Di Domenico delle Foglie
La più antica delle istituzioni che l’uomo contemporaneo ricordi ha prodotto la più straordinaria innovazione. È proprio vero che la lezione dei padri può giungere, inaspettata, a sconvolgere anche le più radicate tradizioni. Che la loro capacità di interpretare il deposito del passato nella pressante modernità è un dono della sapienza umana. Che la saggezza dell’età può rendere concreto quello che pure è stato scritto, ma che nessuno prima ha avuto il coraggio di realizzare. Che la purezza del cuore può rendere comprensibile quello che agli occhi del mondo è uno “scandalo”.
Cos’è, infatti, la rinuncia ad esercitare il più grande potere spirituale che si conosca sulla faccia della Terra, se non tutto questo? C’è voluto un Papa teologo, professore tedesco prestato alla causa della fede che illumina la ragione e della ragione che traccia percorsi di umanità nella fede, per sconvolgere tutti e lasciare il mondo attonito. Quando una notizia esplosiva come le dimissioni del Papa giunge attraverso i media in ogni angolo del mondo è come se in ciascuno si scavasse un vuoto. Nessuno può rimanere indifferente e il clamore lascia il passo al silenzio. Quel silenzio che in tante occasioni Benedetto ha indicato come una condizione preziosa per l’uomo che vuole incontrare Dio e ritrovare tutta intera la propria umanità.
La forza del gesto di Benedetto ha la portata di quei passaggi della Storia che lasciano il segno. Nei cuori come nelle tradizioni, nei costumi istituzionali come negli stili di comportamento personali, negli orizzonti di senso come nei perimetri della ragione umana. Di questa consapevolezza faremo certamente tesoro nei giorni, nei mesi e negli anni a venire. Quando capiremo sempre più il significato profondo di quanto è accaduto ieri nel Concistoro, dove un uomo sincero ha scelto le parole giuste, in un latino elegante, per spiegare che le sue forze “per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. E poi un salto nella modernità vissuta senza angoscia, ma con serena lucidità: “Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore, sia del corpo, sia dell’animo”.
Nessuno potrà mai dire che Benedetto XVI ha avuto paura della modernità. Lui è il Papa che ha sigillato nella storia contemporanea il rapporto inscindibile tra fede e ragione. E di questo la Chiesa intera, ma anche il mondo laico più avveduto e sensibile, gliene sarà grato per sempre. L’Occidente non ne potrà fare a meno per affrontare le sfide del futuro. A partire dal confronto sempre più serrato con i mondi nuovi che si affacciano prepotentemente sulla scena mondiale. Per non parlare della secolarizzazione, del relativismo e dell’individualismo, da lui denunciati con passione come la moderna malattia dell’umanità, che ad ogni latitudine scavano abissi nelle coscienze degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Ciascuno di noi porta con sé un ricordo. Ma di sicuro possiamo affermare che mai una parola di Benedetto XVI è stata sprecata. E noi sappiamo bene da chi ha imparato. Da quel Gesù nei cui occhi ha sempre cercato la luce.