Quando un mondo nuovo si affaccia, viene anticipato dai segni che vanno interpretati. Accade nei grandi passaggi della storia, ma anche in quella cronaca minima che è la politica italiana.
Spesso ridotta a chiacchiericcio di comari o a cortile di casa per élites stanche e rassegnate, la politica va comunque presa sul serio perché da essa spesso dipende la vita di tanti.
Basti un esempio: la montagna di debito pubblico che ci soffoca e pesa come un macigno sulle spalle di tutti i cittadini italiani sta lì a dimostrare che le scelte di pochi possono segnare il destino di un intero popolo.
Dunque, tutto ciò che accade nelle aule parlamentari ci riguarda. Così come ci tocca anche quello che della politica non vediamo, eppure intuiamo che accada in qualche stanza della Repubblica.
Il mondo nuovo è quello di un Parlamento privo di maggioranza, incapace di esprimere un governo stabile.
Il mondo nuovo è quello che per eleggere i propri massimi organi di funzionamento democratico, le presidenze, deve sperare nel soccorso di quanti, disobbedendo alle indicazioni del proprio capopartito, danno una mano per garantire la funzionalità minima delle istituzioni democratiche.
Il mondo nuovo è quello che si allontana sempre più dalla normale dialettica europea tra forze di ispirazione popolare o socialdemocratica e si avventura nel deserto del populismo.
Il mondo nuovo è quello in cui le culture politiche appaiono sempre più sfilacciate e sfibrate, quasi che la caduta di tutti i muri e di tutte le ideologie abbia lasciato i potenziali governanti privi di ogni riferimento ideale. Il mondo nuovo è quello in cui una volgare imprecazione, una volta categoricamente proibita in famiglia, è spacciata alla maniera di una droga sociale e addirittura pretende di farsi programma politico. Il mondo nuovo è quello in cui i capipartito non sono più soggetti alle dure pratiche democratiche, ma vestono i panni padronali o dei guru.
Bene, con questo mondo nuovo, nel quale tre cittadini su dieci non si presentano neppure alle urne, bisogna fare i conti armandosi dell’unica arma in nostro possesso: il realismo.
Una categoria dell’agire umano, il realismo, che in troppe occasioni viene stravolta non solo dalle circostanze esterne della storia, ma spesso incrocia l’irresponsabilità degli uomini e la loro incapacità di individuare i contorni del bene comune. Se infatti ci si muovesse sulla strada del realismo, si potrebbero anche superare le angustie del tatticismo per scegliere la strada della cooperazione responsabile. Se risultasse impossibile costruire un governo legittimato da una chiara maggioranza parlamentare, non sarebbe comunque necessario garantire la costituzione di un governo di corresponsabilità nazionale in grado di traghettarci verso un nuovo appuntamento elettorale?
E quali caratteristiche dovrebbe avere questo governo per tranquillizzare i mercati finanziari, rasserenare le cancellerie europee, contenere da subito la spesa pubblica e dare un minimo di ossigeno alle famiglie e ai lavoratori? Per non parlare dell’urgenza di varare una legge elettorale in grado di dare al Paese una maggioranza certa dopo il voto.
Si potrebbe obiettare che il mondo nuovo che abbiamo tratteggiato ha prodotto comunque l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. E magari qualcuno ipotizza che per questa strada si possa far nascere un governo… Basta osservare che in Europa solo l’Italia si trova in questa impasse e che evocare il caso belga (535 giorni senza governo e senza danni per la nazione) è semplicemente improponibile per un Paese latino come il nostro. Piuttosto, questo mondo nuovo, così come si presenta, è una vera anomalia che sembra fare dell’Italia una democrazia parlamentare balbettante e sotto ricatto.
Una democrazia debole e dunque esposta a pericoli di vario genere, a cominciare dal default finanziario, senza voler evocare scenari ben più drammatici.
Accade solo in Italia, dunque è un’anomalia da sanare al più presto.