CHIESA – I temi della famiglia, della dualità uomo-donna, del dialogo nelle parole di papa Benedetto nel tradizionale incontro di fine anno con la Curia romana per gli auguri di Natale. Discorso nel quale ha messo al centro proprio il tema della famiglia: c’è una crisi che la “minaccia fino alle basi”, ha affermato; ma nonostante tutto la famiglia “è forte e viva anche oggi”. Durante i lavori del recente Sinodo dei vescovi si è più volte evidenziata l’importanza della famiglia nella trasmissione della fede: “Così si è reso evidente che nella questione della famiglia non si tratta soltanto di una determinata forma sociale, ma della questione dell’uomo stesso, della questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto. Le sfide in questo contesto sono complesse”.
Il Concilio, dunque, lancia uno sguardo in prospettiva su quanto accade attorno alla famiglia. Si sofferma su quelle questioni, quali difesa della vita e divorzio, allora in primo piano e che poi sarebbero andate a far parte del documento che papa Paolo VI avrebbe affidato alla Chiesa, tre anni dopo la conclusione del Vaticano II, con il titolo “Humanae Vitae”. Enciclica che risente delle discussioni dell’assise conciliare a partire dalla santità del matrimonio, per giungere all’amore coniugale correttamente inteso, alla fecondità e al rispetto della vita. Proprio quest’ultimo aspetto sarà quello che costerà a papa Montini le più dure critiche.
Torniamo ora alla riflessione di Benedetto XVI. Il Papa pone una serie di domande: “Può l’uomo legarsi per tutta una vita? Corrisponde alla sua natura? Non è forse in contrasto con la sua libertà e con l’ampiezza della sua autorealizzazione?”.
Domande che nascondono altre questioni non meno importanti. E già il Concilio si era posto sul piano dell’ascolto dei “segni dei tempi” per “scrutarli” e “interpretarli alla luce del Vangelo”, in modo da poter rispondere “ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto”. Di più, i profondi e rapidi cambiamenti si ripercuotono sull’uomo, “sui suoi giudizi e desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e agire sia nei confronti delle cose che degli uomini”. E come spesso accade “in ogni crisi di crescenza” l’uomo “si sforza di penetrare nel più intimo del suo animo, ma spesso appare più incerto di se stesso. Scopre man mano più chiaramente le leggi della vita sociale, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi”.
Parole che troviamo nella “Gaudium et Spes” e che rimandano ai tanti interventi che nel tempo i Papi hanno svolto proprio per accompagnare la vita delle comunità, non solo di quelle cristiane. E per tornare ancora alle parole di Benedetto XVI alla Curia romana, un altro tema da lui evidenziato è stato proprio il rapporto uomo-donna, una dualità, afferma, che è messa in discussione dalla filosofia del gender, cioè del genere, della sessualità uomo-donna. È chiaro che il tema gender non è presente nelle riflessioni dei padri conciliari e, dunque, nei documenti del Vaticano II. Ma trova invece cittadinanza tutta una serie di questioni, come abbiamo anche visto, che vanno dalla difesa della famiglia, a quella della vita umana; dall’eliminazione di ogni discriminazione nei diritti fondamentali della persona in ragione del sesso, all’armonizzazione dei processi produttivi con le esigenze delle persone e della famiglia.
È interessante notare come il Papa riflette su questo argomento, partendo dalla questione del rifiuto del legame che, dice, “si diffonde sempre più a causa di un’errata comprensione della libertà e dell’autorealizzazione”. In questo contesto “l’uomo rimane chiuso in se stesso e, in ultima analisi, conserva il proprio ‘io’ per se stesso, non lo supera veramente”.
Ecco che, allora, la filosofia del gender evidenzia che il sesso “non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi”. L’uomo, in ultima analisi, “nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela”. Proprio il Concilio sottolinea che “Dio non creò l’uomo lasciandolo solo: fin da principio uomo e donna li creò. E la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone. L’uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti”. E più avanti, sempre nella “Gaudium et Spes” si legge che “non è lecito all’uomo disprezzare la vita corporale, anzi questi è tenuto a considerare buono e degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla resurrezione nell’ultimo giorno”.
È evidente il linguaggio diverso dai nostri giorni, parole che sono inanellate differentemente, ma il senso è molto chiaro e va in sintonia con la riflessione di Benedetto XVI, per il quale “dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo”.
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