La presenza anche in Italia dei nuovi movimenti cristiani di area evangelica e pentecostale sebbene “ad oggi contenuta” deve, comunque, “far riflettere” perché evidenzia “il bisogno di una maggiore accoglienza, di un’appartenenza più avvertita, di una dimensione più gioiosa e partecipata della fede”. Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e vice-presidente del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee), parlando a Sir Europa a margine dell’incontro congiunto dei responsabili delle Chiese cristiane d’Europa (Ccee e Kek), che ha scelto di mettere al centro dei lavori il fenomeno dei “nuovi movimenti cristiani in Europa” con l’interrogativo: “Sfide o opportunità?”. L’incontro si è aperto ieri sera a Varsavia nel centro Caritas Polonia. Sono presenti le due delegazioni del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, guidato dal card. Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, e della Conferenza delle Chiese europee, guidata dal metropolita Emmanuel di Francia. Le Chiese cristiane storiche, dunque, sono messe alla prova dai nuovi movimenti cristiani, evangelici e pentecostali. Negli ultimi 100 anni il continente ha subito profondi cambiamenti nella sua composizione in termini sia religiosi sia demografici. E sebbene cattolici e ortodossi rappresentino oggi il 75% dei cristiani in Europa, i cosiddetti “cristiani indipendenti marginali” (Indipendent Marginal Christians) sono in rapida crescita. Il tema, a Varsavia, si sta sviluppando attraverso il contributo di esperti e da tre angolazioni: la prospettiva sociologica e storica, l’esperienza che le Chiese tradizionali vivono a questo riguardo e le sfide pastorali. Maria Chiara Biagioni, inviata di Sir Europa a Varsavia, ha chiesto al card. Bagnasco come il fenomeno dei nuovi movimenti sta impattando nel panorama religioso italiano.
Presenza contenuta ma significativa. “In Italia – ha detto il card. Bagnasco – la presenza dei nuovi movimenti è stimata attorno ai 250mila aderenti, fra italiani e immigrati da diversi Paesi. È una presenza, quindi, ad oggi molto contenuta, e viene avvertita relativamente rispetto a tante altre parti del mondo. Rimane comunque una presenza significativa che ci deve far riflettere sul perché ci sono eventuali fuoriuscite di cattolici o, comunque, di cristiani verso questi nuovi movimenti”. “Evidentemente – ha aggiunto il cardinale – le nostre comunità devono forse anche rimotivare se stesse e riflettere su se stesse”.
Le fuoruscite ma anche i ritorni. “A volte – ha poi proseguito il card. Bagnasco – questi nuovi movimenti fanno promesse facili, non solo sotto il profilo strettamente spirituale ma anche sotto il profilo materiale, fisico, del successo nella vita. Sono promesse che poi non possono adempiersi e, quindi, deludono. Tanto è vero, che al recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione molti vescovi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina dicevano che il passaggio dalla Chiesa cattolica ai nuovi movimenti è un fenomeno che esiste ma che c’è anche il fenomeno di ritorno”. Altro elemento che caratterizza questi movimenti è la proposta di “una teologia facile, un messaggio religioso facile”, che non richiede “un impegno di approfondimento teologico o dottrinale, puntando molto di più sull’esperienza dell’essere insieme e, quindi, su un’emotività molto forte”. Questo è “un elemento che le Chiese storiche non possono rincorrere”. Spesso poi, fa ancora notare il cardinale, “i movimenti sono deboli se non assenti sul piano della dimensione sociale: il messaggio è per lo più centrato sulla persona ma tutto ciò che riguarda la trasformazione della società rispetto alla giustizia o alla pace sembra affidato più ad approcci personalistici”.
Catechesi e devozione popolare. Come rispondere, dunque, a queste sfide? “Intanto – risponde il cardinale – con una catechesi più profonda, articolata e fedele che sia sempre congiunta con l’esperienza globale della vita cristiana di cui la catechesi è un elemento, insieme alla vita sacramentale, alla vita di preghiera personale, alla liturgia, alla testimonianza della carità, alla comunità cristiana. Certamente la catechesi è un fattore importante: si parla di analfabetismo religioso e l’analfabetismo si colma attraverso l’approfondimento dottrinale”. E poi occorre anche dare una “maggiore attenzione alla pietà e alla devozione popolare, che qualche volta abbiamo guardato come una forma di serie B della religiosità e che, invece, fa parte dell’esperienza umana. Certo è da purificare, laddove deve essere purificata; da sostanziare, ma assolutamente da valorizzare”.
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