ITALIA – Aumentano le famiglie italiane in difficoltà per le spese legate alla casa, con grave rischio di cadere nel tunnel della povertà e aggravare l’emergenza abitativa. Nel 2012 (stima Istat su un campione di 40.000 famiglie) il 14,2% delle famiglie italiane è in arretrato con mutui, debiti diversi, affitti, bollette, rispetto al 12,8% del 2010. Il 17,9% non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione (rispetto all’11,2% del 2010). Nel giorno della scadenza del pagamento dell’Imu escono anche altre stime secondo cui le spese per la casa incidono sul 31,1% del bilancio familiare (Cgil), un dato triplicato rispetto al 1980. Secondo dati forniti dalla Fiopsd (Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora), su 47.648 persone senza dimora censiti in Italia – lo 0,2% della popolazione – il 63,9%, prima di finire in strada, in condizione di marginalità assoluta, viveva nella propria casa. Patrizia Caiffa, per il Sir, ne ha parlato con Marco Iazzolino, segretario generale della Fiopsd.
Si aggrava in Italia l’emergenza abitativa?
“Sì, la situazione è molto grave. Negli ultimi anni, soprattutto in seguito alla crisi economica, è peggiorata la povertà in Italia, Grecia e Spagna. Di conseguenza le famiglie non riescono più a pagare il mutuo e le spese della casa o l’affitto, con il rischio dello sfratto, entrando così nel tunnel della povertà. Molta gente finisce in strada per questo. Il problema degli sfratti, attualmente bloccati, è rilevante, ma è solo una parte di una questione molto più grande. I dati Istat ci dicono che il 12,3% degli italiani (rispetto al 6,7% del 2010) non può permettersi un pasto proteico almeno una volta ogni due giorni. Sono persone che hanno una casa e un lavoro. C’è quindi un impoverimento rapidissimo e generale”.
Esiste un rischio reale, anche per i proprietari di casa, di cadere in una situazione di povertà?
“Certo. Ricordiamo che i due terzi delle persone senza dimora italiane prima vivevano in una casa in affitto o in proprietà. Per ‘senza dimora’ in Europa non s’intende solo i cosiddetti ‘clochard’ ma tutte le persone che vivono in precarietà alloggiativa. Quello che diciamo sempre è che la dimora non è solo il tetto”.
In più quest’anno è arrivata la stangata dell’Imu…
“Questo aggrava certo la situazione. Bisognerebbe abbassare l’aliquota dell’Imu e aiutare i cittadini a non cadere nella spirale della povertà. Non bisogna minimizzare o nascondere i dati sul rischio di povertà ed esclusione sociale, perché la nostra situazione è simile a quella della Grecia e della Spagna. Molto drammatica”.
Cosa sta succedendo in Grecia e Spagna sul fronte abitativo?
“In questi Paesi stanno cercando d’incentivare l’acquisto di case da parte di pensionati del Nord Europa. Noi rischiamo di finire così, soprattutto se lasciamo che le banche facciano quello che stanno facendo. In Spagna le persone vengono cacciate dalla casa di proprietà ma condannate a pagare la restante parte di mutuo, pur non vivendo più in quella casa. Le loro case vengono date ai senza dimora ma alla fine a vincere sono le banche, che continuano a guadagnare comunque”.
Poi con la crisi tante nuove case rimangono invendute. Cosa pensa dell’housing sociale?
“Molti costruttori tentano di piazzare l’invenduto con l’housing sociale, ma bisognerebbe fare attenzione. Altrimenti queste zone rischiano di diventare delle nuove aree di marginalità, come alcuni quartieri periferici delle grandi città”.
Molti Comuni stanno anche vendendo gli alloggi popolari…
“La questione degli alloggi popolari è delicata: i Comuni vendono oppure sfrattano centinaia di migliaia di persone che non riescono nemmeno a pagare affitti di 59 euro al mese. In un ipotetico grande piano d’azione nazionale per svendere le case popolari sarebbero sempre le banche a guadagnarci, indebitando le persone con mutui a vita. Tutto ciò che era ordinario, ora non lo è più. Bisogna approfittare della crisi per cambiare l’abitare sociale, fare in modo che sia sostenuto da politiche abitative serie”.
Come Fiopsd quali sono le vostre proposte per i senza dimora?
“Siamo attivi su più fronti. Un modello di risposta per il contrasto alla condizione dei senza dimora è il cosiddetto ‘housing led’. È suggerito con forza anche dalla Commissione europea. La difficoltà attuale, che si sta cercando di affrontare, è che gli homeless di solito hanno un percorso di cura e inclusione sociale a scalini: bassa soglia, dormitorio, interventi più specifici fino ad arrivare a un alloggio autonomo, attraverso l’assegnazione di una casa. Tutto questo comporta un grande impiego di risorse con risultati molto scarsi. È stato calcolato che su 100 persone solo 20 riescono a superare questo scalino. Però è un buon modo di pensare sociale. Perché le persone senza dimora non hanno solo il problema di pagare l’affitto. Spesso soffrono anche di disturbi psichici. Hanno quindi bisogno di un’assistenza sociale diversificata, creando intorno a loro una rete di sostegno e di recupero sociale”.
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