Come i Magi. “Nell’educazione alla fede – chiarisce il presule – tutto nasce dall’amore. È per amore che Dio si è rivelato agli uomini col desiderio di farli partecipi della Sua vita”. Educare alla fede vuol dire “far conoscere credibilmente quest’amore con la testimonianza della parola e della vita. Educarsi alla fede, a sua volta, significa accettare la sfida di mettersi alla ricerca dell’infinito amore, aprendosi a tutti gli aiuti possibili sulla via dell’incontro con Dio”. Come icona dell’educazione alla fede, mons. Forte sceglie la storia dei Magi, che dal lontano Oriente vanno a Betlemme, guidati da una stella. “I Magi – spiega – sono figura di quanti, muovendo dalle esigenze originarie, costitutive dell’essere umano, vanno verso la Città indissolubilmente congiunta alla rivelazione divina nella storia, Gerusalemme. Non si azzarderebbe, allora, nel riconoscere nei Magi la figura di ogni onesto cercatore di Dio”. Il richiamo alla provenienza da Oriente dice che “non si va alla ricerca di Dio senza prendere una decisione, senza fare un taglio, sradicandosi dal contesto rassicurante del piccolo universo che ci è proprio, per aprirsi al rischio della ricerca del Volto desiderato e nascosto”.
Guidati da una stella. Come per i Magi, “a guidare il cammino dei pellegrini c’è una stella”. Questo significa che “il percorso si svolge anzitutto di notte: la via verso la fede non è inizialmente un itinerario luminoso. Occorre avanzare nell’oscurità, pellegrini verso la luce, di cui la stella è annuncio e promessa”. Ma cos’è la stella? “C’è un linguaggio di Dio nella natura e nelle vicende umane che dobbiamo imparare a conoscere”, osserva l’arcivescovo. Non solo: si tratta anche dei “segni dei tempi” con cui “il Signore raggiunge i cercatori del Suo volto per indicare loro la strada nella complessità delle opere e dei giorni”. La stella “compare a guidare il cammino dei cercatori di Dio, affacciandosi nei segnali di attesa che spesso gli uomini manifestano sulla via della ricerca di un senso da dare alla vita e di una giustizia più grande per tutti, oltre che nelle testimonianze di amore che tante volte illuminano perfino le situazioni più tristi e difficili. Inoltre, seguire la stella per andare verso il Bambino che nascerà lì dove essa si poserà, vuol dire anche uscire da sé per andare verso l’altro, soprattutto piccolo e debole”. Tuttavia, “bisogna ammettere che questo ‘ascolto del mondo’ non sempre è facile” e “la notte che copre la storia talvolta è veramente buia”. Ecco, allora, che “il Signore ci offre un aiuto decisivo per arrivare a credere in Lui: si tratta della Sua Parola, della rivelazione storica del Suo Volto, che si è compiuta attraverso eventi e parole intimamente connessi, di cui ci dà testimonianza la storia della salvezza, presentata nella Bibbia”.
L’incontro che cambia tutto. L’incontro dei Magi con Erode mostra che la tentazione è “in agguato”. “Sulla via della ricerca di Dio – chiarisce mons. Forte – il vero possibile rischio è fare del nostro ‘io’ e delle sue ambizioni l’idolo cui sacrificare ogni cosa. Questa tentazione può presentarsi nelle forme più diverse, ma la molla che vi agisce è sempre la stessa: l’orgoglio. È la tentazione diabolica, la pretesa di voler essere come Dio, quella che raggiunse la creatura umana sin dal primo mattino del mondo”. Perciò, “il cercatore di Dio o sarà umile e impegnato a vincere le trappole dell’orgoglio, o non arriverà mai alla meta, sciupando quanto di più bello può esserci nell’esistenza umana”. Nell’incontro, poi, dei Magi con il Bambino ci sono “le caratteristiche fondamentali dell’incontro con Dio, grazie al quale cambia tutto”. Innanzitutto, “s’affaccia la gioia: incontrare l’Amato, desiderato e cercato, è fonte di grandissima gioia, perché vuol dire sentirsi raggiunti da un amore infinito, da un’indicibile bellezza”. Ma, avverte l’arcivescovo, “senza la comunione vissuta nella Chiesa Madre, l’educazione alla fede rischia di naufragare nell’individualismo o nell’evasione consolatoria!”. Mons. Forte ricorda, poi, “i due atteggiamenti fondamentali della preghiera, espressione e nutrimento della fede”: “umiltà e stupore adorante”. Infine, i Magi fecero ritorno al loro paese, facendo un’altra strada. Qui “due aspetti vanno sottolineati”: innanzitutto, “l’incontro con Dio – sostiene il presule – non ti fa evadere dalla storia, dagli impegni della tua quotidianità e dalle responsabilità a cui sei stato chiamato”. In secondo luogo, “il ritorno alla vita ordinaria dopo l’incontro con il Signore avviene ‘per un’altra strada’. Sei lo stesso, eppure non sei più lo stesso, se hai incontrato il Dio vivente” perché sei diventato “una creatura nuova”.