Di Don Lorenzo Bruni
Sono le cinque meno un quarto del pomeriggio di un piovoso 13 marzo. Mi alzo dalla scrivania della Biblioteca della Gregoriana, lasciandomi alla spalle per oggi il lavoro di ricerca per il Dottorato, che vado portando avanti presso questa antica Università dei Padri gesuiti, fondata proprio da Sant’Ignazio di Loyola.
Pian piano, armato di un essenziale ombrello, mi avvio a piedi da Piazza Venezia lungo il Corso Vittorio Emanuele, che sta diventando man mano un’unica fiumana di volti, di sguardi, desiderosi di incontrare il volto e lo sguardo del nuovo Pastore. Arrivo in una mezz’oretta al principio di Via della Conciliazione, e comincio a sentire nel mio cuore un’attesa sempre più forte… non so perché, ma sento che questo pomeriggio, così cupo nell’aspetto meteorologico, ci riserverà invece una grande e duratura gioia. I primi tre scrutini non hanno infatti dato nessun risultato, e le loro due fumate nere hanno accresciuto in me come in tutti i fedeli cattolici la voglia di salutare festanti un nuovo Pontefice per tutta la Chiesa. Passo dopo passo mi introduco nel grande abbraccio della piazza, sottoponendomi ai controlli della polizia, e portandomi molto avanti, tra l’obelisco ed il balcone, già da ore ornato a festa con i drappi. Sono molto avanti in realtà, a pochi metri dalle transenne che delimitano il perimetro del sagrato vero e proprio della basilica vaticana. E mi accorgo che siamo in tanti, tanti e diversi. Sento parlare molte lingue intorno a me, e le macchine fotografiche come i cellulari ed i tablets impazzano all’intorno, cercando di captare particolari e sorrisi di questo pomeriggio romano. I maxischermi inquadrano unicamente il comignolo della Sistina, mentre il giorno cede il passo al crepuscolo… ed i minuti passano.
È bello essere lì in attesa.
Penso alla grande opportunità che potrei star vivendo, una opportunità storica, con un papato terminato con la scelta delle dimissioni, ed una Chiesa che attende fiduciosa un Papa che possa ereditare un compito decisamente delicato, seppur sublime.
Nell’attesa si prega, si parla, conoscendo chi ti è accanto e cercando di spiegare, per quanto è possibile in quegli istanti, la situazione nuova che la Cattolicità stavolta si trova a vivere, dopo secoli.
Si ritrovano anche vecchi amici e conoscenti, accorsi come tanti in queste ore ai piedi delle colossali statue dei Santi Apostoli, ad attendere un annuncio che si spera stavolta possa essere positivo. L’ora in cui doveva esserci una prima eventuale fumata è ormai passata, siamo troppo avanti con l’orario… perciò tutti comprendiamo che si è orientati all’attesa dell’ultimo, il quinto scrutinio, che potrebbe portarci gioia e consolazione. Intanto la pioggia imperversa ora leggerissima ora pesante e rumorosa sui nostri inefficaci ombrelli, che ormai sono più una decorazione che una vera e propria protezione. Il grande orologio che sovrasta le campane segna ormai le diciannove… inizia un’attesa che si fa ormai nei secondi… ma quel lieve ritardo nell’annuncio portato dalla fumata inizia a far riflettere… al mattino infatti i due scrutini negativi in paragone erano stati già da tempo conclusi ed annunciati col fumo nero. D’un tratto un unico boato nella piazza, un unico grido: fuma, fuma, è bianca!
Pochi istanti dopo il grande campanone del Valadier si muove… il cuore è al massimo dell’emozione.
Il suono profondo e sonoro dei bronzi pontifici allarga per tutta Roma la notizia che il Pastore s’è fatto, che il Papa è stato eletto, che il Pontefice presto ci si farà conoscere ed amare. Poi il fumo cessa, le campane tornano a tacere ed inizia un’attesa diversa, stavolta davvero fervente. Si prega, si canta, si agitano bandiere… ma il silenzio fa parlare il cuore più che le labbra… chi sarà, chi sarà? Si cominciano a bisbigliare nomi o nazioni, idee diverse e confuse, forse troppo influenzate da una facile e distorta comunicazione di massa. E si chiudono gli ombrelli, perché sembra che il cielo si arresti nel suo mandarci la pioggia, ed anche per vedere bene lo stupendo spettacolo della facciata illuminata ad arte, che diventa per tutti noi un palcoscenico di un atto ormai unico. Poi il rito si svolge come la tradizione vuole… si accendono le luci interne della loggia e cominciano gli applausi, che aspettano da un’ora che ci si dia notizia dell’eletto dai Padri Cardinali. Ecco la grande finestra che si schiude e la figura stanca e malata del Protodiacono che annuncia col testo tradizionale latino il nome atteso… Georgium Marium… silenzio… Bergoglio… ed un grande silenzio piomba sulla piazza… un silenzio che è fatto di attese troppo scontate, e quindi velocemente disilluse. Ma ciò che sconvolge è il nuovo nome: Francesco…
Francesco? Francesco di Assisi! Il Santo frate poverello, il Cristo del secondo millennio, il giullare della gioia che viene da Dio! Un nome mai usato, un nome che rompe tante catene di nomi numerati, e che irrompe in questo inizio di millennio, il terzo dell’era cristiana. Tutti si consultano. Io sapevo che il Cardinale Bergoglio, gesuita come i miei Professori, argentino e di origini italiane, piemontesi, era stato in lista nel passato conclave… ma ora non ero proprio pronto a vederlo come Pontefice, forse anche per tutto quello che si era detto nei giorni precedenti sulla scelta di un Papa più giovane, di un Pastore più in forza per affrontare un così difficile compito. Ma non contano – mi sono detto poi ad un certo punto – i nostri intricati e sciocchi ragionamenti: è lui che lo Spirito ha indicato alla Chiesa del 2013! Ecco che buttano giù il drappo dal balcone… è bianco, senza stemma, perché non vi è nessun Papa morto, ma vi è in Papa “emerito” anche lui in attesa (non sapevamo chiaramente della telefonata…). E poi, annunciata dalla croce di Cristo, ecco la figura tutta bianca del Vescovo di Roma… ed è subito gioia e consolazione! Accenna qualche semplice gesto di saluto, e ricorda nella sua semplicità grandi suoi predecessori… sembra ora uno dei due Pio, l’undicesimo, grande avversario della guerra, il dodicesimo, grande rinnovatore dei costumi… ora ricorda Paolo VI, e la sua persona dimessa e nobile, ora Giovanni Paolo I, che cerca e chiede di parlare, ma non può… perché “non è consuetudine”… ma lui invece ci parla, ci comunica la sua missione di Vescovo… questo è il centro del suo messaggio, che si apre con un cortese augurio di buonasera!
Ci fa pregare le preghiere cristiane, quelle che insegniamo ai piccoli, quelle dei semplici, quelle del popolo, e lo fa chiedendo di pregare per il suo predecessore, il Vescovo emerito… e così ci insegna anche una più sapiente e corretta definizione per Benedetto XVI. Poi dice che vuole benedirci, ma prima vuole che siamo noi a “dire-bene” su di lui, e nel silenzio si inchina con le mani giunte verso la piazza! Poi pronuncia le parole del rito, indossata la sola stola sull’abito bianco, con il quale ha deciso di mostrarsi al mondo… senza altre insegne che la sola croce pettorale, ma quella di tutto il suo episcopato, che quindi evidentemente non conosce ora una frattura od un nuovo inizio, ma prosegue nel segno di una continuità di amore a Cristo ed alla Chiesa… poi l’annuncio che l’indomani andrà a pregare la Madonna, ma dove???
E poi Papa Francesco si ritira, salutando nuovamente ed augurando con grande familiarità, quasi fosse un padre di famiglia, la buonanotte ai suoi figli devoti.
La piazza è tutta un grido, un canto, una lacrima di commozione, anche sul mio volto, che è stanco, ma contento di aver preso parte dal vivo, per dono provvidenziale, a questo decisivo momento della vita della Chiesa e della storia umana. Ci si parte ora da quella grande assemblea… ci si chiedono tante cose, si parla subito di tante altre… io non ho scattato fotografie, non ho filmato nulla… ed ora neanche parlo… tengo tutto stretto nel mio cuore… sono momenti preziosi… che condivido semplicemente con chi mi è accanto, più con stupore che con volontà di comprendere. E così mi allontano lungo la via… col cuore gonfio di gratitudine all’azione profetica dello Spirito, che ha voluto donarci un nuovo Vescovo di Roma, un nuovo Pastore che “presiede nella carità a tutte le Chiese”. E riprendo il mio cammino quotidiano, confortato dalla sua presenza di spontanea naturalezza, certo segnata da una comprensibile emozione, che nessuno potrebbe non vivere in quegli istanti. Riprendo un cammino che sarà nei prossimi giorni sicuramente ricco di novità, ma nel segno di una grande continuità, quella che la Chiesa garantisce dall’epoca apostolica attraverso la successione apostolica. Certo è che vedere il Papa, il Pontefice, decorato d’una sola croce di metallo, mi spalanca la mente alla speranza di una Chiesa che si metta permanentemente il grembiule del Giovedì santo, e si schieri una volta per tutte dalla parte dei poveri, lontana ormai anni luce dai giochi di Palazzo e dagli intrighi di potere, dalle mentalità vecchie e stantie di discorsi altisonanti e vuoti, che chiamiano “ecclesiastichese”, e magari anche di carriere di dignità o di titoli, che poco hanno a che fare con il servizio ministeriale al Popolo Santo di Dio.
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Grazie don! Mi hai fatto emozionare e nell’emozione mi unisco alla tua speranza che la Chiesa, tutti noi, si metta permanentemente il grembiule del Giovedì santo.
I Papi sono come astri, brillano di Fede nel cielo della cristianità, scaldano i cuori con vampe di Carità,oltre che con parole e gesti carichi di tenerezza, incoraggiano le anime alla fratellanza reciproca, versando in esse galassie di Speranza. Proprio come i corpi celesti a poco a poco esauriscono l’energia e vengono sostituiti da altri, più giovani, così si spengono questi grandi uomini, in un guizzo d’Amore o più semplicemente ritengono giusto farsi da parte, umili e di mirabile probità, per una volontà divina che si rivela tale anche quando sembra loro, lasciando l’incarico al nuovo Santo Padre, il cui sguardo splende di Grazia rinnovata.