EUROPA – “È meglio discutere attorno a un tavolo che sul campo di battaglia”: con una frase pronunciata da Jean Monnet, uno dei “padri” dell’avventura comunitaria, il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, ha ben riassunto le radici e gli obiettivi dell’integrazione europea (la ricerca della pace dopo la seconda guerra mondiale) e le strade percorse per costruire la “casa comune” (principalmente la politica e la diplomazia). La cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace 2012 all’Unione europea, svoltasi a Oslo oggi, ha fornito l’opportunità per una lezione di ripasso, una “riflessione a voce alta” su quanto l’esperimento comunitario abbia rappresentato nel passato e ciò che in prospettiva da esso ci si può ancora attendere per il futuro.
Ieri, oggi e domani. La cerimonia, tenutasi nel municipio di Oslo, è stata aperta, alla presenza dei reali norvegesi, daThornbjorn Jagland, presidente del comitato che assegna il Nobel per la pace, il quale ha ricordato come l’Ue abbia alle spalle un lungo processo storico, che prende avvio nella riconciliazione tra Germania e Francia all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale. La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande, presenti alla cerimonia assieme a numerosi altri capi di Stato e premier europei, si sono alzati in piedi tenendosi per mano. “Con la crisi finanziaria in atto – ha affermato Jagland – l’architettura politica dell’Unione europea è più importante che mai”, per evitare il risorgere “di nuovi protezionismi e nuovi nazionalismi”. Jagland ha ripercorso le tappe dell’integrazione, il progressivo allargamento della comunità oltre i sei Paesi fondatori, le responsabilità collettive nel campo dell’economia, della pace, della difesa dei diritti fondamentali. Hanno quindi preso la parola il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e il capo dell’Esecutivo, Barroso. Al termine dei discorsi, la consegna ai rappresentanti Ue di una targa e una medaglia a ricordo, assieme a un assegno pari a 930 mila euro che, integrato dal budget Ue fino a raggiungere 2 milioni, sarà destinato a progetti a favore di bambini vittime delle guerre nel mondo.
Omaggio ai cittadini. “Ich bin ein european”: Herman Van Rompuy nel suo intervento durante la cerimonia, ha affermato, prima in tedesco poi in inglese, “io sono un europeo”, evocando il discorso del presidente americano John Kennedy, pronunciato a Berlino nel giugno 1963. Van Rompuy, in una lunga dissertazione, più volte interrotta dagli applausi, si è soffermato su alcuni momenti della storia recente e antica del Vecchio Continente, citando, fra gli altri, François Mitterrand, Helmut Kohl, Willy Brandt, ma anche il filosofo Erodoto. “Voglio rendere omaggio – ha specificato – a tutti gli europei che hanno sognato un continente di pace e a quelli che lo hanno reso una realtà”. Van Rompuy ha citato “Roma città eterna”, dove venne firmato il Trattato di istituzione della Cee; la visita del cancelliere tedesco Konrad Adenauer a Parigi nel 1951 come gesto di pacificazione con la Francia, la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la successiva “riunificazione” fra Europa dell’Est e dell’Ovest. Per Van Rompuy la specificità dell’Ue è “la sua capacità di mettere in relazione i nostri interessi comuni, così da rendere la guerra materialmente impossibile”. Il presidente ha anche affermato che “una politica noiosa è il piccolo prezzo da pagare” per ottenere accordi a livello europeo e pace tra gli Stati. E il pensiero è corso alle trattative che si svolgeranno al Consiglio europeo del 13-14 dicembre a Bruxelles per l’unione economica e monetaria e l’unione bancaria.
La figura di Wojtyla. Dal canto suo il presidente della Commissione Barroso ha inserito nell’olimpo dell’Unione europea – da intendersi come “comunità di valori” e quale progetto economico e politico fondato sulla pace e la solidarietà – anche Karol Wojtyla. Barroso ha citato papa Giovanni Paolo II tra i personaggi che hanno contribuito a far avanzare il cammino di “unità nella diversità”, aprendo i confini dell’Unione verso Est. “In oltre sessant’anni – ha aggiunto – il progetto comunitario ha dimostrato che è possibile che popoli e nazioni stiano insieme al di là delle frontiere nazionali”, assumendo anche una responsabilità nella stessa direzione su scala mondiale. Il capo dell’Esecutivo ha infine citato la moneta unica quale “simbolo” dell’Ue e “ci impegneremo – ha affermato – per difenderlo”.
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