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Quale sarà il contributo dei cattolici alla vita civile e politica italiana del futuro? A tu per tu con Olimpia Tarzia

ROMA – Fra poche settimane saremo chiamati alle urne. Dopo il tramonto del partito unico dei cattolici, la presenza di politici che si ispirano ai valori cristiani è presente nei vari schieramenti. Ma qual è la configurazione specifica del politico cattolico? Quale sarà il contributo i cattolici daranno alla vita civile e politica del Paese? Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato Olimpia Tarzia, per anni leader del Movimento per la Vita e oggi a capo di PER (Politica Etica Responsabilità)

Cosa sono chiamati a fare e a dare i cattolici oggi in politica?
La ripresa dell’impegno dei cattolici in politica penso si debba declinare particolarmente in alcuni temi: significato pubblico della fede cristiana, confronto serio con una laicità non ideologizzata, critica alla dittatura del relativismo, recupero e consapevolezza del concetto di legge morale naturale, rifiuto del bene comune inteso come minor male comune e della politica come compromesso al ribasso, rifiuto della ideologia della tecnica, liberazione dei temi dell’ambiente e della pace dal moralismo politico che spesso li strumentalizza, coerenza nell’impegno politico. Credo, ormai, che non si possa più prescindere da una proposta concreta capace di difendere e promuovere i principi non negoziabili e in grado di realizzare concretamente un modello sociale che risponda davvero alle esigenze dei cittadini, attraverso anche il rilancio dell’economia, finalizzato ad assicurare la crescita e l’impiego, l’uguaglianza delle opportunità per l’istruzione dei giovani e l’assistenza ai poveri. E’ da questi principi che deve ripartire, con rinnovato slancio e impegno, l’azione politica dei cattolici nel nostro Paese.

Una buona parte della società italiana (purtroppo) vede i cattolici con lo stesso animo con cui erano visti nell’Inghilterra anglicana ed elisabettiana, cioè come un corpo estraneo alla nazione che tutela gli interessi di un altro stato. Secondo lei, l’impegno dei cattolici può realmente portare dei benefici all’intera comunità?
I cattolici possono offrire un grande contributo alla stabilità del nostro Paese. Il cristianesimo è chiamato oggi a dare un apporto significativo in riferimento anche all’organizzazione istituzionale, legislativa, economica della società. Sono convinta che un cattolico in politica non debba essere ‘un moderato’, bensì ‘moderato’, nel significato più vero, di aggettivo, non di sostantivo, è un modo di essere che non va confuso con l’essere, vuol dire essere capace di porre e non di imporre, essere mite ma determinato, capace di un serio e coraggioso confronto culturale e politico con tutti. La strada che io intravedo per una effettiva presenza e partecipazione dei cattolici nella fase di ricostruzione della politica italiana sta nel consolidare questa identità a tutti i livelli,  in un’ottica di sano realismo cristiano che permette di individuare nell’attuale bipolarismo una reale e concreta possibilità di azione.

I tg ogni giorno ci danno notizie di malcostume fra i politici, di privilegi, della stanchezza dei cittadini davanti a tutto ciò. La politica rimane ancora oggi la più alta forma di carità come amava dire Paolo VI?
Indubbiamente c’è la volontà di recuperare quei valori che oggi la politica sembra aver perso di vista, a favore dell’individualismo, del materialismo e del malaffare. Nel panorama generale della politica nazionale agitato da inquietudini ed equilibrismi, spesso incomprensibili al di fuori dei ‘palazzi’, credo che sia necessario ancora sperare in una politica ‘espressione della più alta forma di carità’, credere nella dimensione etica dell’azione politica e realizzare un progetto politico che guarda lontano. Questo è l’obiettivo prioritario del Movimento PER Politica Etica Responsabilità che mi onoro di presiedere.

Di cosa l’Italia oggi ha più bisogno, di politica, di etica o di responsabilità?
Uno dei motivi per cui la crisi economica è così condizionante è perché si fronteggia con una crisi abissale della politica, che ha perso il significato vero e profondo del servizio e sembra non aver più nulla di costruttivo da dire, perché orfana di un progetto culturale. Sono convinta, quindi, che sia’ necessario dosare bene questi tre ‘ingredienti’, coniugandoli e sintetizzandoli in un’unica azione politica. Mi sembra giunto il tempo della responsabilità, della consapevolezza dell’importanza della presenza cattolica nel mondo politico, presenza che ne declini le parole fondanti: politica, valorizzando quegli ambienti come i gruppi, i movimenti, le associazioni; etica,  con tutte le questioni implicate, dai comportamenti personali e gli stili di vita, a quelle della vita, della famiglia e della libertà; responsabilità, nell’assumersi l’impegno della difesa e promozione dei principi non negoziabili.

Si parla spesso in tv di valori non negoziabili e sembrano quasi diventati uno spot. Può ricordare brevemente ai nostri lettori cosa sono?
I principi non negoziabili sono stati citati dall’allora cardinale Ratzinger nella nota dottrinale ‘Circa alcune questione riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica’. Principalmente sono: la difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale, della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, del diritto di libertà di scelta educativa, cui seguono anche la libertà religiosa, la tutela dei minori dalle moderne forme di schiavitù, l’economia a servizio del bene comune nel rispetto della sussidiarietà.  Sono principi dal forte significato politico, che hanno una grande ricaduta sociale e culturale: sono principi, per l’appunto, non negoziabili e per questo imprescindibili ed inclusivi, perché appartengono all’uomo.

Cosa si può rispondere a quella corrente laic(ist)a che in questo particolare momento storico vorrebbe mettere da parte il tema dei valori non negoziabili a totale favore dei temi economici?
La prima ricchezza di ogni Paese è la nascita di nuovi figli, di nuovi cittadini. In tal modo, il diritto alla vita dell’individuo è integrato nella comunità: un diritto alla vita inteso in maniera totale rispetto alla nuova ondata di quel fenomeno di privatizzazione del matrimonio e della famiglia che, tante volte denunciato, sembra subire negli ultimi anni una nuova accelerazione. Il valore sociale della famiglia e la tutela del diritto alla vita sono fondamento stesso di quei principi democratici derivanti dai diritti umani su cui deve poggiare uno Stato veramente laico, che non intende negoziare sui diritti fondamentali. A quella corrente laicista rispondo che solo recuperando e rilanciando la matrice culturale e antropologica in cui noi cattolici ci riconosciamo, che vede la centralità della persona, il diritto alla vita (dal suo concepimento alla morte naturale) e la soggettività della famiglia assi portanti, solo lottando con tutte le forze nella convinzione che è ancora possibile realizzare il sogno di una società giusta, onesta, da lasciare alle generazioni future,  possiamo far risalire il nostro Paese dalla china dello scoramento ed anche, ne sono convinta, restituire speranza e motivi di fiducia nel futuro, elementi base soprattutto per una effettiva ripresa economica. Per delineare le cause della crisi non possiamo solo accusare le banche. La crisi si è amplificata sì a causa di speculatori senza scrupoli, ma anche a causa di una cultura consumistica che ha ‘dopato’ il consumo: si è andata negli anni creando l’illusione che non è necessario legare il consumo al proprio reddito. Una radice della grande crisi finanziaria, che è soprattutto antropologica e morale, la possiamo rintracciare nella spersonalizzazione dei rapporti, e quindi in una crisi di responsabilità: se ‘responsabilità’ viene da ‘rispondere’, nella moderna economia e finanza non troviamo più persone che rispondono alle nostre domande, ma protocolli, carte, calcoli. Una crisi quindi di relazioni, una carestia crescente di beni relazionali. E’, infatti, la relazione gratuita ad essere oggi minacciata d’estinzione, e con essa  l’incapacità di incontrarsi nella reciprocità. Torniamo, dunque, al valore della persona e dei suoi valori non negoziabili.

Lei da donna cosa pensa delle donne in politica?
Le rispondo con una citazione di Giovanni Paolo II che ha scritto: ‘Nella svolta culturale a favore della vita le donne hanno uno spazio di pensiero e di azione singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un nuovo femminismo che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli maschilisti, sappia riconoscere ed esprimere il vero genio femminile in tutte le manifestazioni della convivenza civile, operando per il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e disfruttamento’. E ancora, nell’udienza privata concessa alla dirigenza del Movimento per la vita italiano il 22 maggio 2003, in occasione del 25° triste anniversario della legge 194/78, che ha legalizzato l’aborto in Italia, il Santo Padre è nuovamente tornato sull’argomento: ‘specialmente a voi, donne, rinnovo l’invito a difendere l’alleanza tra la donna e la vita, e di farvi promotrici di un nuovo femminismo.

Nicola Rosetti:

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  • La “voce” che devono dare il cattolico ed il cittadino, attraverso il mandato ( purtroppo oggi senza scelta !), deve essere indirizzato ad una politica che promuova la persona, la sua dignità, la famiglia nel suo insieme fondata sull’uomo e sulla donna, aperta al dono della vita, nello sviluppo ispirato alla Dottrina Sociale della Chiesa, nella legalità, nella sicurezza, nel diritto al lavoro, alla libertà e non al libertinaggio, ai poveri, agli anziani, ai disabili, ai malati, in una parola al mondo della sofferenza