DIOCESI – Riportiamo integralmente l’Omelia del nostro vescovo Gervasio Gestori, pronunciata in Cattedrale il 2 Febbraio 2013.
1. A quaranta giorni dalla nascita di Gesù, ci ritroviamo nella festa della Presentazione del Signore al tempio per ricordare quel devoto pellegrinaggio compiuto da Maria e Giuseppe, quando portarono a Gerusalemme il bambino, per essere offerto al Padre e per ubbidire all’antico rito della purificazione della madre. Inaspettatamente, si fanno incontro a quella normalissima famiglia pellegrina due persone ben note ai frequentatori abituali della Casa del Signore: il vecchio Simeone e la profetessa Anna. Simeone si recava ogni giorno al tempio mosso dallo Spirito Santo, che gli aveva messo in cuore la gioiosa speranza che non sarebbe morto senza avere prima incontrato l’atteso Messia. In quel giorno l’attesa si avvera, succede l’incontro, ed il cuore di quel vegliardo scoppia di una tale felicità, che si mette a pregare: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace”. Ormai posso morire sereno, perché i miei occhi hanno visto il Salvatore! Anche Anna, questa anziana donna, praticamente aveva messo casa nel tempio, da quando era rimasta vedova, e trascorreva le sue giornate pregando e lodando Dio.
2. Che cosa ci insegna questo racconto evangelico nella giornata della vita consacrata, che celebriamo durante l’Anno della fede? Benedetto XVI ha indetto questo anno speciale con una sua Lettera dal titolo “Porta fidei” (La porta della fede), per ricordare che il dono di credere “introduce alla vita di comunione con Dio…è una porta sempre aperta per noi”. Questa porta è certamente stretta, perché impegnativa, esigente per quello che chiede ai credenti, ma fortunatamente rimane sempre aperta per quanti accolgono la chiamata del Signore. E’ porta che non apre sul vuoto, non si spalanca sul nulla, non immette in un deserto, ma introduce in una casa, la casa di Dio, il luogo della comunione con Lui e con i fratelli nella Chiesa. Quale fortuna poter varcare questa soglia e poi vivere nella luce della fede, con la forza della speranza, sicuri della divina protezione ed in amicizia con tanti fratelli e sorelle dentro la comunità ecclesiale!
3. Carissimi, ogni persona vorrebbe vivere in una propria casa, ha il diritto di avere una sua abitazione e grande è la sofferenza di chi ne è senza. Ma non ci sono solo le case materiali. Ciascuno di noi ha un proprio luogo spirituale: la sua famiglia terrena, la sua comunità religiosa, l’ambiente lavorativo. Questi non devono essere solo i luoghi esterni del fare, dell’agire, ma devono diventare luoghi dell’essere, degli incontri, delle relazioni, delle amicizie, delle collaborazioni. Devono diventare ambienti spirituali delle anime, case dei cuori. E’ attraverso la porta della fede, che entriamo in questi luoghi di comunione, dove è possibile scoprire la bellezza della fraternità e condividere la gioia della vita in Cristo. Purtroppo però è anche possibile abitare la medesima casa e vivere insieme, senza poter gustare i frutti della comunione fraterna e subendo il disagio di una comunità, che si sente estranea e lontana, perché si è persa la memoria della porta che hai attraversato. E’ la situazione dolorosa di quegli ambienti e di quelle case, dove la debolezza della fede ha fatto venir meno l’afflato dell’amore e il calore della gioia.
4. Simeone ed Anna ci ricordano come fare della propria casa il luogo desiderato e l’ambiente amato, dove vi sono comunione e gioia. Essi vivevano in un tempio di pietre, ma agivano per gloria di Dio, si lasciavano guidare dallo Spirito Santo, passavano le ore pregando, attendevano l’arrivo del Signore. Così deve essere per ogni persona credente, che ha attraversato la porta della fede. Così deve essere per ogni anima di vita consacrata, che mediante un atto solenne di consacrazione si è offerta a Dio. Allora, ogni ambiente della vita viene sentito come un luogo sacro, sia esso la casa, la fabbrica, la scuola, la piazza, la strada, il campo, l’ufficio. Ogni ambiente si fa tempio, dove abita il Signore, dove il lavoro e la fatica diventano preghiera, dove gli incontri sono momenti di fraternità, dove anche la sofferenza dona speranza. Allora lo Spirito Santo soffia dentro di noi e suggerisce parole buone, sentimenti di amore e di perdono, e la fraternità è amata. Tutto questo avviene perché, attraversando quella porta, hai lasciato fuori il vuoto ed il buio di una vita senza senso e sei entrato in una casa di luce e di amore. Perché vivi da vero credente.
5. Allora, come avvenne per Simeone ed Anna, nella tua comunità sei con Gesù, accogli il Signore, lo porti tra le tue braccia, che si caricano di attenzioni e di gesti di amore, e così vivi nella pace. La lode a Dio sgorga spontanea, la gioia permea il respiro quotidiano, e ci si apre alla vita di ogni giorno con serena speranza, anche se in alcuni momenti arrivano parole di sofferenza, come spade che trafiggono l’anima. La comunità viene amata, la propria casa è ormai diventata un piccolo paradiso. Non è fantasia questo, non è aspirazione impossibile, per chi attraversa ogni momento la porta della fede. Ricordate Maria: sentì in quel giorno rivolte a lei parole profetiche dense di dolore: (“una spada trafiggerà la tua anima”), ma non si perse, perchè era donna di fede (“beata te che hai creduto!”).
Carissimi,
la Vergine santa, il santo vecchio Simeone e la profetessa Anna, aiutino tutti noi a fare della nostra casa un luogo caro per la presenza del Signore, e donino alle anime di vita consacrata la gioia di essere nelle proprie comunità immagini viventi e profetiche delle realtà future del Cielo. Amen.
+ Gervasio Gestori Vescovo
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