ROMA – Lo stato maggiore del Policlinico Gemelli di Roma, insieme con i principali esponenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, cui il nosocomio fa capo, si sono riuniti l’11 febbraio per fare il punto sulla situazione dell’ospedale. All’ordine del giorno un tema generale (“L’Hospitalitas al malato del XXI secolo”) declinato sotto diversi punti di vista. Anzitutto una riflessione a più voci (mediche, amministrative, sociali, assistenziali) sul “piano strategico 2012-2016” di quello che a Roma è affettuosamente conosciuto come “l’ospedale del Papa”. Il “Gemelli” è infatti reduce da un paio di anni molto difficili, durante i quali si sono acutizzati – come per tutte le strutture sanitarie cattoliche e non, accreditate presso la regione Lazio e nelle altre Regioni italiane – i problemi del ritardo nei pagamenti da parte degli enti pubblici, per i servizi erogati in convenzione. Da ciò un’inevitabile crisi finanziaria, con esposizione bancarie crescenti, interessi che lievitavano a dismisura e rischio di dover procedere a tagli sia nei servizi, sia nel personale. Il tutto per non correre il rischio di fallire. Un secondo aspetto affrontato nella giornata di studio è stato quello della riorganizzazione interna, che è non soltanto funzionale ma anche “culturale”. Infine, come terzo argomento, l’ideazione di nuovi “modelli organizzativi assistenziali” che, alla luce del ridisegno funzionale dei servizi svolti, dovrebbe poter assicurare un livello di cure complessivamente sostenuto e qualitativamente migliore: in sostanza, un nuovo modello di sanità.
Nuovi “poli” di cura e risparmi gestionali. Anzitutto la novità strutturale alla base del nuovo “piano strategico 2012-2016”: quella annunciata dal direttore del “Gemelli”, Maurizio Guizzardi, che prevede “un rinnovamento profondo” e “non un semplice maquillage”. In sostanza, il dirigente ha parlato di riorganizzazione generale di tutto il servizio ospedaliero in cinque “macro-aree”: Polo oncologico, Polo emergenza, Polo donna, Polo cardiovascolare, Polo neuroscienze. I cinque “poli” saranno di fatto interconnessi e il paziente – ha spiegato Guizzardi – “seguirà tre grandi fasi: pre-ricovero, con individuazione dei bisogni e percorso clinico; trattamento e – terza fase – dimissione con garanzia di continuità assistenziale post-ricovero”. Dietro questo schema, lineare e logico, si legge la preoccupazione da un lato di abbattere i tempi morti, i costi pesantissimi di ogni giornata in più o inutile di permanenza del malato in ospedale. Ma, dall’altro, si è anche detto che il “Gemelli” già ora, si qualifica su livelli di risparmio considerevoli. Il direttore ha illustrato i dati di una ricerca tra un numero ristretto di ospedali analoghi per qualità e dimensioni, da cui emerge che “è stato il primo ospedale per numero di dimessi, 104mila, e per percentuale di pazienti provenienti da fuori Regione (17,9%)”. In termini di efficienza, il “Gemelli” si colloca tra i più elevati nella graduatoria: un paziente trattato costa mediamente (dato 2010) 6.118 euro, contro i 12.119 euro dell’ospedale più costoso del Lazio. Il costo dei beni e servizi è altrettanto competitivo: 2.135 euro contro una media di 4.442 o di ben 6.435 euro per i più costosi. Infine il costo per letto attivato (337mila euro) “molto più basso – afferma Guizzardi – dei costi delle strutture ospedaliere regionali con cui ci confrontiamo”.
Paziente al centro per “sanità di valore”. A proposito del futuro dell’assistenza e cura ospedaliera, durante la giornata dei lavori si è parlato delle nuove prospettive che circolano negli ambienti degli studiosi a livello internazionale. In particolare Walter Ricciardi, direttore del dipartimento di sanità pubblica, ha illustrato i traguardi raggiunti in tema di “public healthcare” col collega inglese J. Muir Gray, direttore dell’Oxford Centre. I due ricercatori hanno condiviso percorsi su “una sanità di valore”, fondata su un principio “rivoluzionario”: quello, cioè, che è il paziente stesso che, con opportune ricerche, si documenta (aiutato da specialisti) prima di approdare alla somministrazione di cure e trattamenti. Lo slogan è “I want great care” (“Voglio una cura all’altezza”) e dovrebbe permettere di evitare errori, lungaggini, cure inappropriate. In sostanza, un sistema innovativo “basato sul paziente” che non è un soggetto “passivo”, ma anzi – al contrario – produttivo di idee, piste di cura e ricerche. Questa visione – ha spiegato Ricciardi – si basa sulla diffusione di conoscenze mediche avanzate tramite internet a cui un numero crescente di persone fa ricorso. Il “Gemelli”, in sostanza, punta non solo a confermarsi ma anzi a crescere nel “ranking” nazionale e internazionale di “centro di eccellenza” e per raggiungere questo traguardo – si è detto – è necessario incrementare le alleanze con centri di eccellenza pubblici e privati, strada che sta percorrendo anche su scala europea. Il preside della Facoltà di medicina, Rocco Bellantone, ha parlato – a questo riguardo – di “una sfida ambiziosa, cui la nostra facoltà insieme al ‘Gemelli’ è pronto a rispondere da subito”. Due le novità annunciate su questa strada: la realizzazione del “Gemelli Clinical Trial Center” per la ricerca “sponsorizzata”; e – seconda novità – la richiesta alla Regione Lazio di riconoscere al “Gemelli” il titolo di “Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico” (Irccs) in oncologia.
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