Di Padre Gabriele di Niccolò
MONDO – Ormai da tempo imperversa sui mezzi di comunicazione la storia della “profezia” dei Maya sulla presunta previsione della fine del mondo per il 21 dicembre 2012. Molti tendono a dare credito a ciò, si lasciano prendere da preoccupazione o addirittura paura, c’è perfino chi dà credito alla diceria che occorra rifugiarsi in un determinato luogo (un borgo della Puglia indicato da guru orientali?).
Al di là dell’opportunità per persone razionali e capaci di riflessione critica di dare credito a certe dicerie e interpretazioni di scritti o segni lasciati da popoli lontanissimi da noi del tempo (perché proprio i Maya e non altri sarebbero stati capaci di prevedere la fine del mondo, in base a quali presunti poteri?), ci si deve domandare quale atteggiamento deve assumere il credente cristiano in riferimento alla fine del mondo e ciò non può essere lasciato al pensiero soggettivo di tizio o caio, ma occorre fare riferimento alla stessa Rivelazione di Dio che troviamo nella Bibbia.
La Bibbia, che per i cristiani è “Parola di Dio”, attesta che la realtà del mondo presente avrà una fine, che vi sarà una profonda trasformazione, ma non pretende mai di fissare i tempi, lasciando a Dio solo il sapere tutto ciò.
Nei Vangeli Gesù parla di una fine con un linguaggio “apocalittico”, ciò attraverso segni, attraverso parole di difficile lettura e comprensione, talora del tutto misteriose. In certi passi si capisce che Gesù si riferisce alla fine di Gerusalemme, città santa per il popolo ebreo e poi anche per i cristiani (ora lo è anche peri musulmani), cosa che avverrà nell’anno 70 d.C. ad opera dei romani, altrove invece parla di una fine più in generale. Gesù preannuncia catastrofi naturali (terremoti, carestie, pestilenze ecc.) e guerre, ma queste realtà vi sono sempre state nella storia e continuano ad accadere e lo stesso Gesù si preoccupa di aggiungere subito che tali cose “devono accadere” ma “non sarà subito la fine”. E’ chiaro poi che quando andiamo ad interpretare la parola “fine” non possiamo farlo a modo nostro e con categorie nostre.
Anzi Gesù precisa chiaramente: “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino“. Non andate dietro a loro! (Luca 21,8). E dice ancora il Vangelo: 3Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: “Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo”. 4Gesù rispose loro: “Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno.” (Matteo 24,3-5). Inoltre Gesù afferma che prima il Vangelo dovrà essere annunciato in tutto il mondo e ciò è ben lungi dall’essere compiuto, vi è ancora tanta parte di umanità cui non è ancora arrivata la buona notizia del Vangelo. Ma l’affermazione più significativa ci pare essere quella in cui Gesù afferma: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre” (Matteo 24,35-36; vedi anche Marco 13, 31-32).
Nella storia, del resto, vi sono stati non di rado “falsi profeti” (pesudoveggenti, santoni, sette, ecc.) che hanno preteso di fissare l’anno (quando non anche il mese e il giorno) in cui doveva finire il mondo, previsioni puntualmente smentite dalla realtà dei fatti. Famosa quella dell’anno 1000: si era ampiamente diffusa in occidente l’idea che doveva finire il mondo in quell’anno, in base a quanto letto nei vangeli apocrifi (testi mai approvati dalla Chiesa e non accolti nel canone dei libri sacri) e ad una errata interpretazione dell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse. Idea che ebbe delle conseguenze piuttosto devastanti: Negli ultimi anni i raccolti erano andati sempre assottigliandosi, in quanto i contadini, tradizionalmente i più portati a credere ai sermoni, lavoravano in modo sempre più svogliato, perché convinti di avere ancora molto poco da vivere. I soldati non combattevano più con il dovuto ardore, ed inoltre il tasso di criminalità aveva subito un’impennata paurosa, perché coloro che non credevano in una possibilità di vita ultraterrena, ma che si erano convinti ugualmente dell’approssimarsi della fine del mondo, si davano da fare per commettere ogni genere di nefandezze, convinti che anche nel caso di arresto avrebbero avuto ben poco da perdere. Note anche le diverse previsioni fissate dalla Società Torre di Guardia (Testimoni di Geova) in anni successivi, sempre puntualmente fallite e smentite dalla realtà.
Ciò che allora ci pare più importante, come affermavamo all’inizio, è dire quale deve essere l’atteggiamento dei cristiani, di chi crede in Gesù e nella sua Parola di fronte a tutto ciò. Possiamo dire anzitutto, in accordo con alcuni padri della Chiesa dei primi secoli, che Gesù voglia distogliere i credenti da qualsiasi forma di inopportuna curiosità – solo Dio conosce i tempi e i momenti e non si comprende perché lo debba rivelare a qualche uomo o a qualche popolo, se, come dice Gesù nel vangelo citato sopra, neppure gli angeli lo sanno, e nemmeno lui come “Figlio dell’uomo”, cioè come Dio fattosi uomo, si lasciò prendere da una tale curiosità ma lasciò tutto alla decisione e alla volontà del Padre celeste – e voglia inculcare l’idea che si debba essere sempre preparati, cioè impegnati a vivere la Parola del Vangelo in ogni luogo e in ogni tempo e a fare ciò che Dio vuole. Dunque per il cristiano non ha motivo di essere alcun atteggiamento di paura e preoccupazione: tutto è nelle mani di Dio che è Padre e in Lui occorre porre ogni fiducia.
L’atteggiamento giusto è proprio quello della vigilanza che il Vangelo indica e che questo tempo dell’Avvento richiama: “siate svegli”, “vigilanti” e non lasciatevi addormentare e appesantire i cuori. Del resto per ciascuno c’è comunque una fine che è la fine del proprio mondo, cioè la morte personale, fisica, di cui nessuno conosce il momento, solo Dio.
Il cristiano vero, allora, respingendo ogni tentazione di curiosità e qualsiasi forma di inopportuna paura e agitazione, si trova impegnato sempre a compiere il bene, ad amare concretamente il prossimo, a rendere onore e gloria al suo Dio, sapendo che Egli è misericordioso e grande nell’amore, sempre.