L’Assemblea nazionale ha dunque detto sì al “mariage pour tous”. Che ne pensa?
“È stato un vero peccato che questa legge sia stata votata dai deputati così come è stata votata. Vorrei sottolineare che 299 deputati si sono dichiarati contro la legge. E sono dichiarazioni di voto importanti, da tenere conto per capire il giusto rapporto delle forze. Tutto ciò ci spinge ancora di più a continuare la discussione e la mobilitazione perché il testo passerà ora in Senato. Stiamo constatando che va aumentata l’opposizione di coscienza e, quindi, noi consideriamo il voto dell’Assemblea nazionale come una tappa. La lotta non è finita e la battaglia non è ancora persa”.
Qual è la parte del progetto di legge che contestate maggiormente?
“Il matrimonio e l’adozione, naturalmente. Il matrimonio, perché ormai è diventato qualcosa che non ha più nulla da dire, nel senso che ciascuno ora può considerarlo a suo modo. E quindi la legge per noi rappresenta un attacco alla coesione sociale. Ma il fatto di aver aperto le adozioni alle coppie dello stesso sesso è per noi una decisione ancora più grave per le coscienze, così come l’aver denaturato il concetto della filiazione con le derive possibili: procreazione medicalmente assistita e gestazione per altri (Gpa). Sono conseguenze difficilmente evitabili di questo progetto di legge. E il processo che si è aperto è soprattutto grave perché va a incidere sulla vita dei bambini”.
Perché si è arrivati a questo punto?
“Da una parte, c’è stato un impegno preso dal presidente della Repubblica durante la campagna elettorale, che è una concessione a lobby molto forti; dall’altra, c’è stata la decisione del governo di forzare il processo. La verità è che nessuno ha veramente coscienza delle difficoltà che si aprono a questo punto e si è voluti andare avanti a tutti i costi senza ascoltare le persone che hanno cercato di sottolineare queste difficoltà. Siamo quindi di fronte a una questione ideologica”.
Sta dicendo quindi che è mancato dibattito democratico?
“Sì, hanno rifiutato ogni dibattito democratico, mettendo una coperta sopra le coscienze e impedendo ogni forma di dibattito nella società e in Parlamento con l’ostruzionismo da parte di alcuni deputati a qualsiasi opinione contraria. Abbiamo assistito non a un dibattito ma a uno scontro”.
Lei parlava di una tappa. Quindi la mobilitazione continua. Con quali forme?
“Continueremo a organizzare colloqui, incontri, dibattiti, prese di parola sui giornali per spiegare e fare un’opera di diffusione e di opinione. I sondaggi ci dicono che il 60% dei francesi si dicono favorevoli al matrimonio omosessuale ma il 54% dice no all’adozione e il 53% no al ricorso alla procreazione medicalmente assistita. Quindi dobbiamo continuare a spiegare alla gente che adozione e matrimonio sono strettamente legate tra loro. Continueremo poi a incontrare i sindaci: il 52% dei sindaci ha ufficialmente chiesto il ritiro della legge. E poi abbiamo messo in atto un’azione presso il Consiglio economico, sociale e ambientale, il Cesa, che ha già raccolto più di 600mila firme chiedendo il ricorso della legge. A questo punto il Consiglio deve prendere un’iniziativa. E, infine, si ipotizza un avvenimento internazionale che avrà luogo a Parigi il 24 marzo”.
Che cosa vi aspettate?
“Il nostro augurio finale è che il presidente della Repubblica comprenda finalmente che sta dividendo in maniera molto grave il Paese e che ritiri il progetto di legge per affrontare le vere urgenze che sono di natura economica e richiedono unione. Non è questo il momento di dividere la popolazione su un tema che meriterebbe una ricerca di consenso piuttosto che lo scontro”.