Di Giovanna Pasqualin Traversa
L’augurio che la “cultura della risurrezione” auspicata e promossa da Chiara Lubich cominci ad entrare “in dialogo con i vari universi di pensiero” in modo da “innervare in maniera proficua il vissuto culturale del nostro tempo”. Ad esprimerlo ieri mattina a Roma è stata Maria Voce, presidente del movimento dei focolari, aprendo nell’aula magna dell’Università “La Sapienza” di Roma i lavori del convegno “Chiara Lubich. Carisma, storia, cultura”, promosso in occasione del quinto anniversario dalla morte della fondatrice (1920 – 2008). L’incontro, una riflessione multidisciplinare offerta da docenti di diversi Paesi del mondo, si conclude oggi al Centro Mariapoli di Gastelgandolfo.
Semi di verità. Per sottolineare il legame della trentina Chiara Lubich con la città di Roma, ieri l’amministrazione capitolina le ha dedicato la stazione della Metro B1 di Viale Libia, “zona nella quale Chiara ha vissuto negli anni’60 “, afferma il sindaco Gianni Alemanno. Entrando nel vivo del convegno, Alba Sgariglia, responsabile del Centro studi “Scuola Abbà”, fondato nel 1990 dalla Lubich, sottolinea la necessità di “posporre, nella mente e nel cuore, tutte le conoscenze acquisite negli anni nel proprio campo di studio” per cercare “quei semi di verità nascosti nelle varie scienze umane, quella verità che unisce”. Per mons. Piero Coda, preside dell’Istituto universitario “Sophia” di Loppiano, oggi occorre fare propria l’intuizione della Lubich: “guardare a Dio (per chi crede), all’uomo e al cosmo (per tutti) con gli occhi di Gesù, quelli di un amore senza condizioni e senza misura”, risvegliando e portando ad efficacia di prassi “la logica del dono che abita la nostra coscienza, che ci fa donne e uomini responsabili gli uni degli altri nel concreto della vita sociale, culturale, economica e politica”.
Una “sana competizione”. “Attivare la relazionalità come elemento di formazione e crescita delle identità personali e collettive”; assumere “l’amore-agape come paradigma cognitivo ed operativo della vita di ognuno e della realtà comunitaria”; affrontare i conflitti accettandone la complessità con lo strumento del dialogo per “lanciare ponti e riannodare fili spezzati”. Sono le indicazioni di Vera Araujo, responsabile del Centro per il dialogo con la cultura contemporanea, in vista di un impegno “all’altezza delle sfide del nostro tempo”. Sulla stessa linea Angel Lombardi, rettore dell’Università cattolica di Maracaibo, secondo il quale le priorità odierne sono “il concetto di rinuncia e servizio agli altri”, la promozione della tolleranza e soprattutto del dialogo. Dialogo che, avverte tuttavia Ingeborg Gabriel(Università di Vienna), “richiede identità chiare e un impegno a favore della verità”. E la ricerca di quest’ultima, precisa, non è superflua, ma garantisce una direzione alla nostra vita”. Da Gabriel, inoltre, l’auspicio di una “sana competizione con persone di altri credo”. Questa, conclude, “è la vera speranza per il mondo: che vi siano persone giuste, di tutte le denominazioni e religioni, che agiscano animate da amore e giustizia, mostrando come il bene possa vincere il male e contribuendo ad una maggiore unità del genere umano”.
Diritto, economia, ambiente. Analizzando le “fonti del diritto”, Adriana Cosseddu (Università degli studi di Sassari) ripropone, tra l’altro, il tema della “relazionalità” e della “comunione” intesa non nel senso patrimoniale di “contitolarità dei beni”, bensì come apertura alla persona secondo uno stile che “interpella anche il diritto”. Premessa, insieme ad altre, per pensare quest’ultimo “non più come strumento per tracciare confini di esclusione o inclusione”, ma piuttosto come “ponte” che pur preservando la distanza, “la rende percorribile” e “colma un vuoto altrimenti invalicabile”. Di “principio di fraternità” come pilastro del concetto di “giustizia relazionale” parla Antonio Maria Baggio (Istituto “Sophia”). “La fraternità che trattiene insieme la libertà e l’uguaglianza”, spiega, produce “un pensiero che non esclude, non omologa, ma riconosce e mette in comunione” consentendo di “comprendere la complessità”. La fraternità “è il vincolo della politica quotidiana; permette di scrivere le leggi e di innalzare le istituzioni”. In risposta alle vecchie e nuove povertà crescenti anche nel mondo occidentale, Luigino Bruni (Università Lumsa) rilancia l’economia di comunione, lasciata “come eredità di prassi e di pensiero” dalla Lubich e realizzata su larga scala dal Movimento, dicendosi tuttavia convinto che “la sua parte più interessante e innovativa debba ancora incominciare”. “Comunione” e “trasfigurazione” sono i due paradigmi offerti da Sergio Rondinara (Istituto “Sophia”) per declinare il rapporto tra persona e natura, oggi caratterizzato da una “configurazione critica cui è stato dato il nome di crisi ambientale”. Questa, secondo l’esperto, non può essere superata “con provvedimenti esclusivamente tecnico-scientifici o economici”, ma richiede una seria riflessione “sull’agire umano”. In tale prospettiva occorre “acquisire un’ottica di comunione (tra noi, con Dio e con le cose) e di trasfigurazione che stimoli e risvegli in ciascuno di noi la dimensione profonda e misteriosa del nostro agire”.