ITALIA – “Siamo ad un bivio” che richiede di “lavorare insieme con intelligenza, trasparenza e onestà intellettuale”. Gualtiero Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane (www.osservasalute.it) nato per iniziativa dell’Università cattolica, commenta a Giovanna Pasqualin Traversa, per il Sir, la Relazione sullo stato sanitario del Paese 2011, presentata l’11 dicembre a Roma dal ministro della Salute Renato Balduzzi, secondo il quale, nel 2011 la spesa sanitaria pubblica italiana è cresciuta di appena l’1,6% annuo a fronte del 4% del complesso dei Paesi Ocse.
A seguito della riorganizzazione delle reti ospedaliere prevista dal Patto per la salute 2010-2012, i posti letto sono diminuiti del 4,3% (da 211.936 nel biennio 2009-2010 a 202.736 nel 2011). Sono 1.121 gli istituti di cura, di cui 596 pubblici ed equiparati, e 525 le case di cura private accreditate. Tra il 2009 e il 2011 le strutture pubbliche sono passate da 638 a 596 a causa di accorpamenti, riconversioni o chiusure che hanno riguardato soprattutto gli istituti con dotazione fino a 120 posti letto (-31).
Come valuta le misure adottate dal governo?
“Questo governo si è trovato nella difficile situazione di dover far contribuire alla manovra di rientro dei conti pubblici un settore che di per sé già spende molto meno rispetto ai principali Paesi Ocse, ma al di sotto certe cifre la sanità non può essere adeguatamente finanziata. La nostra spesa pubblica pro capite è inferiore del 30% rispetto a quella dei francesi e del 40% rispetto a quella tedesca. Pur evitando gli sprechi, è evidente l’impossibilità di garantire con queste risorse una buona assistenza medica. Gran parte della manovra, come ha spiegato il ministro, sarà giocata sui cittadini, sulla loro capacità di colmare questo gap attraverso i ticket, anche se non ritengo giusto addossare loro un compito che spetterebbe allo Stato”.
Secondo lei, i cittadini sono consapevoli della non sostenibilità del Ssn?
“Occorre maggiore trasparenza. Lo Stato dovrebbe ragionare sulle risorse disponibili attraverso il prelievo fiscale e precisare le prestazioni erogabili con tali risorse, chiedendo ai cittadini di contribuire per il resto, ma in funzione del proprio reddito: ai poveri non si può chiedere più di tanto. Per quanto riguarda il Ssn, una grande conquista di civiltà ma oggi in profonda crisi, siamo ad un bivio e non si può far credere all’opinione pubblica che il ridimensionamento degli sprechi, argomento emotivamente sensibile ma non decisivo, sia sufficiente a garantire un servizio migliore. La spesa sanitaria procapite, già in passato cresciuta meno della media Ocse, nel futuro è destinata a decrescere. Per l’anno in corso il taglio è di quasi 1 miliardo e mezzo; nel 2013 sarà di 2 miliardi e mezzo e nel 2014 di ulteriori 5 miliardi. Un trend che limiterà ulteriormente l’offerta dei servizi”.
Come si è arrivati a questo punto?
“Diversi gli errori compiuti in passato. Tra questi l’elaborazione di un sistema sanitario regionalizzato, fallimento epocale che ha di fatto moltiplicato per 21 i centri decisionali e, ad eccezione di alcune regioni ‘virtuose’ – Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria – che tuttavia oggi iniziano a trovarsi anch’esse in difficoltà, le altre sono commissariate e in piano di rientro”.
Uno dei dati che colpiscono di più l’opinione pubblica è la chiusura degli ospedali e il taglio dei posti letto…
“Una misura che risponde alla necessità di razionalizzare la rete dei servizi. Rispetto alla media europea abbiamo una rete ospedaliera in gran parte costituita da piccoli o piccolissimi nosocomi (50 – 60 posti letto) che oggettivamente non hanno più motivo di essere, e il governo ha offerto attraverso il regolamento in materia, peraltro non ancora approvato, un criterio uguale per tutti. A fronte della chiusura dei piccoli ospedali occorre però integrare l’offerta con una rete assistenziale di servizi sul territorio che garantisca continuità. Penso in particolare ai pazienti anziani cronici dimessi dopo un episodio acuto: senza una risposta intermedia tra ospedale e casa, si rischia di gravare di un peso insostenibile famiglie già provate”.
Un ulteriore nodo da affrontare, richiamato dal ministro Balduzzi, è l’attuazione della riforma della medicina di famiglia…
“Un passo importante nella giusta direzione di una maggiore collaborazione. Tuttavia se i medici di famiglia associati in una stessa practice (struttura, ndr) aperta 24 ore su 24, non vengono dotati di adeguati strumenti per analisi di laboratorio, diagnosi o interventi rapidi, i cittadini continueranno ad affollare i pronto soccorso degli ospedali. Non si tratta di un’operazione a costo zero; occorrono investimenti in personale, attrezzature, tecnologie”.
Rimane problematica la questione dei ticket…
“Nel 2014, alla luce del taglio ipotizzato di 5 miliardi, il ministro Balduzzi intravede per i ticket il rischio di un aggravio di altri 2 miliardi che ha paragonato ad una bomba. Occorre iniziare subito a lavorare alla razionalizzazione ‘intelligente’ di tutto il sistema per evitare il pericolo di discriminazione tra chi è in grado di pagare ticket anche di 100 – 150 euro per un esame complesso, e chi non lo è. Una realtà che in parte si sta già verificando e non è degna di un Paese civile”.