CHIESA – Se la Quaresima non ci fosse nell’anno liturgico occorrerebbe inventarla.
E prima ancora che per i cristiani… per gli uomini del nostro tempo, per questa fase storica che il nostro Paese sta vivendo ma anche per l’intero Occidente.
Può sembrare ardito, forse un rigurgito di orgoglio.
Eppure la Quaresima, che è un tempo eminentemente liturgico, risulta un dono alla società, alla nostra cultura. Parole come conversione, penitenza, digiuno e carità non ci appartengono in modo esclusivo. Esprimono atteggiamenti dell’animo, bisogni dello spirito e del corpo, ossia della persona, da essere un patrimonio umano.
Andiamo alle loro radici, anzi all’unica radice che li giustifica anzitutto in ambito cristiano. È Gesù Cristo, la sua passione e morte che culminano immancabilmente nella risurrezione. Per noi significa fede e non una ideologia o un semplice aderire a dei valori.
“All’inizio dell’essere cristiani – ci ha ricordato Benedetto XVI – non c’è una decisione etica, una idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona”. Come dire che la Quaresima in quanto conversione è tornare a convergere in Cristo. È ripresa di fede, anzi di consapevolezza del dono ricevuto della fede. Il principio fondante la vita del credente cristiano è Cristo. Si dirà che è lapalissiano per i credenti. Ma pur i credenti subiscono la distrazione dall’essenziale, anche quando sono cristiani dell’impegno.
E di Cristo ne ha bisogno la nuvola di questo tempo, che ha perso chiarezza d’intenti, di fini, di priorità. Nuvola perché sembra che non sappiamo come italiani e come europei da dove veniamo e particolarmente verso dove dobbiamo dirigerci. In Cristo vi è un senso fondamentale della vita, che Gesù ha interpretato in maniera assoluta.
Si chiama amore, carità.
La fede nasce dall’amore e genera amore. Che cosa domanda la gente alla politica, ai partiti, ai movimenti, alle alleanze in questa drammatica campagna elettorale? Amore e dedizione per questo Paese. Il che esige una conversione che ponga al centro la persona, la famiglia, il lavoro, l’economia intesa come attività di valore sociale e non individualistica. Sembra poesia, detto in questo modo.
Ma guarda caso questo cambiamento, che in termini cristiani prende il nome di conversione, esige la confessione di un peccato, anzi di tre peccati simbolo, rappresentativi del male che è ben esplicitato nelle tre tentazioni a cui si sottopone Gesù.
È il fascino perverso di tre poteri: quello politico (ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni), quello economico (dì che queste pietre diventino pane), quello religioso sostituito dalla propria ragione (essi, gli angeli, ti sosterranno). Non è vero che necessitiamo di politici che badino a noi e non a se stessi e agli interessi di riferimento, d’imprenditori e banchieri con lo sguardo alla giustizia, di dirigenti e di scienziati che non pensino di essere Dio impadronendosi del genere maschile e femminile, del matrimonio, dell’inizio e della fine della vita. Attenzione però che queste brame non sono solo dei potenti.
Esse s’annidano dentro ciascuno di noi.
Cristo ha vinto le tentazioni con la preghiera. Indispensabile per i cristiani; fondamentale per tutti, laici compresi, quale pausa dello spirito, per ridonare umanità, autenticità. Essa deve accompagnarsi al digiuno e alla penitenza. Digiuno non come dieta ma quale presa di distanza dal potere del corpo su di noi. Penitenza come controllo del desiderio da cui nasce tanto il bene come il male. Non sono però in funzione di se stessi, quasi a mortificarci nelle nostre aspirazioni. Insieme alla preghiera servono a prepararci alla carità. Madre Teresa con le sue sorelle cominciava la sua giornata di soccorso ai poveri da una lunga adorazione. Giovanni Bosco, il santo della carità educativa, traeva forza nella sua nuova pedagogia per i ragazzi di strada e poveri, dalla preghiera notturna. Ugualmente sant’Ambrogio per la sua carità politica. Bernadette Soubirous visse di preghiera perché Lourdes divenisse il luogo della consolazione dalla sofferenza.
Si utilizzi bene il tempo nella preghiera accompagnandola dal digiuno e penitenza perché da lì nasce la carità e il cambiamento di un Paese come della propria famiglia.
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