“Violenza”, “fanatismo”, “falsificazione della religione”. Sono queste le principali conseguenze dell’”oblio di Dio” e dell’”ignoranza del suo vero volto”. A parlarne è stato oggi Benedetto XVI, che nel tradizionale discorso di inizio d’anno al Corpo diplomatico ha ricordato che “la pace non sorge da un mero sforzo umano, bensì partecipa dell’amore stesso di Dio. Ed è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare violenza”. “Dire a tutti e a ciascuno che nel rispetto del diritto naturale, nell’ascolto delle altrui e delle proprie convinzioni più intime, nel coraggio necessario per lottare contro tutti i mali da qualunque parte provengano risiede l’avvenire di tutte le nostre civiltà e la speranza di un’umanità riconciliata con se stessa”. Questo il compito della Chiesa, secondo il vicedecano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Jean-Claude Michel, al quale il decano Alejandro Valladares Lanza ha dato subito la parola, dopo un breve cenno di saluto al Santo Padre. “L’intolleranza e il terrorismo – ha affermato Michel – non avranno mai l’ultima parola se lotteremo con tutte le nostre forze per sradicare le tentazioni oscurantiste dell’umanità”. Di qui l’opportunità di “ogni iniziativa tesa a favorire un dialogo interreligioso e costruttivo che sia il germe di una nuova società umana pluriculturale fondata sui valori comuni ad ogni individuo”. A questo proposito, il vicedecano ha deplorato gli attacchi “portati alla famiglia e al rispetto della vita”, attraverso leggi tese a “imporre alle coscienze una nuova definizione di famiglia, negando a un bambino il diritto ad avere un padre e una madre, e non solamente dei genitori, incitando i malati a precipitarsi nella morte piuttosto che a battersi per la vita”.
L’oblio di Dio e gli appelli per la pace. “Come si può evitare che la violenza diventi la regola ultima dei rapporti umani?”, si è chiesto Benedetto XVI, secondo il quale “senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace”. Per il Papa, l’oblio di Dio e l’ignoranza del suo vero volto “è la causa di un pernicioso fanatismo di matrice religiosa, che anche nel 2012 ha mietuto vittime” e che rappresenta “una falsificazione della religione stessa”. Di qui l’appello alle autorità civili e politiche, in particolare, per la Siria, per “porre fine a un conflitto che, se perdura, non vedrà vincitori, ma solo sconfitti, lasciando dietro di sé soltanto una distesa di rovine”. Appello anche per la Terra Santa, affinché si arrivi ad “una pacifica convivenza nell’ambito di due Stati sovrani, dove il rispetto della giustizia e delle legittime aspirazioni dei due popoli sia tutelato e garantito”. Non è mancato un appello accorato per la Nigeria, teatro di attentati terroristici contro i cristiani “riuniti in preghiera, quasi che l’odio volesse trasformare dei templi di preghiera e di pace in altrettanti centri di paura e di divisione”.
Prima la vita. Nella parte centrale del suo discorso, Benedetto XVI ha ricordato che “la costruzione della pace passa per la tutela dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali”, primo fra tutti “il rispetto della vita umana, in ogni sua fase”. A questo proposito, il Papa ha salutato con favore la Risoluzione del Consiglio d’Europa che ha chiesto la proibizione dell’eutanasia, mentre ha stigmatizzato quei Paesi in cui “si è lavorato per introdurre o ampliare legislazioni che depenalizzano o liberalizzano l’aborto”. “Preoccupazione”, infine, anche per la decisione della Corte Interamericana dei Diritti umani relativa alla fecondazione in vitro, che “ridefinisce arbitrariamente il momento del concepimento e indebolisce la difesa della vita prenatale”.
Non rassegnarsi. “Non rassegnarsi” allo “spread del benessere sociale”, mentre “si combatte quello della finanza”: questa la “ricetta” del Papa per la crisi, per vincere la quale “occorrere recuperare il senso del lavoro e di un profitto ad esso proporzionato”. Altro compito “urgente”, “formare i leaders” del futuro: “Anche l’Unione europea – ha detto il Papa – ha bisogno di rappresentanti lungimiranti e qualificati, per compiere le scelte difficili che sono necessarie per risanare la sua economia e porre basi solide per il suo sviluppo”. “Da soli alcuni Paesi andranno forse più veloci, ma, insieme, tutti andranno certamente più lontano”, ha ammonito il Papa deplorando “le crescenti differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri”.
Persone giuste. “Per affermare la giustizia, non bastano buoni modelli economici, per quanto essi siano necessari”, perché “la giustizia si realizza soltanto se ci sono persone giuste”, ha spiegato il Papa: “Costruire la pace significa educare gli individui a combattere la corruzione, la criminalità, la produzione e il traffico della droga, nonché ad evitare divisione e tensioni, che rischiano di sfibrare la società, ostacolandone lo sviluppo e la pacifica convivenza”. La pace sociale, inoltre, “è messa in pericolo anche da alcuni attentati alla libertà religiosa”, da “marginalizzazioni della religione nella vita sociale” e da casi “di intolleranza, o persino di violenza nei confronti di persone di simboli identitari e di istituzioni religiose”. Per salvaguardare l’esercizio della libertà religiosa è quindi “essenziale rispettare il diritto all’obiezione di coscienza” sui principi “di caratteri etico e religioso, radicati nella dignità stessa della persona umana”, che sono come i “muri portanti di ogni società che voglia essere veramente libera e democratica”.
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