Qualcosa sta cambiando. È da un po’ che lo penso. È vero, camminiamo su strade dissestate e poco illuminate, tra muri imbrattati, auto che viaggiano a folle velocità anche in vie abitate. Spesso camminiamo senza guardare avanti a noi, un po’ perché siamo talmente indaffarati che non possiamo distrarci e un po’ perché bisogna evitare di calpestare i ricordini lasciati dai padroni dei cani. È vero, i cassonetti dell’immondizia traboccano di rifiuti, i parchi sono poco curati e abbiamo paura di fare brutti incontri. Mancano parcheggi e il traffico è insostenibile. A sentirmi descrivere il mio quartiere all’assemblea pubblica, forse non si va lontano nel descrivere anche altri quartieri, penso. I cittadini si sentono abbandonati e traditi dalla politica. È vero, sì, ma qualcosa sta cambiando. Lo avverto ascoltando le persone, ascoltando il loro entusiasmo, il desiderio di fare, di rendersi protagonisti nel piccolo. Lo avverto osservando il loro impegno e questo non può che attrarre, non può che invogliare. Si tratta di contagio, perché la sfera del possibile contagia. A guardare il bene che viene fatto, ci si rende conto che il bene è possibile. E questa possibilità coinvolge, rende partecipi, entusiasma. Parlo di un impegno sociale, laico, civile. Non si tratta di inventarsi l’idea geniale che poi tra il pensarla e il realizzarla ci passa il mare e spesso si scopre essere inutile. Si tratta di guardare la realtà, quella che ci sta davanti agli occhi, sulla via di casa, o lì intorno, e rispondere alle sue esigenze. Nei nostri limiti, certo, perché non tutto dipende da noi, ma quello che dipende da noi tocca farlo con il massimo impegno. Tutti: laici cattolici e non cattolici, per il bene comune. Gratis, senza neanche un grazie o un applauso, perché sarebbe già troppo. Farlo come un dovere, un servizio; umilmente. Farlo con la gioia negli occhi, perché quella è contagiosa. Dentro la fatica e l’impegno la gioia dice chi sei! E questa gioia io la vedo solo in chi si impegna con amore.
Laici cattolici e non cattolici, dicevo, ma io credo che i cattolici, ancor di più, dovrebbero trovare il coraggio di distinguersi nell’impegno sociale, trovare il coraggio di impegnarsi dentro le associazioni, nei comitati, in politica. Dovremmo essere cattolici in azione. Tutti insieme dovremmo fare azione cattolica perché questo è chiamato a fare un laico cattolico, azione cattolica. E per fare azione cattolica occorre uscire delle aule parrocchiali, occorre spostare l’attenzione dalle regole e dai principi, verso l’esperienza dell’incontro e impastarsi con la realtà.
Facciamo azione cattolica, impastiamoci con la realtà, perché la fede ci chiama alla realtà. Il Figlio di Dio si è impastato con la realtà, perché è dentro la realtà che siamo chiamati a vivere. Come ci raccomanda il Papa, però, dobbiamo avere sempre chiara la ragione del nostro agire perchè “capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune.” (Benedetto XVI – Porta Fidei) Noi cattolici in azione, quindi, non dobbiamo preoccuparci delle conseguenze perché ciò che ci muove non deve essere l’esito, ma la ragione iniziale, l’incontro con una Notizia che è Gesù stesso.
Mi piace concludere questa riflessione con una frase di Giuseppe Toniolo, uno dei tanti candidati alla santità promossi dall’Azione Cattolica (l’associazione) perché vero uomo di “azione cattolica”, professore universitario, impegnato nella vita sociale, padre di sette figli, uomo comune, come tutti noi credenti, ed è proprio a noi che si rivolge: “Noi credenti sentiamo, nel fondo dell’anima, che chi definitivamente recherà a salvamento la società presente, non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo. Anzi una società di santi”.
È proprio osservando questa goccia di società fatta di santi, e osservando chi in questi anni, nel mio quartiere, ha creduto in una possibilità di cambiamento, pur camminando tra strade dissestate e poco illuminate, tra muri imbrattati, auto che viaggiano a folle velocità, tra cassonetti dell’immondizia che traboccano di rifiuti, che mi viene da pensare che qualcosa stia cambiando e mi fa nascere dentro il desiderio di fare sempre più azione cattolica.
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Complimenti Ale, condivido tutto di ciò che hai detto e che vivi!
Complimenti Alessandro, anch'io condivido tutto, ed è bello quel passaggio che dice: "per fare azione cattolica occorre uscire dalle aule parrocchiali, occorre spostare l’attenzione dalle regole e dai principi, verso l’esperienza dell’incontro e impastarsi con la realtà"... IMPASTARSI CON LA REALTA'.