REGIONE MARCHE – Dopo mesi di acceso dibattito, sia politico che sui territori, è stata approvata in Giunta la delibera che trasmette all’Assemblea legislativa l’adeguamento del Piano energetico regionale che contiene l’individuazione delle aree non idonee per la realizzazione di impianti a biomasse e biogas. La legge regionale del 19 ottobre 2012, n. 30, ha disposto che la Regione procedesse “alla individuazione delle aree non idonee alla installazione degli impianti alimentati da biomasse o biogas nell’ambito dell’atto di programmazione con cui sono definiti gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di Burden Sharing (..)”, definendo un termine di quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, entro cui adottare tale provvedimento. La delibera della Giunta regionale recepisce quindi gli obiettivi “Burden Sharing” al 2020, cioè gli obiettivi legati alle politiche energetiche europee, individuando le prime linee di indirizzo strategico, tra cui la diversificazione equilibrata delle fonti di produzione e consumo di energia e, nell’ambito di tale linea strategica, individua le aree e i siti non idonei alla installazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biogas e da biomassa solida e liquida. “La valutazione della non idoneità delle aree si è sviluppata prendendo in considerazione tre tipologie di impianto a biomassa (l’impianto alimentato a biogas, l’impianto alimentato a biomassa solida e l’impianto alimentato a biomassa liquida) – afferma l’assessore regionale all’Ambiente e Energia, Sandro Donati – Infatti, per quanto riguarda le taglie di potenza, l’analisi sviluppata, condotta sulla base del quadro tecnologico attuale, ha individuato negli impianti di piccola taglia (fino a 1000 kWe), la dimensione maggiormente compatibile con le caratteristiche del territorio e con la tipologia di domanda di energia della regione Marche e, in particolare, all’interno di tale potenza, i microimpianti (fino a 250 kWe per il biogas fino a 200 kWe per le biomasse) sono stati valutati come particolarmente adatti alla dimensione aziendale media delle imprese agricole regionali e fortemente integrabili con i fabbricati rurali. Questo atto per noi rappresenta un’importante sintesi delle tante componenti che andavano valutate per tutti i possibili impatti ambientali di questi impianti”. In conformità ai requisiti stabiliti dal DM 10 settembre 2010, l’atto contiene anche le disposizioni per la mitigazione degli impatti derivanti dalla localizzazione di tali impianti e i criteri di sostenibilità, al fine di garantire che l’insediamento e l’esercizio di tali tipologie d’impianti non comprometta o non interferisca negativamente con lo sviluppo agricolo, in particolare con quei territori legati alle produzioni di qualità, con il paesaggio, con la biodiversità, con la qualità dell’aria, con la politica di gestione dei rifiuti. Il documento di indirizzi è frutto anche della consultazione con gli Enti locali, le Associazioni di categoria e ambientaliste, avviata congiuntamente dall’assessorato all’Ambiente e all’Energia, con l’assessore Sandro Donati e dall’assessorato all’Agricoltura con il vice-presidente Paolo Petrini.