioni del disagio mordono nella carne viva cittadini, imprese e famiglie. In questa emersione di fuochi di protesta, bisogna stare attenti ai movimenti politici estremisti”.
Significativo che a mobilitarsi siano stati 23 Paesi europei su 27, diversi ma uniti nelle stesse difficoltà.
“Non va dimenticato che negli anni Novanta Emilio Gabaglio trasformò il sindacato europeo in un efficace apparato di collegamento. Quindi c’è un’esperienza importante da oltre 20 anni. Certo che oggi registriamo una connotazione particolare per la forza e la dimensione della manifestazione e la profondità delle ragioni della protesta”.
In Italia la protesta si è mossa sui binari della scuola, ma anche nel resto d’Europa si stima che almeno 300 mila studenti siano scesi in piazza. Come va interpretata la mobilitazione da parte dei ragazzi?
“Le ragioni delle manifestazioni erano molto più ampie e generali. Il sindacato europeo ha consentito che venissero esternati il malessere crescente, la fatica, l’esclusione sociale, la paura del futuro e la rabbia crescente, presenti in fasce sempre più estese della popolazione, soprattutto nei ragazzi”.
Quali conseguenze possiamo immaginare?
“A mio avviso, una prima conseguenza concreta forse c’è già stata. È saltata la conciliazione tra Parlamento europeo e Consiglio sul bilancio 2013. Non ci sono soldi per l’Erasmus, né per saldare partite di debiti legati al fondo di coesione. Non intendo dire che sia accaduto per le manifestazioni, ma di certo è sintomo di una difficoltà reale anche dell’Ue ad assumere decisioni”.
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