DIOCESI – Presso la Chiesa di Sant’Agostino di Grottammare, venerdì 22 febbraio è stato ricordato Don Giussani fondatore di Comunione e Liberazione.
Alla celebrazione era presente anche il nostro Vescovo Gervasio Gestori.
Il Vescovo Gestori: “Stiamo vivendo alcune significative coincidenze, mentre celebriamo in questa giornata l’Eucaristia.
Il 22 febbraio gli antichi Romani onoravano la memoria dei propri defunti e erano soliti fermarsi a mangiare presso le loro tombe per vivere questo ricordo. A ciascuno dei trapassati riservavano un seggio particolare, per indicare che il parente morto era ancora spireitualmente presente al loro banchetto. Quel seggio vuoto appariva come la “cattedra” di chi, ormai passato all’altra vita, da quella sponda doveva ancora insegnare e poteva aiutare.
In questo medesimo giorno, dal IV secolo in poi i cristiani incominciarono ad onorare un’altra “cattedra”, spirituale e oltremodo importante: quella di un pescatore di Betsaida, venuto dalla lontana e sconosciuta Galilea, diventato fondatore e capo della Chiesa di Roma, il Principe degli apostoli, san Pietro.
A lui un giorno Gesù, alle porte della cittadina di Cesarea di Filippo, aveva detto parole alte ed impensabili, straordinarie, da un punto di vista umano per chi le pronunciava ed assolutamente inaspettate per chi le ascoltava: “Tu sei Pietro e su questa pietra che sei tu io fonderò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.
A quel pescatore, probabilmente illetterato, dalla mentalità provinciale nel senso più vero del termine, veniva affidata una realtà tutta da inventare ancora, era consegnata una comunità non sua, ma appartenente a chi stava parlando, e questa realtà avrebbe avuto una esistenza assicurata anche contro le potenze invisibili del male (portae inferi non praevalebunt).
Non solo, a questo pescatore era affidato il compito misterioso di legare e di sciogliere vincoli umani sulla terra, con effetto assicurato anche per la vita dell’eternità. Poteri enormi, da vertigine!
In questa stessa giornata del 22 febbraio, coincidenza misteriosa e provvidenziale, moriva Don Giussani, fondatore di una Compagnia, Comunione e Liberazione. Un giorno egli ebbe ad esprimere un desiderio, umile e meraviglioso: “Che di me si possa dire quello che c’è sulla tomba di padre Kentenich, il fondatore di Schoenstatt: Dilexit Ecclesiam”. Due parole, che però dicono l’intimo del cuore.
L’amore alla Chiesa fu la sua grande virtù, ha recentemente dichiarato p. Mauro Lepori, abate di Hauterive e generale dei Cistercensi: “Amare la Chiesa malgrado tutto è un dono, è la santità” (Tracce, febbraio 2013, p. 69).
E noi ci ritroviamo ancora una volta per ricordare la sua dipartita da questa terra e per rinnovare l’adesione al suo alto insegnamento.
Quale? Nella intervista citata leggo che per don Giussani “il” dono più grande alla Chiesa è stato quello dell’educazione: “Se il fatto cristiano non è educato da una comunità, una fraternità, una compagnia e continuamente richiamato alla fede, a riconoscere Cristo presente, tutto diventa non solo fragile, tale da non resistere agli attacchi o alle tendenze del tempo, ma vano” (ib.).
Anche in questi nostri momenti ci viene chiesto di vivere la missione educativa nella Chiesa e dentro la compagnia mediante quella ubbidienza che, in pieno ’68, don Giussani con il coraggio della verità e della realtà disse di essere ancora una virtù: ubbidienza-virtù che sapeva affidarsi nello stesso tempo alla libertà di chi lo seguiva, non alla sua passività.
Non era contraddizione, ma affermazione di una libertà vera, una libertà non vuota e priva di senso, una libertà senza relativismo, come leggiamo nella Nota dottrinale sull’impegno dei cattolici in politica, promulgata nel 2002 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e firmata dall’allora cardinale prefetto Joseph Ratzinger (Cfr Tracce, febbraio 2013, p. 13).
Lì leggiamo che “nella vita (dei cattolici) non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta spirituale, con i suoi valori e le sue esigenze; e dall’altra, la vita cosiddetta secolare, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza…Ogni attività, ogni situazione, ogni impegno concreto…sono occasioni provvidenziali per un continuo esercizio della fede, della speranza e della carità” (ib p. 14).
La firma di chi sarebbe diventato Papa rimane ulteriore garanzia per la verità e per l’attualità di queste parole, di cui oggi sentiamo la necessità estrema ed anche ne viviamo l’urgenza, se appena proviamo passione per il bene del nostro Paese e se vogliamo restare fedeli alla fede cattolica.
Anno della fede. Un motivo in più per vivere una coerenza e per dare un rinnovato vigore ed una maggiore motivazione al nostro essere discepoli di Cristo.
L’estremo saluto cristiano a Don Giussani venne allora celebrato nel Duomo di Milano da chi, poco dopo, sarebbe diventato Benedetto XVI. Ricordo con commozione quella persona che parlava dall’alto del pulpito milanese e quelle parole di ammirazione, pronunciate a memoria con lo sguardo fisso in avanti, quasi leggesse nella storia gloriosa delle navate gotiche della Cattedrale Ambrosiana un testo, destinato a farsi messaggio più ampio e più esigente per l’autorevolezza e per l’autorità, che sarebbero sopraggiunte con il Conclave.
“Tu sei Pietro”. Ora queste parole stanno per passare da Joseph Ratzinger ad altra persona. Non possiamo non vivere in questi giorni una commozione, e prima ancora una gratitudine, densa di spiritualità continuamente donata con abbondanza in otto anni di pontificato. Accogliamo con fede questo magistero e lo vogliamo custodire gelosamente con amore verso la persona, che con grande umiltà e con stupendo coraggio ha scelto di lasciare un ministero ormai troppo oneroso, per servire e per amare la Chiesa con altro ministero, non meno qualificato ed altrettanto prezioso, quello di un silenzio ricco di sacrificio e di preghiera.
“Tu sei Pietro”. Vi invito a pregare anche don Giussani, perché queste parole di Gesù risuonino rassicuranti tra qualche settimana sulla persona, che il Signore avrà scelto per essere la guida della “sua” Chiesa, che per noi rimane sempre Madre affettuosa e Maestra di verità”.