Cosa pensare scorrendo i numeri impietosi di Bankitalia?
“Avevamo ampiamente previsto una situazione del genere, non solo perché oggi siamo davanti ad una crisi che aggrava il tutto ma soprattutto perché avevamo denunciato che le famiglie si impoverivano per colpa della tassazione che colpisce anche cose non tassabili. E mi spiego: la Costituzione italiana dice che bisogna pagare le tasse in base alla propria capacità contributiva. Ora se questa viene intaccata in modo deciso accade che la famiglia si impoverisce poiché deve far fronte a più tasse di quelle che può pagare realmente. Altro punto: l’incremento della disoccupazione giovanile lo paga la famiglia che deve tenersi con sé il proprio figlio. Questo, una volta, all’età di 22-25 anni usciva e prendeva la sua strada. Oggi non è così. Il giovane resta con i genitori anche dopo i 26 anni, età in cui la famiglia non può più tenerlo a carico perdendo così le agevolazioni fiscali”.
Il fisco, dunque, causa primaria di questo impoverimento?
“L’impoverimento è anche dovuto al fisco diventato esoso in modo particolare con chi ha a carico un familiare. Recentemente si è aggiunta anche altra fiscalità come l’Imu, l’Ires, che va a sempre colpire la famiglia. Ma oltre al fisco a pesare ci sono anche altri fattori critici quali la mancanza di lavoro, la cassa integrazione, la disoccupazione. Chi reagisce meglio è la persona che vive sola che ha meno oneri e carichi. Il fattore crisi viene di fatto amplificato da queste leve fiscali assolutamente inique”.
Altro dato che colpisce è quello che vede il balzo, dal 40% del 1990 al 65% del 2010, delle famiglie che ritengono il proprio reddito inferiore al necessario. Un incremento superiore alla media per i nuclei operai, i giovani e per chi vive in affitto…
“È evidente che cambiano anche i tempi: venti anni fa ci si accontentava di poco. Poi il tenore di vita è leggermente migliorato e mantenerlo ha richiesto maggiori risorse che ora, però, stanno calando. Ci stiamo abbassando negli standard di vita. La sensazione che ha la famiglia rispetto a venti anni fa è che stia peggio, forse non in senso assoluto, dovendo frenare se non addirittura fermarsi. Stiamo tornando indietro, questo è il problema”.
Bankitalia ha rivelato anche che il tasso di risparmio che nel 1991 era pari al 23,8% del reddito disponibile, nel 2010 è sceso a picco toccando quota 9.7%. Oggi più di una famiglia su cinque va avanti mangiandosi i risparmi o facendo debiti…
“Se non si arriva a fine mese si va a pescare sul risparmio. Un fatto che tocca anche il ceto medio che è la maggioranza della popolazione italiana. Una movimento recessivo di qualche ‘per cento’ nel consumo su una fascia elevatissima di popolazione si ripercuote in modo negativo sulle vendite, sulla redditività, con conseguente aumento dei disoccupati. Si tratta di un processo negativo che una volta innescato si fa fatica a fermare”.
Alla luce di questi numeri sembrerebbe che la famiglia abbia perso anche il suo ruolo di ammortizzatore sociale, capace di reggere shock negativi come la crisi attuale, è così?
“E’ chiaro che la famiglia non ce la fa più. Come dicevo prima il giovane che non lavora resta nella famiglia di origine a carico completo e ciò che i genitori spendono per lui rientra nella parte tassabile. A lungo andare la situazione diventa insostenibile e le conseguenze sono davanti ai nostri occhi”.
Cosa fare per dare sollievo alle famiglie in sofferenza?
“Due sono i fronti su cui agire: il primo è quello della spesa. Ridurre assolutamente le spese delle famiglie, soprattutto quelle ingiuste e non corrette, ricorrendo ad una distribuzione equa della fiscalità. Una cosa mai fatta, che nessun Governo ha mai voluto adottare scegliendo interventi spot, inventati dalla sera alla mattina. E lo dico a ragion veduta dal momento che sono anni che verifico ciò che fanno i Governi in questo settore. Non si è programmato nulla ma si è inventato. Altro fronte è la redistribuzione equa delle poche risorse disponibili. Se diamo risorse alle famiglie, queste le useranno non per metterle nei risparmi ma per acquistare il necessario per vivere. Questo è un fenomeno assolutamente positivo che va a favore dello sviluppo e contrasta la recessione. Questo i nostri politici e tecnici non lo hanno mai capito ed attuato”.
Per quale motivo scelte del genere non sono mai state applicate? Andavano forse ad intaccare interessi particolari?
“Credo che la ragione sia soprattutto di natura culturale. Il politico ha sempre visto la famiglia come qualcosa da assistere. Per fare un esempio: quando c’era da pagare le tasse si concedeva la detrazione fiscale per il figlio a carico e così via. Si adottavano interventi spot, di natura propagandistico-elettorale, senza programmazione. Quella programmazione necessaria a comprendere lo sviluppo futuro dell’economia sulla base di scelte oculate e non mirata alle prossime elezioni. La famiglia non viene considerata una risorsa, un volano per l’economia del Paese. Oggi i nostri politici e tecnici guardano allo spread, alle banche e non vanno a vedere l’economia vera, quella del consumo che fa vivere tutte le nostre famiglie”.
Il quadro a tinte fosche che emerge dai dati di Bankitalia è destinato a restare tale senza una vera politica a favore delle famiglie?
“Con la situazione politica italiana attuale non vedo luce in fondo al tunnel. Il recente voto mostra una situazione confusa in cui è più importante gridare che non portare avanti delle idee chiare. Da una parte sono pessimista, ma dall’altra mi auguro che questi scossoni a livello culturale e politico servano per smuovere le coscienze di chi non si è mai mosso e giungere a delle soluzioni. Il mio pessimismo è attenuato anche dalla rete familiare italiana che è ancora forte. Le nostre famiglie non sono solo quelle dei delitti e dei disastri ma anche quelle della solidarietà, dell’accoglienza, della capacità di tenere anche nei momenti più duri. Ed è per questo che vanno aiutate e sostenute”.