SAN BENEDETTO DEL TRONTO– Nella convinzione che oggi più che mai serve un’educazione interculturale, per mettere in relazione fra loro culture differenti e per valorizzare la diversità come ricchezza, l’assessorato alle politiche sociali di San Benedetto del Tronto, in collaborazione con il Cineforum “Buster Keaton” e la Consulta comunale per l’immigrazione, propone la rassegna cinematografica “Mondi Lontani Mondi Vicini”.
L’iniziativa, giunta alla dodicesima edizione, ha lo scopo di contribuire a far sì che tra individui unici nelle loro radici etnico – culturali si rafforzino capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale sempre più multiforme. Questo comporta non solo l’accettazione e il rispetto del diverso, ma anche il riconoscimento della sua identità culturale nella quotidiana ricerca di dialogo, di comprensione e di collaborazione, in una prospettiva di reciproco arricchimento.
Ecco il calendario degli appuntamenti:
– martedì 26 marzo, “Monsieur Lazhar”, di Philippe Falardeau, 2011;
– martedì 2 aprile, “Alì ha gli occhi azzurri” di Claudio Giovannesi, 2012;
– martedì 9 Aprile, “Buon Anno Sarajevo” di Aida Begic, 2012;
– martedì 16 aprile, “La bicicletta verde” di Haifaa Al-Mansour, 2012.
Le proiezioni saranno due, alle 17 e alle 21,30, presso il Teatro Comunale Concordia. Per immigrati, studenti delle scuole superiori e ultra sessantacinquenni l’ingresso è gratuito. Si comincia, come detto, martedì 26 marzo con “Monsieur Lazhar” di Philippe Falardeau. Gli interpreti sono Mohamed Fellag, Sophie Nélisse, Emilien Néron, Brigitte Poupart.
L’immigrato algerino Bachir Lazhar propone alla direttrice di una scuola di poter prendere il posto di una insegnante morta tragicamente. Nonostante le differenze culturali e la drammatica storia che ha alle spalle, tra lui e la sua classe si crea un forte coinvolgimento tanto che nessuno sembra sospettare che Bachir rischia di essere espulso e rimpatriato da un momento all’altro per via del suo passato.
Dramma collettivo e dramma personale a confronto. Bachir si nasconde mimeticamente nel dolore dei bambini. Gentile, spaesato, geloso della sua storia di cui non mette a parte nessuno, Bachir riesce a trasformare l’ostilità e la diffidenza iniziali dei suoi alunni in confidenza. Tale evoluzione viene descritta con una gradualità che caratterizza ogni snodo del film: niente è gratuito o pretestuoso, tutto è preparato e costruito con cura. Così, dall’ostico dettato su Balzac che i bambini seguono a fatica, si passa con naturalezza alla foto di classe, cui viene invitato anche Bachir a prendere parte, e in cui gli alunni sostituiscono goliardicamente la parola “cheese” con “Bachir”. Allo stesso modo, il passato dell’algerino emerge con delicatezza e non diventa mai preponderante rispetto ai rapporti che si vengono a instaurare fra il supplente e gli alunni, o fra gli alunni stessi.
Le rappacificazioni, le simpatie, i sensi di colpa sono sempre tratteggiati dando più spazio ai silenzi che alle parole. Lo stesso personaggio della maestra suicida viene delineato a posteriori con leggerezza e sensibilità: una sola foto, qualche oggetto lasciato sulla scrivania, quell’aspetto angelico e rassicurante che si mescola con un egoismo che solo Bachir coglie. Ed è lui, infatti, che s’impegna a disseppellire il dolore degli alunni per curarlo definitivamente, contro alcuni genitori e la preside che vorrebbero farlo passare sotto silenzio.
Da qui una delle scene più intense e commoventi, in cui il bambino che porta su di sé tutte le colpe della scuola si sfoga, e rimargina senza volerlo le ferite di tutti. Regia raffinata e recitazione eccellente, in un film che affronta un tema noto – lo straniero che suscita diffidenza e poi ricuce uno strappo antecedente al suo arrivo – con una capacità di sintesi rara e densa di contenuti, che ha valso a Monsieur Lazhar una candidatura all’Oscar e altri prestigiosi riconoscimenti internazionali.