ITALIA – Sono passati più di dieci anni dalla legge 28 maggio 2001 n. 149 che stabilì l’istituzione di una banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili e ai coniugi aspiranti all’adozione nazionale e internazionale. Di fatto solo il 15 febbraio 2013 è stato firmato dal capo del Dipartimento per la giustizia minorile, Caterina Chinnici, e dal direttore generale dei sistemi informativi automatizzati, Daniela Intravaia, il decreto dirigenziale che la istituisce. La banca dati sarà aggiornata ogni tre mesi. Le associazioni che si occupano di adozioni aspettavano da tempo questo provvedimento, ma c’è una diversa considerazione sui suoi effetti. L’avvio della banca dati offre anche l’occasione per fare il punto sul mondo delle adozioni nel nostro Paese, mondo nel quale s’incrociano il diritto dei bambini abbandonati ad avere una famiglia e i sogni e le attese degli aspiranti genitori.
Bambini con problemi. “Abbiamo sempre sollecitato la banca dati, perché i Tribunali, conoscendo le disponibilità delle singole famiglie e le esigenze dei bambini adottabili, faranno il miglior abbinamento possibile soprattutto per i piccoli con difficoltà a trovare una famiglia”, sostiene Donata Micucci, presidente dell’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie). Ma la banca dati, quando sarà operativa, a suo avviso, “non sarà risolutiva” perché altri sono i problemi. Per Micucci, “c’è un’oggettiva difficoltà a trovare famiglie disponibili all’adozione di bambini grandicelli e con problemi di salute”. Per superare questo scoglio, “la legge n. 149 del 2001 prevede che le istituzioni sostengano anche economicamente i genitori adottivi disponibili ad adottare bambini grandi o malati, sempre che questo aiuto economico sia compatibile alle esigenze di bilancio”. Secondo la presidente dell’Anfaa, “tale inciso ha permesso alle istituzioni di essere latitanti. Solo il Piemonte ha deliberato in merito al sostegno dell’adozione difficile, a partire da bambini di più di 8 anni, invece che di 12 anni come prevede la legge nazionale. È stata sollecitata anche la Regione Lombardia a deliberare altrettanto, ma senza risultati”.
Il rischio di tornare indietro. Un altro problema per Micucci è “il diffondersi di una cultura pericolosa e trasversale: tutte le istanze sono promosse per ampliare le possibilità di adozione anche a persone più avanti negli anni, a conviventi e a coppie omosessuali”. Questo dibattito, sottolinea la presidente dell’Anfaa, “parte da un presupposto sbagliato: ritenere che l’adozione sia un diritto di un adulto, mentre esiste solo il diritto del bambino in situazione di abbandono a essere adottato. Purtroppo, i legislatori negli ultimi tempi stanno portando avanti un’ottica completamente opposta e obsoleta”. Micucci ricorda che “l’Anfaa è nata proprio cinquant’anni fa per dare un contributo alla modifica della vecchia legge che partiva dal diritto dell’adulto. Nel 1967 è stata approvata una nuova legge, che ha riconosciuto l’adozione come una risposta al diritto del bambino abbandonato ad avere una famiglia. Adesso si rischia di tornare indietro”. C’è poi un problema di mentalità tra gli aspiranti genitori: la maggioranza delle coppie desidera un bambino piccolo e sano. “Occorre perciò aiutare le coppie a maturare una decisione più consapevole e garantire un sostegno dopo l’adozione, e non solo nel primo anno dopo l’arrivo del bambino in famiglia”, precisa la presidente dell’Anfaa.
Nuove possibilità. “Anche se non costituirà un cambiamento epocale, la banca dati sarà utile per diversi aspetti”, evidenzia Alberto Pezzi, referente nazionale per le adozioni di Famiglie per l’accoglienza. Innanzitutto, “farà crescere la conoscenza tra le diverse istituzioni preposte e le opportunità disponibili rispetto ad una determinata situazione”. In secondo luogo, “permetterà di registrare il tempo che passa dalla dichiarazione di adottabilità di un minore al momento effettivo in cui trova famiglia e farà conoscere quanti minori per problematiche sanitarie o di età rimangono esclusi da questi percorsi”. Finora, infatti, “questi dati non erano conoscibili”. “Nel 2011 – chiarisce Pezzi – sono state fatte circa mille adozioni nazionali, ma non si sa invece quanti bambini adottabili ci sono in Italia”. Oltre all’”effetto trasparenza sui numeri”, la banca dati, poi, “potrebbe favorire l’uniformità del metodo. I Tribunali di minori e i servizi, infatti, hanno approcci all’abbinamento e all’idoneità delle famiglie molto diversi tra di loro. L’apertura di uno scenario nazionale sui bambini adottabili e le famiglie disponibili potrebbe far nascere una domanda sulla difformità di criteri e rimediare”. Famiglie per l’accoglienza, comunque, malgrado le criticità del sistema, “riafferma la necessità che i Tribunali per i minorenni e i servizi sociali restino punti fermi nel presidiare il rilascio dell’idoneità e le valutazioni delle famiglie che fanno richiesta”. Pezzi ricorda infine che “in Italia i giudici decretano il decadimento della patria potestà solo in casi gravissimi, per mantenere il più possibile il rapporto tra minore e famiglia di origine”. Perciò, “da noi ci sono moltissimi bambini in affido”.
Fare chiarezza. La firma del decreto istitutivo della banca dati è “una vittoria dei bambini perché quando sarà veramente operativa faciliterà l’adozione”, afferma Marco Griffini, presidente dell’Associazione Amici dei bambini (Aibi). Preoccupa l’Aibi “la stima pubblicata a novembre dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali secondo cui ci sarebbero 2300 minori attualmente adottabili in Italia”, ma solo attraverso la banca dati “si potrà fare chiarezza sul dato nazionale”. Inoltre, “la banca dati metterà in connessione i 29 Tribunali per i minorenni esistenti in Italia in modo da effettuare abbinamenti tra bambini e famiglie in tutto il Paese”. Ma c’è un ulteriore problema. “Il capo del Dipartimento per la giustizia minorile, Caterina Chinnici, a gennaio ci ha detto che solo otto Tribunali hanno una banca dati in grado di collegarsi con gli altri”, ricorda Griffini, per il quale c’è anche un’altra opportunità legata alla banca dati nazionale: “Aprire l’Italia all’adozione internazionale, cioè permettere a coppie straniere di adottare quei nostri bambini che le coppie italiane non sono interessate ad adottare. Oggi non si può fare perché senza la banca dati non possiamo assicurare che sia stato fatto tutto il possibile per lasciare in Italia il minore”.
Il calo delle adozioni internazionali. Un capitolo a parte è l’adozione internazionale. Nel corso del 2012 la Commissione adozioni internazionali ha rilasciato l’autorizzazione all’ingresso in Italia per 3.106 bambini provenienti da 55 Paesi, adottati da 2.469 famiglie residenti in Italia. Rispetto al 2011, c’è stato un calo pari al 22,8% per quanto riguarda il numero di minori adottati e al 21,7% per quanto riguarda le coppie adottive. Micucci, Pezzi e Griffini concordano nel ritenere la crisi economica una delle cause del calo, come pure i problemi registrati in alcuni dei Paesi da cui provengono i bambini. Ma mentre Pezzi ritiene che un peso abbia l’aumento dell’età media dei bambini adottati, uguale a 5 anni e 11 mesi, con storie problematiche alle spalle, Griffini è preoccupato soprattutto della diminuzione delle richieste di idoneità, legata, a suo avviso a “un problema di ordine culturale”. “L’adozione internazionale viene vista come una scelta egoistica della coppia – denuncia Griffini – e questo ha portato alla cultura della selezione e non dell’accompagnamento”.
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