La Francia è sotto choc dopo il rapimento in Camerun, il 19 febbraio scorso, di una intera famiglia con tre adulti (due genitori e uno zio) e quattro bambini di 5, 8, 10 e 12 anni. Nei giorni scorsi i rapitori, gli estremisti islamici del gruppo Boko Haram, hanno diffuso su YouTube un video con le immagini della famiglia francese in ostaggio, chiedendo in cambio la liberazione di detenuti jihadisti in Nigeria e Camerun. Il governo francese, impegnato in prima linea nel conflitto in Mali, ha dichiarato che farà il possibile per il loro rilascio, ma non starà al gioco dei terroristi. Sulla delicata vicenda i vescovi francesi, per discrezione, non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali. L’arcidiocesi di Lione, dove risiedono i parenti della famiglia, ha organizzato però delle iniziative di preghiera e mobilitazione. Patrizia Caiffa, per il Sir, ne ha parlato con monsignor Bernard Podvin, portavoce della Conferenza episcopale francese. Che sottolinea come, per tutti, sia stato “uno choc terribile”.
Una famiglia intera e quattro bambini rapiti. Nel gioco di ritorsioni dell’estremismo islamico è caduto anche quest’ultimo tabù?
“Sì. Prendere in ostaggio degli innocenti è stato uno choc terribile. Come pure colpire il simbolo della famiglia, una famiglia intera. È stato veramente scioccante, un’emozione molto grande”.
Qual è stata, in generale, la reazione dell’opinione pubblica francese?
“Una grande emozione. Il fatto che siano coinvolti dei bambini colpisce molto l’opinione pubblica, è un fatto scioccante. Già c’era stata molta emozione con gli altri ostaggi rapiti in passato: giovani, studenti, ingegneri che contribuivano alla vita civile dei Paesi. La gente è turbata dal fatto che sia stata rapita un’intera famiglia”.
In Italia non se ne parla molto. Ci sono novità sulla vicenda?
“Sfortunatamente non ci sono fatti veramente nuovi. Siamo solo in attesa. Dopo la diffusione del video, c’è stata una polemica riguardo all’opportunità di renderlo noto o meno da parte dei media. C’è chi pensa che sia stato giusto mostrarlo per incoraggiare il sostegno. Altri, invece, pensano che invece faccia pubblicità ai rapitori. È un argomento molto difficile. Ma si percepisce che le persone hanno fiducia nei responsabili della sicurezza. Sappiamo che l’esercito e il potere politico stanno facendo tutto il possibile. Credo ci sia fiducia nella nostra difesa nazionale nel portare avanti le negoziazioni”.
Quali sensazioni prevalgono tra i cattolici francesi?
“Siamo in una situazione di attesa commossa e solidale. C’è molta emozione, molta solidarietà e preghiera nei confronti di questa famiglia e di tutti gli altri ostaggi. La Chiesa francese, come tutti i cittadini, segue con grande attenzione tutti gli avvenimenti. La Francia ha preso le decisioni che andavano assunte, che sono state approvate da molti Paesi della comunità internazionale, sicuramente con sofferenza. Ma come diceva Giovanni Paolo II, la guerra non è mai una buona notizia”.
La famiglia rapita è cattolica praticante?
“Sì ed è molto impegnata nella sua parrocchia. C’è un grande movimento di solidarietà e preghiera intorno ai parenti, che vivono a Lione. Sarebbe stato lo stesso anche se non fosse stata cattolica, ovviamente. Ma il fatto di essere cattolica ha portato a una mobilitazione della parrocchia e dell’intera regione”.
Nei giorni scorsi anche i musulmani di Francia hanno duramente condannato il rapimento. Organizzerete iniziative comuni?
“Il dialogo tra musulmani e cristiani in Francia è molto fraterno. Il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, ha ottime relazioni con loro. L’arcidiocesi di Lione ha pregato per la famiglia, c’è stata una celebrazione. Per ora non pensiamo di fare iniziative comuni. Tutti i francesi sono comunque attenti all’evoluzione di questo dramma. La preoccupazione principale dei francesi, cattolici compresi, è di non disturbare il lavoro di chi sta svolgendo la difficile missione di cercare soluzioni. Siamo tutti in attesa”.
Con l’intervento in Mali si è aggravato il rischio di ritorsioni contro i francesi in Africa. Avete paura?
“Certo, ogni sequestro è un fatto scioccante, ma allo stesso tempo bisogna avere fiducia, vivere le relazioni. L’amicizia e la collaborazione con i popoli africani deve essere ancora più grande. La vita deve continuare, nella misura del possibile”.