In più occasioni ci siamo dissociati da quello che abbiamo definito un “cattolicesimo contro“, cioè una forma di cristianesimo in perenne lotta, a prescindere, col mondo moderno. E il nostro essere contrari al “cattolicesimo contro” non vuole essere paradossale, ma vuole indicare quale, secondo noi, sia la via più giusta per essere cattolici oggi.
Lo rimarchiamo per chi magari non abbia letto i precedenti articoli su questo tema. Crediamo che il cattolicesimo sarà determinante per la vita civile e culturale del nostro paese e del mondo intero solo se saprà esprimersi in termini positivi. Noi cattolici oggi dobbiamo riscoprire e, conseguentemente, anche annunciare e testimoniare l’immenso contributo che la nostra fede ha dato a tutta l’umanità.
Solo per fare degli esempi, ma se ne potrebbero fare molti altri, dovremmo riscoprire quanto la nostra fede nella Creazione abbia contribuito positivamente nella nascita della scienza, oppure quanto la dottrina dell’incarnazione abbia influito sullo sviluppo delle arti figurative. Oppure possiamo pensare a come la credenza in un Dio Padre abbia aperto la strada al riconoscimento dell’uguaglianza di tutti gli uomini.
Solo in questo modo potremo continuare ad essere determinanti nella società. Certamente oltre a questo opera di diffusione dei sani principi del cattolicesimo sarà necessaria anche l’apologetica, cioè la difesa, svolta sul piano della ragione, della fede che proponiamo. Questa difesa si rende necessaria perché molti uomini, non solo non accettano la dottrina cristiana, ma addirittura la contrastano.
Se per esempio, qualcuno negherà la paternità di Dio e conseguentemente l’uguaglianza di tutti gli uomini, i cattolici non potranno fare a meno di difendersi e quindi fare opera apologetica. Quello che vogliamo dire è che domani, come oggi e come ieri, i contenuti della fede (teologia fondamentale) non potranno essere scissi dalla difesa di essa (apologetica).
Queste due discipline, la teologia fondamentale e l’apologetica, devono andare, per usare un’espressione popolare, a braccetto. Che cosa hanno fatto invece i “cattolici contro”? Hanno battuto la strada dell’apologetica dimenticando quella della teologia fondamentale. Essi dunque si trovano sempre contro qualcuno.
Fra gli uomini di cultura che hanno intrapreso questa via c’è anche il Prof. Giovanni Zenone. Zenone ha fondato la casa editrice “Fede e cultura” ed è stato per lungo tempo docente di Religione Cattolica della diocesi di Verona fino a quando la curia gli ha revocato l’idoneità all’insegnamento per alcune sue prese di posizione.
Parliamo di questo caso con dolore perché non si può disconoscere al Professor Zenone un indubbio zelo. La sua casa editrice ha pubblicato numerosi volumi di cui molti di ottima e pregevole qualità. Il nome stesso della realtà a cui ha dato vita è benemerito in quanto invita a coniugare la propria fede con la cultura cioè con quanto di meglio l’uomo sa esprimere ed esternare di se stesso.
Tuttavia non poche volte il professore si è espresso in diversi articoli in modo aspro e pungente non usando quella prudenza che egli stesso ritiene viltà come anche affermato in un suo recente articolo http://www.giovannizenone.com/2012/12/prudenza-o-vigliaccheria.html?m=1
Proprio in questo pezzo, Giovanni Zenone gioca ad uno dei giochi preferiti dai “cattolici contro”: voler essere più papisti del Papa! Egli definisce Papa Pio IX vile per non aver riabilitato Antonio Rosmini in una controversia che lo aveva visto contrapposto ai Gesuiti e non esita ad attribuire lo stesso difetto all’attuale pontefice visto che conclude affermando: “Il vizio della viltà spacciata per prudenza è cresciuto oggi a dismisura nella Chiesa, e non ha abbandonato nemmeno la sede più alta del clero, come già la infestava allora”.
Ora ci sembra francamente inaccettabile definire vili due grandi Pontefici come Pio IX e Benedetto XVI! Il primo ha difeso con coraggio i diritti della Santa Sede e della Chiesa in modo eroico e l’attuale Pontefice con il suo magistero si sforza di contrastare gli errori del relativismo.
Vorremmo un cattolicesimo senza inutili aggettivi, né progressista né conservatore, perché la vita della Chiesa si deve svolgere in un’armonia fra la trasmissione di ciò che è antico l’apertura a ciò che è nuovo come indicato dalla parabola evangelica dello scriba che estrae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove (cfr. Mt 13,51.52).
Concludiamo con le brillanti parole dello scrittore Vittorio Messori che ha magistralmente dipinto quale sia l’errore dei “cattolici contro” in questo articolo in cui parla dei lefebvriani (ai quali i “cattolici contro” sostanzialmente si ispirano):
“… I lefebvriani denunciano soprattutto la «protestantizzazione» della Chiesa di Roma, sia nella dottrina del Vaticano II, sia nella sua applicazione concreta. Ma è una denuncia, la loro, che rischia di rifarsi proprio alle categorie di Lutero, di Calvino, di Zwingli: il tradimento, cioè, dell’ortodossia da parte del Magistero, l’allontanamento dalla lettera del Vangelo e dall’insegnamento dei Padri, l’inquinamento liturgico e pastorale. Da qui, la necessità di un ritorno alla Tradizione autentica, scrostandola da sovrastrutture recenti. Ma è un appello, questo, che sembra creare paradossali sintonie tra i Riformatori del Cinquecento e i Tradizionalisti del Duemila. E, invece – per il cattolico che sia consapevole della logica del cattolicesimo – la sola «vera» Chiesa è quella effettivamente esistente; il solo Magistero «autentico» è quello dei Pastori del momento; la sola Tradizione è quella che vive nel Papa regnante. Cattolico è riconoscersi nella Chiesa «così come sta» (pur non rinunciando, s’intende, alla sforzo per sempre migliorarne il volto umano); è il viverne la vita concreta senza inseguire schemi illusori di una «purezza» ideale; è l’essere fedeli al Credo di sempre, accettandone però l’approfondimento, l’ attualizzazione, per i quali la Gerarchia ha un misterioso carisma, garantito dallo Spirito Santo. Non vi è scisma od eresia che non nascano dall’insofferenza della realtà ecclesiale concreta e dalla ricerca di un vangelo «puro», dalla richiesta di pastori davvero «fedeli» al progetto di Cristo, dalla nostalgia di una Tradizione «autentica»: ma questa è la strada che porta alla setta, al gruppuscolo, alla chiesuola. Il cattolico, invece, tra polvere e sudore, cammina tra la folla del grande popolo, dove grano e zizzania, santità e infamia sono mescolati in modo inestricabile ma dove la Gerarchia – designata, crede la fede, dallo Spirito stesso – può incappare in incertezze, arresti e magari equivoci ma non può condurre fuori strada il gregge affidatole”.