EGITTO – Mancano meno di due mesi alle nuove elezioni parlamentari in Egitto, indette per il 22 aprile, e le tensioni nel Paese non si stemperano. Il presidente Mohamed Morsi, in un discorso televisivo ha aperto, il 26 febbraio, “il tavolo per il dialogo nazionale sulle regole di trasparenza del voto”, disertato dal Fronte di salvezza nazionale che ha anche deciso di boicottare le urne.
Se l’Opposizione dovesse permanere nella sua decisione a contendersi i seggi del prossimo parlamento sarebbero i Fratelli Musulmani, con il loro partito “Giustizia e libertà” e i salafiti di “Al Nour” (“La luce”).
Dialogo fermo anche con le tre Chiese cristiane (copto-ortodossa copto-cattolica e anglicana) che hanno dichiarato di non voler più dialogare con la presidenza Morsi, dopo che quest’ultimo ha rifiutato un incontro nel quale i leader religiosi avrebbero dovuto presentare le loro obiezioni sulla Costituzione. Il tutto mentre la lira egiziana perde valore, il turismo, volano dell’economia nazionale, non accenna a ripartire, e il negoziato con il Fondo monetario (Fmi) per un prestito di circa 5 miliardi di dollari è bloccato fino a quando non verrà presentato un piano di tagli a sprechi e costi dell’amministrazione pubblica. L’indice di gradimento del presidente Morsi è passato dal 78% dei primi cento giorni di mandato al 35% di oggi. Il voto per eleggere la camera bassa del Parlamento prenderà il via il 22 aprile e si svolgerà in 4 tappe, divise per aree geografiche. L’Assemblea del popolo era stata sciolta nel giugno del 2012 dopo la sentenza di incostituzionalità delle legge elettorale. Sul particolare momento dell’Egitto, Daniele Rocchi, per il Sir, ha intervistato il vescovo di Giza, monsignor Antonios Aziz Mina.
Come giudica la decisione del presidente Morsi di indire le elezioni in un clima così teso a livello politico, sociale ed economico?
“Credo si tratti di una scelta inopportuna. Nessuno è contento sebbene il Governo pensi il contrario. Morsi ha anche affermato, durante la sua recente visita in Germania, che lo stato di emergenza lo ha imposto su richiesta del popolo. Non so davvero con chi si sia consultato. Inoltre, la data del primo turno del voto era stata fissata, inizialmente, il 27 aprile, per noi la vigilia della domenica delle Palme, e quella del secondo turno il 5 maggio, domenica di Pasqua. I leader politici dovevano sapere che in quei giorni i cristiani celebrano la Pasqua. Non hanno quindi tenuto conto del calendario delle nostre feste e questo mi sembra grave. Hanno poi rimediato anticipando la tornata elettorale al 22 aprile. La verità è che il presidente non è rappresentativo di tutto l’Egitto, ma solo di una parte. L’Egitto sta diventando un Paese senza diritto”.
L’Opposizione ha scelto di boicottare il voto, cosa faranno le Chiese cristiane?
“Non siamo per il boicottaggio, non rientra nella nostra mentalità di Chiesa. Desideriamo partecipare e portare il nostro contributo, ma vogliamo far capire che non è possibile andare avanti così. L’opposizione fa le sue scelte come è giusto che sia. Personalmente credo che questo voto sarà privo di effetti significativi. Non si può pretendere di governare il Paese senza ascoltare nessuno”.
Nemmeno le Chiese sono state ascoltate quando si è trattato di parlare della Costituzione di chiara impronta islamista…
“Come Chiesa siamo aperti al dialogo. Abbiamo fatto molteplici tentativi ma ogni volta ci siamo trovati di fronte ad un muro eretto da fratelli musulmani e dai salafiti. In ogni incontro noi rappresentavamo le nostre idee ed obiezioni ma senza avere nessun ascolto. La scelta di non essere presenti al tavolo indetto dal presidente Mohamed Morsi vuol dire che non si può andare avanti in questa maniera, che è necessario ascoltare gli altri allo scopo di trovare un’intesa tra le parti interessate. L’impronta islamista della nuova Costituzione, per nulla moderata, ora si riflette in tutti gli ambiti della vita egiziana innescando tensioni e malumori”.
Se il dialogo con la presidenza segna il passo, sembra andare meglio quello ecumenico, con la nascita del Consiglio nazionale delle Chiese cristiane in Egitto. Che effetti positivi può produrre una maggiore unità dei cristiani per il Paese?
“Giudico importante la ritrovata sinergia con le altre chiese testimoniata dalla nascita, la scorsa settimana, del Consiglio nazionale delle Chiese cristiane in Egitto cui partecipano i copto-ortodossi, i cattolici, i greco-ortodossi, gli anglicani e gli evangelici. Il nuovo organismo ci aiuterà, poi, nel dialogo ecumenico, e a esprimere una posizione comune circa la convivenza con i non cristiani”.
A proposito di convivenza, si registrano ancora violenze contro i cristiani?
“Si verificano degli episodi, certamente, ma non registriamo un particolare aumento. Ciò che ci fa più male, però, è che non vediamo la volontà del Governo di mettere fine a questi gravi fatti. Chi li compie non viene perseguito e la criminalità aumenta e con essa l’insicurezza e l’instabilità”.
Benedetto XVI ha chiuso il suo pontificato con l’abbraccio di tutta la Chiesa…
“Abbiamo fatto una settimana di digiuno per il Santo Padre che ha compiuto un gesto di coraggiosa responsabilità poiché ha saputo, al momento giusto, riconoscere che era venuto il tempo per lui di lasciare il servizio petrino. Rimarrà per sempre nel nostro cuore”.
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