Il Primo pellegrinaggio in Terra Santa per la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, lo sta vivendo la parrocchia di San Pio V sotto la sapiente guida di Don Giovanni Flammini.
Pubblichiamo il primo articolo con la prima parte di foto e dell’intervista realizzata a Don Rastislav Dvorovy responsabile per gli ucraini immigrati in Isreaele, che sta accompagnando i pellegrini di Grottammare.
1) Quale è il tuo paese di origine ci parla un pò di se?
Sono nato in Slovacchia durante il regime comunista nel blocco dell’europa est, il mio paese è piccolino, conta 5.000.000 di abitanti, non è un paese ricco ma è un paese simpatico.
La mia nazione conserva tradizioni cristiane e la fede cattolica, più della metà dei cristiani in Slovacchia sono cattolici.
2) Come è nata la tua vocazione?
La mia vocazione è nata nella mia famiglia, noi vivevamo la persecuzione da parte del regime comunista, i miei genitori andavano sempre in Chiesa anche se non era consentito frequentarla, io invece ho seguito tutto il percorso cristiano.
Vivevo vicino alla casa parrocchiale eravamo sempre amici dei parroci che venivano spesso ospiti a casa nostra a pranzo.
I sacerdoti non avevano i mezzi per la sussistenza e quindi noi gli davamo una mano e nasceva questo rapporto di amicizia.
Da piccolo volevo essere come questi preti, perchè da noi era un avventura diventare sacerdote.
Avendo questi esempi, ho sentito la vocazione di diventare prete. Da piccolo avevo questo desiderio e negli anni il tutto si è chiarito.
Non è solo un avventura o una ribellione ma qualcosa di più. Collaboravo con i preti clandestini, stampavamo i libri,il giornale e ogni tanto, ci facevamo sentire.
Un giorno il mio parroco mi ha chiamato per dirmi che la polizia statale comunista mi stava seguendo e mi disse che non potevo più essere sacerdote.
Nel 1989 ci fu la rivoluzione di Praga e nel 1991 entrai nel seminario.
In quel tempo eravamo 400 seminaristi e nel mio periodo eravamo 150 seminaristi per tre diocesi.
Questa libertà è stato un segno anche per me, ho visto e vissuto questo momento.
3) Come era vivere la persecuzione?
Ovviamente, i tempi del comunismo non erano belli, vivere l’essere cristiano era un’avventura, il gruppo giovani, il coro, pensate che per vedere un film religioso, dovevamo prendere delle videocassette che ricevevamo di contrabbando, poi ci si riuniva nelle case.
Il primo film religioso che vidi avevo 15 anni, fu Tomas Becket, mi ha trafitto il cuore, quello di Gesù di Nazareth durò 6 ore.
Da Bratislava veniva la cassetta, e noi ci riunivamo, ci fu data anche la possibilità di vivere una scuola di vita cristiana, un anno abbiamo parlato della filosofia della storia della chiesa.
Veniva da noi una persona colta, Giuseppe, un medico e tante altre persone, si riunivamo in piccole comunità.
Dopo la rivoluzione scoprimmo che le nostre amiche erano delle suore, altri erano sacerdoti, vivevamo in questa chiesa clandestina dove si sentiva questa unità, tutti eravamo insieme, chi era cristiano era cristiano e basta.
Volevamo sapere, avevamo fame.
Cadde il regime è venuta la libertà e poi dopo un paio di anni sono iniziate le divisioni, questo movimento contro quel movimento, contro l’uomo.
Poi con la libertà ci si è rilassati, in quegli anni abbiamo vissuto con entusiasmo vivere il cristianesimo ed ancora oggi lo vivo.
Adesso sto ricordando questi tempi con nostalgia? Certamente no, però ringrazio Dio per questo momento che mi ha dato perché era significativo, non è stato né bello né giusto.
I giovani di oggi hanno tante possibilità, il sistema educativo sta attaccando il pensiero dei giovani e vedo che il problema è nella sfera emozionale. I nostri giovani sanno usare perfettamente il computer, sanno parlare le lingue, hanno tante informazioni, biblioteche, internet, però sono troppo poveri nella sfera emozionale.
Sanno come funziona il computer ma non sanno come funziona il loro cuore, emozionalmente sono deboli, sono poveri, sono analfabeti sempre a livello emozionale.
Hanno problemi a capire se stessi. I tempi della mia giovinezza, mi ha dato la possibilità di combattere con la mia paura.
Da ragazzo la mia maestra mi mise in ginocchio davanti alla classe e mi derideva perchè ero cristiano e mi metteva in difficoltà difronte agli altri, cercando di farmi vivere la vergogna e la paura.
Dovevo diagnosticare varie emozioni che erano dentro di me.
Purtroppo invece molti giovani hanno invece problemi, sono spesso chiusi, non sanno parlare della loro vita interiore, non la capiscono, e quando vuole sfogarsi devono bere, devono prendere la droga, oppure devono fare una cosa scema, perchè in uno stato normale sono bloccati.
Il sistema educativo delle scuole non aiuta e nemmeno la Chiesa non aiuta a far capire se stessi.
Ci manca di sviluppare questa sfera.
Studiando la Bibbia cerco di vederli con questa metodologia e aprire la Bibbia in chiave antropologica che ci permette di conoscere i vari personaggi biblici come esseri umani con emozioni e a nominare e a diagnosticare quello che non sta svolgendo a livello emozionale.
Perché quando si dice aprite il vostro cuore e non il vostro cervello per la fede, si intende che Dio vuole relazionare con l’uomo e se certe emozioni se non riusciamo a gestirle e difficile relazionarsi sia con l’uomo e sia con Dio stesso.
Ho visto ragazzi che per poter esprimere agli altri quello che avevano dentro, picchiavano l’altro per potersi esprimere.
Io vedo questo come un compito come importante per parlare ai giovani, la Chiesa deve dargli quello che gli manca.
Se noi prendiamo una parte del sistema del catechismo, spesso siamo ridotti a quel livello educativo che attacca il pensiero, perché devi aver una quantità di informazioni.
La cresima purtroppo spesso è il divorzio con la Chiesa, un divorzio solenne. perchè dopo si abbandona la Chiesa.
Bisogna vedere se a livello emozionale e a livello del cuore hanno ricevuto qualcosa.
Giovedì pubblicheremo la seconda parte con il racconto sulla Terra Santa, sulla sua esperienza e su cosa vuol dire essere sacerdote cattolico qui, con qualche simpatica curiosità.
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