MILANO – “Questo Memoriale, con le attività ad esso collegate dice non solo per la nostra città, ma a tutto il Paese, che la memoria non è puro ricordo ma opera di edificazione del presente”. Così il card. Angelo Scola all’inaugurazione del Memoriale della Shoah alla Stazione centrale di Milano, precisamente al “Binario 21” da dove partivano i treni carichi di vittime innocenti verso i campi di sterminio nazisti. “Nel frangente spesso doloroso di transizione che l’umanità sta vivendo il legame tra ebrei e cristiani è chiamato ad un compito improcrastinabile. Quello di essere un terreno fecondo in cui possa mettere radici e svilupparsi l’incontro e il confronto tra i membri di tutte le religioni e mondovisioni, a partire dagli altri figli di Abramo, i musulmani”. “Essi sono in comunione misteriosa ma reale con noi. Ce lo ricordano i superstiti, i parenti, gli amici e i tanti cittadini di buona volontà di questa nostra amata Milano”. Il pensiero dell’arcivescovo era rivolto “a quanti hanno avuto barbaramente strappata la vita nei campi di sterminio, sia ebrei, sia deportati politici” e anche ai superstiti, ai parenti, agli amici e ai cittadini di Milano. “Questo Memoriale, con le attività ad esso collegate – ha continuato il porporato – dice non solo per la nostra città, ma a tutto il Paese, che la memoria non è puro ricordo ma opera di edificazione del presente”.
Una Chiesa è rattristata per l’odio. Nel ricordare “le responsabilità storiche di taluni figli della Chiesa di fronte alle tragiche ingiustizie compiute contro i membri del popolo ebraico”, il cardinale ha citato il Beato Giovanni Paolo II che, nella storica visita al Mausoleo di Yad Vashem a Gerusalemme (23 marzo 2000) affermò che “ la Chiesa cattolica, motivata dalla legge evangelica della verità e dell’amore e non da considerazioni politiche, è profondamente rattristata per l’odio, gli atti di persecuzione e le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli ebrei da cristiani in ogni tempo e in ogni luogo”.
Gesti di carità e assunzione di responsabilità. Non è mancato un riferimento alle testimonianze di condivisione di molti cattolici della sofferenza immane delle vittime di una violenza sconvolgente. “Nella storia di Milano degli ultimi decenni – ha infatti aggiunto il porporato – non manca certo la documentazione di innumerevoli gesti di carità tra i nostri popoli ma, come giustamente sottolineò il card. Jean-Marie Lustiger, uno dei più autorevoli interpreti del dialogo tra giudei e cristiani, non è il caso in questa sede di sottolineare l’opera dei cristiani”. A questo proposito ha citato un monito del cardinale di Parigi: “Come si potrebbe evitare in tal modo la tentazione – magari inconscia – di autogiustificarsi?”. E sempre il card. Lustiger invitava a “prendere atto della ferita dell’altro e (…) portarne il peso accettando la propria responsabilità”.
Stare umilmente di fronte alla differenza. Proseguendo nella riflessione l’arcivescovo di Milano ha richiamato la dichiarazione “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II: “Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo» aggiungendo che “se da una parte questa convinta affermazione chiude la strada ad ogni opposizione tra cristianesimo ed ebraismo, dall’altra chiede anche di stare umilmente di fronte a tutta la portata della loro differenza individuando con pazienza nuovi necessari passi di cammino comune”.
Una città di incontro di fedi e le mondovisioni diverse. Il cardinale si è poi soffermato sulla situazione attuale “Nel frangente spesso doloroso di transizione che l’umanità sta vivendo – ha sottolineato – il legame tra ebrei e cristiani è chiamato ad un compito improcrastinabile. Quello di essere un terreno fecondo in cui possa mettere radici e svilupparsi l’incontro e il confronto tra i membri di tutte le religioni e mondovisioni, a partire dagli altri figli di Abramo, i musulmani”. Un appello finale alla sua città “ Milano – ha concluso – deve diventare sempre più città di incontro di tutte le fedi religiose e mondovisioni. Per gli ebrei e per i cristiani la logica profonda di un autentico rapporto tra culture, civiltà e religioni, impostato secondo verità, implica sempre l’autoesposizione dei soggetti che ne sono protagonisti perché – come ha acutamente ricordato Fackenheim – il Dio di Abramo è un Dio che si è esposto compromettendosi con la propria. L’augurio è che questo Memoriale rappresenti un fattore privilegiato per la edificazione di nuova ambrosiana civiltà”.