MONTEPRANDONE – Abbiamo incontrato Stefano Stracci, sindaco di Monteprandone, per discutere con lui della centrale a biomasse che dovrebbe essere costruita nel territorio comunale.
In quest’occasione abbiamo ricostruito brevemente l’iter autorizzativo dell’impianto, la cui storia ha origine nel 2008, quando è stata presentata in Regione la prima richiesta per la centrale.
In data 11 Novembre 2008 la Regione convoca una conferenza dei servizi per acquisire i pareri sul progetto e ottiene parere positivo dal comando dei vigili del fuoco e dal comune di Monteprandone. Il parere dell’amministrazione comunale di allora, però, era esclusivamente limitato alla conformità dell’impianto al piano di zonizzazione acustico e non riguardava invece le sue finalità di produzione energetica.
L’autorizzazione rimane però inevasa dalla Regione, che chiede la presentazione di una Valutazione di Impatto Ambientale, che la ditta rifiuta di fornire in accordo con le norme vigenti per gli impianti di piccole dimensioni (si tratta di una centrale di 0,77 MW) al tempo di presentazione della richiesta.
La Regione rigetta quindi il progetto, ma il ricorso al TAR fa annullare questo decreto con la sentenza n.446 del 2012.
Viene riconvocata la conferenza dei servizi che decreta l’autorizzazione per l’impianto il 29 Ottobre 2012 e la comunica al Comune di Monteprandone nella prima settimana di Novembre. Il cantiere non viene realizzato però fino all’ultima settimana dello scorso carnevale.
La conclusione dell’iter autorizzativo è stata relativamente recente e l’autorizzazione della Regione è in ogni caso di ordine superiore a quella del comune. Le norme regionali passano sopra ai cittadini e alle amministrazioni locali, che hanno così pochi strumenti per evitare o mitigare le problematiche legate all’installazione di un tale impianto. Inoltre era possibile e auspicabile che, dopo tanto tempo trascorso dalla presentazione del progetto, il privato non volesse più avvalersi dell’autorizzazione a costruire, ma optasse per un risarcimento economico.
Sindaco qual è la sua opinione riguardo all’impianto? Lei è contrario?
Facendo un ragionamento di ordine politico ma anche etico, devo affermare che non è etica la promozione di modalità di produzione di energia che non sarebbero economicamente giustificate senza la delibera CIP6 e gli incentivi da essa forniti, per di più costituiti da denaro proveniente dalle bollette pagate dai cittadini. Un’altra osservazione da fare è quella che riguarda la tematica ecologica: non ha senso, dal punto di vista della tenuta ecologica di un sistema, usare materiale organico per abbattere le emissioni di CO2 dei carburanti tradizionali, se poi questo materiale deve essere reperito in luoghi talmente lontani da aggravarne le emissioni, per il trasporto e per la produzione delle stesse. Parliamo di una centrale alimentata ad olio di girasole, di palma e di colza. In una logica di conservazione delle risorse, è necessario mantenere uno sguardo d’insieme sull’economia mondiale: perché sottrarre terreno utile alla coltivazione alimentare per destinarlo a colture non primarie proprio nei luoghi in cui è più evidente l’emergenza alimentare? Lo spazio e il terreno adatto alle colture che alimenterebbero la centrale si trovano infatti in paesi dove la fame ha ancora un’alta incidenza. Non voglio in nessun modo criminalizzare il privato che intende investire nel rispetto delle leggi, secondo il suo pieno diritto alla libera impresa. Devo però far notare come le norme che regolano gli incentivi energetici siano attualmente ingiuste e perfino pericolose per il mantenimento di un clima di concordia sociale. Di fatto sono gli incentivi l’unica fonte di guadagno per il privato. Il progetto inoltre non andrebbe a produrre occupazione se non in forma residuale, né altri vantaggi per il territorio, ma caricherebbe sui cittadini dei dintorni sia eventuali pericoli per la salute, sia il probabile decadimento ambientale delle aree e l’inevitabile deprezzamento degli immobili.
Si può ancora fare qualcosa o la centrale verrà ormai realizzata?
Il comune può fare poco, ma di certo ha dei doveri che si assumerà pienamente. Primo tra tutti quello di verificare il livello delle emissioni sonore e verificare insieme con gli altri enti competenti il livello di emissioni inquinanti. Ho già avuto un incontro con la Regione Marche nella persona dell’Assessore Sandro Donati, al quale ho rappresentato le posizioni dell’amministrazione e le istanze del comitato cittadino che si sta formando per contrastare il progetto. Cercheremo anche di dissuadere il privato dall’investimento e, se questo non produrrà risultati, tratteremo la possibilità di delocalizzare l’impianto dall’area dove è al momento previsto, fortemente antropizzata e nella quale già esistono una serie di criticità ambientali e di ordine acustico mal sopportate dai residenti. Spero, con l’aiuto della Regione, di riuscire a conseguire un esito positivo e voglio chiarire fin da subito che l’amministrazione non si pone nei confronti dei cittadini come controparte, ma vuole assumersi il ruolo che le è proprio, cioè quello di tutelare il diritto principale dei cittadini che è il diritto alla salute.