Meno soldi nel Qfp significa tutto ciò. Per cui parlare di successo del summit appare quanto meno un azzardo. Infatti l’altra autorità di bilancio dell’Unione, l’Europarlamento, ha subito mandato a dire – mediante i leader dei quattro maggiori gruppi politici: Popolari, Socialisti e democratici, Liberali e Verdi – che a questo bilancio pluriennale non potrà dare il proprio assenso. Si apre ora una lunga fase di trattative durante le quali il Consiglio e l’Europarlamento dovranno cercare un punto di incontro: gli eurodeputati chiederanno di rimpolpare soprattutto le cifre per gli investimenti indirizzati a crescita, occupazione, ricerca, innovazione, competitività. Inoltre l’Emiciclo insisterà per una revisione periodica (ogni due-tre anni), in modo da rendere più flessibile i conti dell’Ue rispetto agli eventi futuri.
C’è peraltro una novità interessante contenuta nel Qfp: si tratta della “iniziativa per l’occupazione giovanile”, che stanzia 6 miliardi nel settennato per dare agli under 24 un minimo di prospettiva occupazionale mediante interventi che devono ancora essere precisati. Resta però un dubbio lecito: se l’Europa degli Stati stringe i cordoni della borse sulle grandi voci dello sviluppo competitivo, dell’istruzione e della solidarietà tra i territori, quale potrà essere il valore aggiunto dell’iniziativa per le giovani generazioni?
L’impressione è che alcuni leader si siano recati al Consiglio europeo per affermare una propria visione di Europa à la carte, di una Europa da ridursi a mercato unico, lasciando a casa il concetto di Europa che cresce proprio perché “cresce insieme”.
I prossimi passi sul bilancio pluriennale (con il rischio del veto opposto dal Parlamento di Strasburgo), così come quelli sull’unione economica e monetaria e sulla sorveglianza unica sul sistema bancario, diranno se il Qfp è stato un incidente di percorso oppure se è un tornante involutivo dell’integrazione europea.