SIRIA – “In Siria la situazione si è fatta gravissima. Ad Aleppo il quartiere abitato dai cristiani è più o meno tranquillo. Il centro di Damasco, quello dentro le mura dove sono anche le chiese, non corre un pericolo diretto. Si sentono tuttavia spari, bombe provenire dalla periferia della capitale. Intorno alla città almeno tre villaggi abitati un tempo da cristiani sono ormai disabitati. I nostri fedeli sono ormai tutti andati via, le parrocchie si sono svuotate. Questa è la situazione dalla quale non vediamo via di uscita e soluzione”. Dal Libano, dove si trova per aver partecipato alla seconda Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Medio Oriente che si è conclusa il 5 dicembre, a parlare a Daniele Rocchi del Sir è il patriarca greco-melkita di Antiochia, Gregorios III Laham. Il leader religioso, di origine siriana, ricorda l’appello che i patriarchi e vescovi cattolici hanno lanciato al mondo, al termine del loro incontro in Libano, affinché si ponga “fine ai conflitti e alle violenze nella regione, in primis in Siria, ponendo in atto cammini di riconciliazione e di pace”. E “riconciliazione” è per Gregorios III, la chiave di volta che permetterebbe alla Siria di ricomporsi e ricostruirsi dal suo interno, a patto che “tutte le bande armate composte da stranieri, non da siriani, vicine ai terroristi, lascino il Paese al più presto. Non servono batterie di missili Nato ‘Patriots’, non servono arsenali chimici, non servono armi, per risolvere il conflitto in Siria, ma solo riconciliazione e dialogo”.
Patriarca, crede davvero che i siriani abbiano le possibilità e le capacità di risolvere da soli la loro crisi, con il dialogo e la riconciliazione?
“Certamente, ma è necessario che le bande armate straniere presenti oggi sul territorio siriano, lascino il Paese. È di questi giorni l’accusa lanciata da Francia e Usa a gruppi radicali terroristici attivi nel conflitto siriano. Si tratta di una presa di coscienza importante che denota un cambiamento nella politica di questi due Paesi. Sono molte le bande armate terroristiche che combattono in Siria, gente piene di odio. Non ce l’ho con l’Islam e nemmeno con il fondamentalismo islamico, ma con questi gruppi animati solo da violenza e odio. Sono loro che fanno del male alla Siria e ne impediscono la riconciliazione. La mia Lettera per il prossimo Natale è tutta sulla riconciliazione. Ricordo le parole di Benedetto XVI sulla Siria che invocano la riconciliazione ed il dialogo”.
Una eventuale richiesta di asilo politico all’estero, si parla di America latina, Ecuador, del presidente Assad, potrebbe favorire questa riconciliazione?
“Non saprei dire. Certamente è un tema che riguarda maggiormente la politica. Europa ed Usa facciano sentire la loro voce, unica, a favore della pace. Credo che la strada da perseguire sia quella del dialogo, l’alternativa è un futuro buio segnato dalle armi”.
A proposito di armi, crede che il regime di Assad possa davvero usare armi chimiche contro l’esercito dell’opposizione e contro il suo stesso popolo?
“Non credo. Il Governo ha detto con chiarezza che non userà armi chimiche e voglio crederci. D’altra parte ogni attacco da parte dell’esercito di Assad è stato una risposta ad attacchi portati dall’esercito dell’Opposizione armata. Mai l’esercito regolare ha attaccato, senza esserlo stato prima, e nemmeno i civili. Con ciò non voglio dire che non amo l’opposizione. Sono un cristiano che ama la verità ed il suo Paese e credo che solo il dialogo e la verità possono salvarlo. Nell’Opposizione ci sono molti che non sanno che cosa fanno perché non sono siriani ed ignorano la lunga tradizione di convivenza che anima il nostro popolo e vogliono spazzarla via”.
Come giudica la decisione della Nato di istallare batterie di missili patriot sul confine turco-siriano?
“Ogni escalation di violenza e di uso delle armi è una sconfitta per tutti. La Siria non ha bisogno di armi. I Paesi stranieri smettano di far arrivare armi nel Paese. Dove pensano di portarci con tutte queste armi. Vogliamo un Medio Oriente senza armi. Siamo solo vittime di questa escalation di morte e di violenza”.
Dall’inizio del conflitto i morti sono 42 mila, mentre centinaia di migliaia i profughi e gli sfollati. Cosa si sta facendo per alleviare le loro sofferenze?
“Come Patriarcato e chiese locali abbiamo promosso dei Comitati di aiuto. Assistiamo oltre 1500 famiglie grazie a dei fondi raccolti. Si tratta di un aiuto parziale poiché i bisogni sono notevoli e da soli non riusciamo. Ringraziamo ancora Benedetto XVI per gli aiuti concreti e spirituali che ci ha fatto pervenire in più di una occasione. L’aiuto materiale non basta servono anche preghiere e vicinanza spirituale. Per questo Natale chiediamo a tutti i cristiani di pregare per la Siria”.
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