Era il 1992, all’alba di tangentopoli e della fine della prima Repubblica. L’Italia, con i conti pubblici agonizzanti, si trovò alle prese con una tassa… retroattiva. Nel senso che fu applicata nella notte tra il 9 e il 10 luglio dall’allora governo Amato: il 6 per mille dei conti correnti italici passò appunto dalle nostre tasche a quelle dello Stato, e ce lo dissero a cose fatte.
Una mini-patrimoniale blitz, che fruttò (allo Stato) 5mila miliardi di lire, e a noi una rabbia notevole. Ci sentimmo semplicemente traditi.
Cambiano i tempi, cambiano i luoghi, permangono i sentimenti nell’operazione imposta dall’Europa alla piccola Cipro, Isola che condivide con i greci non solo la lingua ma pure il dissesto finanziario.
C’è da recuperare qualcosa come 5,8 miliardi di euro, che per un Paese di un milione di abitanti sono una cifra colossale. Se si attendono le vie “normali”, è ovviamente una somma restituibile (forse) in tempi lunghissimi.
Ecco perché si è passati alle vie anomale, a quella patrimoniale sui conti correnti attuata tramite un prelievo forzoso assai pesante: il 6,7% sui depositi fino a 100mila euro; addirittura del 9,9% (notate la finezza di non arrivare a 10) per quelli d’importo superiore. Per carità: più che una patrimoniale sembra quasi un furto, perché non si sa come altrimenti definire un prelievo di 10mila euro su 100mila risparmiati.
Infatti i ciprioti non l’hanno presa minimamente bene, il Parlamento ha respinto al mittente il provvedimento e le cifre del salasso volgono verso una riduzione.
La draconiana Europa (leggi Germania e Bce) ha detto che non importa come: basta che il saldo rimanga invariato.
Tutto ciò ha creato un effetto-panico che ha travalicato rapidamente i confini dell’isola mediterranea, dove i bancomat sono stati presi d’assalto. Ricordiamoci che nessuna banca al mondo ha in cassa la somma dei soldi in essa depositati, che vanno appunto impiegati in mutui, prestiti e finanziamenti: se tutti chiedessimo indietro i nostri euro, salterebbe il sistema in un amen e noi con lui.
Ma la questione è un’altra. La sensazione è che sia stato infranto un tabù, l’inviolabilità dei nostri risparmi, la sicurezza nel tenerli in una banca piuttosto che sotto il materasso (o in qualche paradiso fiscale).
Cipro è una piazza finanziaria notevole e abbastanza opaca. Nelle sue banche sono parcheggiati molti soldi di provenienza estera, soprattutto russa. Cipro è la Svizzera dei russi, tanto per capirci. La mossa ideata dagli euro-potenti maschera a malapena la voglia di tosare capitali abbondanti e non autoctoni. Solo che per colpire questi, si colpisce tutti. Probabilmente si rimedierà all’ingiustizia con una furbata mediterranea: nessun prelievo sui conti sotto i 100mila euro, 12% sugli altri. Cioè quelli dei ricconi locali e stranieri (che domani spariranno lasciando danni ben superiori).
E se si colpisce Cipro, perché un domani non si potrebbero verificare analoghe situazioni in altri Paesi fortemente indebitati? E quando parliamo di “Paesi fortemente indebitati”, chi ci viene in mente?
Ecco, appunto.
C’è da dire che in Europa si battono i pugni sul tavolo soprattutto contro i “piccoli”, ma l’Italia non è nelle condizioni di alzare molto la voce. C’è da dire anche che tutto ciò appare come l’ennesimo scricchiolìo del sistema-Euro(pa). Ai Paesi del Nord interessa sempre meno del destino di quelli mediterranei; non è un mistero che la Germania stia studiando un euro-due che non ci vede coinvolti, o altre opzioni che comunque prevedono la separazione dei destini di Spagna, Grecia, Portogallo e Cipro dai “virtuosi” del Nord.
Sull’Italia il giudizio era stato sospeso dalla parentesi-Monti, ma l’attuale stato d’ingovernabilità conferma tutte le perplessità che Berlino ha su di noi, sul nostro modo di affrontare le cose. A settembre le cautele tedesche si esauriranno con il voto locale, ma l’opinione su di noi è comune sia alla destra che alla sinistra tedesca. Quindi aspettiamoci atteggiamenti ben più netti, e prepariamoci ad affrontarli.
Nel frattempo, animi in pace: i nostri soldi stanno al sicuro in banca. E se domani saltasse l’euro, varranno meno della carta su cui sono stampati sia al caldo di un conto corrente, sia al buio di un materasso.