La Chisa celebra oggi la festa di San Giovanni Damasceno (memoria liturgica facoltativa). Si tratta di una figura non particolarmente conosciuta, ma molto importante non solo da un punto di vista religioso, ma anche storico e culturale.
Giovanni nacque a Damasco, intorno all’anno 676, quando la Siria era dominata dagli arabi già da una quarantina d’anni. La sua stessa famiglia era araba, ma di fede cristiana e prestava servizio presso il governo ommayyde.
Intorno all’anno 700 si ritirò presso il monastero di San Saba, nei pressi di Gerusalemme, dove venne anche ordinato sacerdote.
La sua figura è strettamente legata alla teologia dell’immagine che egli sviluppò per contrastare la politica dell’imperatore bizantino Leone III Isaurico che aveva vietato il culto delle immagini. Per questo motivo scrisse tre discorsi in difesa delle sacre immagini.
La sua apologia si va inoltre ad inserire nel contesto culturale del Medio Oriente, dove la religione islamica e quella ebraica non prevedevano la rappresentazione di immagini. La sua produzione letteraria dunque risulta particolarmente vivace e significativa.
Per il Damasceno, nel cristianesimo è possibile rappresentare delle immagini poiché il Verbo di Dio, invisibile, si è fatto carne, rendendosi visibile. Egli scrive infatti: “In altri tempi Dio non era mai stato rappresentato in immagine, essendo incorporeo e senza volto. Ma poiché ora Dio è stato visto nella carne ed è vissuto tra gli uomini, io rappresento ciò che è visibile in Dio”.
San Giovanni sostiene ancora che, grazie al mistero dell’incarnazione, il divino ha raggiungo l’umano salvandolo: “Io non cesserò perciò di venerare la materia attraverso la quale mi è giunta la salvezza. io venero e rispetto anche tutto il resto della materia che mi ha procurato la salvezza, in quanto piena di energie e di grazie sante”.
Come si può facilmente intuire, San Giovanni rifugge ogni tentazione di “spiritualismo”. Siamo spesso abituati ad accostarci alla religione come ad un qualcosa di astratto, di invisibile, di puramente spirituale, invece nella sua concezione ci si avvicina al divino attraverso la materia: “Non è forse materia il legno della croce tre volte beata? E l’inchiostro e il libro santissimo dei Vangeli non sono materia? L’altare salvifico che ci dispensa il pane di vita non è materia? E, prima di ogni altra cosa, non sono materia la carne e il sangue del mio Signore?”.
Tutta la materia ha per il Damasceno un valore salvifico e per la sua fede in Dio Creatore non potrebbe essere diversamente, poiché il Signore ha creato buone tutte le cose: “Non offendere dunque la materia: essa non è spregevole, perché niente di ciò che Dio ha fatto è spregevole”.
Benedetto XVI, a proposito dell’amore di Giovanni Damasceno per la materia, ha affermato: “Vediamo che, a causa dell’incarnazione, la materia appare come divinizzata, è vista come abitazione di Dio. Si tratta di una nuova visione del mondo e delle realtà materiali. Dio si è fatto carne e la carne è diventata realmente abitazione di Dio, la cui gloria rifulge nel volto umano di Cristo. Pertanto, le sollecitazioni del Dottore orientale sono ancora oggi di estrema attualità, considerata la grandissima dignità che la materia ha ricevuto nell’Incarnazione, potendo divenire, nella fede, segno e sacramento efficace dell’incontro dell’uomo con Dio”.
Leone XIII, un papa molto attento all’oriente cristiano, proclamò San Giovanni Damasceno “Dottore della Chiesa” nel 1980.